Struttura e sovrastrutture

Il rapporto dialettico fra struttura e sovrastrutture.


Struttura e sovrastrutture

Il rapporto dialettico fra struttura e sovrastrutture è al centro della concezione materialistica della storia, uno degli aspetti decisivi che caratterizzano l’opera di Marx ed Engels. Gli equivoci e le semplificazioni che hanno prodotto la subordinazione, quanto meno dal punto di vista storico, delle sovrastrutture ideali alle strutture materiali ha portato a considerare con sospetto quello che resta uno dei capisaldi del marxismo, favorendo la diffusione di concezioni revisioniste di carattere idealistico.

di Renato Caputo

La prima organica esposizione del rapporto fra struttura economica e sociale e sovrastrutture culturali (religiose, filosofiche, giuridiche, politiche, artistiche ecc.) è tentata da Marx ed Engels in manoscritti composti intorno al 1845, poi confluiti ne L’ideologia tedesca, pubblicata postuma negli anni Trenta del XX secolo. Tale rapporto va inquadrato all’interno della elaborazione della concezione materialistica della storia.

Questa notissima concezione può essere così esposta nel modo più sintetico: il corso storico ha inizio quando gli uomini si differenziano in modo decisivo dagli altri animali autoproducendo i propri mezzi di sussistenza. A tale decisiva attività primaria non può che essere subordinata la produzione delle idee. Come non si stancano di sottolineare Marx ed Engels: “non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma al contrario è il loro essere sociale che determina la loro coscienza”. Dal momento che la produzione spirituale dell’uomo è condizionata storicamente dalla sua riproduzione materiale, la storia delle sovrastrutture – una storia autonoma dell’arte, della religione, della filosofia – è il prodotto di un’astrazione intellettuale. Nel mondo reale, le sfere giuridiche, politiche, culturali, religiose costituiscono degli aspetti sovrastrutturali che hanno alla base, come fondamento storico, uno stesso modo di produzione economico basato su determinati rapporti sociali.

Proprio perciò lo stesso parlare di una coscienza umana o di un uomo in generale è, secondo Marx, solo un’astrazione intellettuale, dal momento che, nel mondo reale, vi sono unicamente uomini storicamente e socialmente determinati, che costruiscono la loro vita in condizioni determinate e sono in certi rapporti fra loro, fondati in primo luogo su ragioni di carattere economico. 

Secondo tale concezione materialistica, dunque, la storia – dal momento che ha inizio con l’auto-produzione dei mezzi per soddisfare i bisogni materiali – ha come motore i rapporti sociali fra gli uomini, necessariamente conflittuali sino a che il genere umano sarà diviso in classi sociali. Tale concezione costituisce una decisa rottura epistemologica nei confronti delle precedenti concezioni idealistiche della storia, che ne ricercavano il motore nel mondo delle idee, dalla religione – quale causa di molteplici conflitti – alla politica, per cui sarebbero determinati le decisione assunte dai singoli capi di Stato.

Gli uomini reali sono sempre mossi, in primo luogo, dalla necessità di soddisfare i propri bisogni materiali, il soddisfacimento dei quali genera nuovi bisogni e stimola la ricerca e l’elaborazione di mezzi sempre più raffinati in grado di tenere testa a bisogni che tendono a sofisticarsi nel corso della storia. Inoltre, dall’attività primaria volta all’auto-produzione della vita umana si sviluppa necessariamente un rapporto dell’uomo con la natura e con gli altri uomini, dal quale si sviluppa un’esigenza di comunicare che porta al sorgere del linguaggio e della stessa autocoscienza.

La storia si sviluppa, quindi, attraverso lo sviluppo delle forze produttive, della base strutturale (materiale) della società umana, in funzione della crescente divisione sociale del lavoro, che trova la sua genesi nella separazione fra il lavoro manuale e il lavoro mentale, da cui originano gli intellettuali che si affermano progressivamente come classe dirigente. Ne consegue la progressiva distribuzione ineguale dei carichi di lavoro e dei suoi prodotti. Tale polarizzazione della ricchezza, che si sviluppa in ragione inversa alla polarizzazione dei carichi di lavoro, rende necessaria per la sua salvaguardia la legittimazione che ottiene con il sorgere dello Stato, con la funzione di controllo e tutela dei rapporti sociali vigenti, attraverso in primo luogo il monopolio della violenza legalizzata a difesa degli ineguali rapporti di proprietà esistenti.

Ha così origine il rapporto dialettico, che si articola nei diversi contesti storici delle società divise in classi, fra lo sviluppo delle forze produttive e i rapporti di proprietà. In altri termini, le diverse società storicamente esistite si differenziano, in primo luogo, sulla base del nesso dialettico in esse determinato fra lo sviluppo delle forze produttive e il modo in cui è organizzata la produzione. Perciò gli individui e i rapporti sociali fra di essi sono necessariamente influenzati dallo sviluppo delle forze produttive e influiscono a loro volta su tale sviluppo (sulla base del rapporto dialettico di azione reciproca), in un primo momento favorendolo, in un secondo ostacolandolo.

A un certo grado del loro sviluppo le forze produttive entrano in conflitto con i rapporti di produzione esistenti, in quanto questi ostacolano un ulteriore sviluppo delle forze produttive. Dal conflitto che insorge emerge un nuovo modo di produzione, ovvero un nuovo tipo di società; altrimenti si corre il rischio che il conflitto irrisolto fra le classi sociali e dei rapporti di produzione, divenuti sempre più irrazionali, favoriscano il precipitare della società in una nuova epoca di barbarie.

Certo, sono stati in primo luogo gli stessi Marx ed Engels a tentare di relativizzare la portata storica universale di tale rottura epistemologica, alla luce delle semplificazioni ideologiche che la sua volgarizzazione tende a produrre, in modo da mettere in questione la stessa ragione di essere del socialismo scientifico. Così Marx – nel memorabile schizzo di autobiografia politico-intellettuale tracciato nel 1859 nella Prefazione a Per la critica dell’economia politica – scrive, in riferimento ai manoscritti dopo la sua morte raccolti ne L’ideologia tedesca: “Decidemmo di mettere in chiaro, con un lavoro comune, il contrasto tra il nostro modo di vedere e la concezione ideologica della filosofia tedesca, di fare i conti, in realtà, con la nostra anteriore coscienza filosofica. Il disegno venne realizzato nella forma di una critica della filosofia posteriore a Hegel. Il manoscritto (…) era da tempo arrivato nel luogo dove doveva pubblicarsi (…) quando ricevemmo la notizia che un mutamento di circostanze non ne permetteva la stampa. Abbandonammo tanto più volentieri il manoscritto alla rodente critica dei topi, in quanto avevamo già raggiunto il nostro scopo principale, che era di veder chiaro in noi stessi” [1].

Dunque lo stesso Marx tendeva a ridurre tale rivoluzione epistemologica a poco più che una tappa della propria evoluzione intellettuale, che avrebbe raggiunto la sua maturità solo nella posteriore Miseria della filosofia del 1847. Ancora più tranchant sarà il giudizio storico che ne darà Engels, tentando un primo bilancio storico – a quarant’anni di distanza – di queste ricerche giovanili: “Ho ricercato e riveduto ancora una volta il vecchio manoscritto del 1845-46. Il capitolo su Feuerbach non è terminato. La parte redatta consiste in una esposizione della concezione materialistica della storia, che prova soltanto quanto a quel tempo fossero ancora incomplete le nostre conoscenze della storia economica” [2].

Infine occorre ricordare che i filologi, che lavorano alacremente oggi alla riedizione critica delle opere di Marx ed Engels, tendono a interpretare L’ideologia tedesca come un’opera essenzialmente spuria, opera dell’accorpamento postumo di diversi manoscritti lasciati incompiuti da Marx, Engels e Hess [3].

D’altra parte resta il fatto inoppugnabile che la dialettica fra struttura e sovrastruttura, e più in generale la concezione materialistica della storia, abbiano portato a termine la critica che Marx ed Engels avevano sviluppato nei riguardi dei giovani hegeliani, di quella sinistra hegeliana da cui avevano preso le mosse. Dunque tale concezione ha svolto un ruolo decisivo nella formazione di una visione del mondo matura e autonoma di Marx ed Engels, attraverso il necessario parricidio nei confronti dell’idealismo tedesco.

Non a caso essa svolge un ruolo determinante nel superamento dialettico della Weltanschaung di Feuerbach, quale punto d’approdo della filosofia classica tedesca da cui prende avvio il marxismo come filosofia della praxis. Così, al centro delle Tesi su Feuerbach – attraverso cui Marx tesaurizza ciò che di vivo è presente nella filosofia del suo predecessore, e ciò che deve essere necessariamente criticato per contribuire in modo autonomo allo sviluppo del pensiero umano – vi è la concezione che non basti individuare nella vita terrena l’origine dell’alienazione religiosa portando avanti, come avevano fatto i giovani hegeliani e Feuerbach, una lotta unicamente sul piano delle sovrastrutture; in effetti, se si vuole veramente superare l’originaria visione mitologico-religiosa del mondo per affermare la visione del mondo moderna, scientifico-filosofica, occorre innanzitutto operare in funzione della trasformazione rivoluzionaria della vita terrena, a partire dalla sua struttura economica e sociale.

Anche dal punto di vista gnoseologico la critica di Marx alla teoria della conoscenza di Feuerbach, – che a sua volta aveva portato a termine la critica alla gnoseologia speculativa dell’idealismo e, più in generale, della tradizione metafisica – propedeutica all’elaborazione del materialismo storico e dialettico, si fonda sul fatto che il suo predecessore non avrebbe colto l’importanza decisiva che ha la prassi per la conoscenza umana, come aveva riconosciuto lo stesso Hegel. Il problema della verità del pensiero, di una teoria, di un’idea non può che trovare la sua soluzione in sede pratica, dal momento che solo la prassi può decidere sulla giustezza delle teorie elaborate astrattamente dagli uomini.

Più in generale, tutta la tradizione non dialettica del materialismo precedente a Marx, che trova il suo compimento in Feuerbach, che ritiene ad esempio che gli uomini sono il prodotto dell’ambiente e dell’educazione, dimentica un aspetto essenziale della realtà – che non è un qualcosa di dato da analizzare solo teoricamente, ma è il prodotto dell’azione storica e sociale degli uomini – ovvero che “sono proprio gli uomini che modificano l’ambiente e che l’educatore stesso deve essere educato” [4]. Dunque Marx sottolinea l’importanza della prassi contro il materialismo non dialettico che riduce l’uomo alla natura, a un ente semplicemente determinato dalle circostanze.

Del resto, l’uomo di Feuerbach, quale punto di approdo di tale concezione, è l’individuo singolo, perciò l’idea di umanità di Feuerbach è astorica. In realtà, come mostra Marx, l’uomo non è mai qualcosa di astratto e isolato, non può essere concepito naturalisticamente come specie, ma è sempre determinato storicamente dall’insieme dei rapporti sociali. La sua essenza non è data una volta per tutte, ma è un prodotto storico del conflitto fra gruppi sociali con interessi antagonisti.

In altri termini lo stesso soggetto reale, l’uomo – che Feuerbach ha rimesso al proprio posto di demiurgo del mondo, di cui la stessa divinità è un semplice oggetto storicamente determinato, rovesciando la visione idealistica del mondo per cui era dio, ovvero l’astratto, l’ideale, a produrre il reale – è il prodotto storico della struttura economica e sociale di cui è parte, che non può che condizionare il suo modo di pensare, di astrarre dal contesto materiale.

Se dunque non si vuole ricadere nella concezione idealistica e, in ultima istanza, religiosa del mondo per cui è l’ideale, il logos, dio, a creare il mondo storico dell’uomo, evitando al contempo la concezione materialistica non dialettica che continua a limitarsi a offrire una visione del mondo differente dalle precedenti, ma si intende al contrario trasformarlo, non si può dimenticare che è la struttura economica e sociale la base materiale del mondo culturale.

Note:

[1] https://www.marxists.org/italiano/marx-engels/1859/criticaep/prefazione.htm

[2] http://www.filosofia.it/images/download/ebook/Engels_su_Feuerbach1888.pdf p. 3.

[3] Cfr, ad esempio, http://marxdialecticalstudies.jimdo.com/books-on-marx/roberto-fineschi-marx-e-hegel/

[4] https://www.marxists.org/italiano/marx-engels/1845/3/tesi-f.htm

04/03/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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