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Il grande collettivo del partito - Parte I

Gli effetti perversi del capitalismo cancellano dalle nostre abitudini tutto ciò che costruisce socialità.


Il grande collettivo del partito - Parte I Credits: Renato Guttuso - Funerali di Togliatti, 1972

L’ essere umano o è un essere sociale o non è. Gli effetti perversi del capitalismo, quali il consumismo sfrenato e l’individualismo, cancellano dalle nostre abitudini tutto ciò che costruisce socialità e contro questa deriva va il terzo capitolo del libro Il Partito dalle pareti di vetro di Alvaro Cunhal che è qui di seguito tradotto in italiano, dedicato al lavoro collettivo dei militanti e della direzione politica del PCP.

traduzione a cura di Annita Benassi

Il lavoro collettivo, principio base del partito

Il lavoro collettivo, avendo come prima e fondamentale espressione la direzione collettiva, ha costituito un principio di base del nostro Partito. Molti partiti definiscono la sua direzione come direzione collettiva. Ma le forme di comprensione e realizzazione della direzione collettiva sono diverse e anche contraddittorie.

Nel PCP si intende la direzione collettiva come un principio e una pratica che vanno molto al di là dell'approvazione o ratificazione di decisioni, la votazione maggioritaria di proposte individuali e la responsabilizzazione del collettivo per decisioni individuali. Si verificano ancora mancanze e divergenze. Ma i principi sono stabiliti e la pratica in generale è corrente.

Nel PCP la direzione collettiva in qualunque organismo, a cominciare dagli organismi esecutivi del Comitato Centrale, significa, in primo luogo, che è l'organismo e non qualcuno dei suoi membri che decide sugli orientamenti e direzioni fondamentali della sua attività e che esiste la permanente apertura alle opinioni divergenti e ai contributi individuali di ciascuno. Significa, in secondo luogo, che ciascuno dei suoi membri sottopone la sua attività pratica all'opinione e approvazione dell'organismo. In terzo luogo significa che, senza opporsi alla divisione dei compiti e all'assegnazione delle competenze, si cerca, sempre che sia possibile, che le analisi, conclusioni e decisioni siano il risultato di un'elaborazione collettiva. Significa, in quarto luogo, che non si ammette che qualcuno dei membri dell'organismo sovrapponga la sua opinione a quella del collettivo e assuma comportamenti e pratichi atti contrari alle decisioni del collettivo.

La costruzione della direzione collettiva nel nostro Partito fu un processo complesso, irregolare e in ritardo. Cominciò con il Segretariato del Comitato Centrale dopo la riorganizzazione del 1940-1941. Si estese progressivamente al Comitato Centrale a partire dal III Congresso del 1943, più approfonditamente a partire dal IV Congresso del 1946. Dopo, nonostante l'evoluzione accidentata (conseguenza della repressione) nella composizione e stile di lavoro degli organismi di direzione, fu costituito come pratica corrente.

La direzione collettiva e le sue esperienze positive aprirono la strada all'argomento di lavoro collettivo, non solo alla direzione centrale ma a tutti gli altri organismi di Partito e, ulteriormente accompagnando tutto un processo di democratizzazione, a tutta l'attività di partito.

Il lavoro collettivo del Partito ha come principali aspetti: la comprensione e la coscienza che la realizzazione con successo dei compiti del Partito si devono agli sforzi congiunti e convergenti di tutti i militanti che, direttamente o indirettamente, intervengono nella realizzazione; e la mobilitazione degli sforzi, del lavoro, dell'appoggio di tutti i militanti chiamati a intervenire nella realizzazione di qualche compito. Il lavoro collettivo è una dinamica permanente nello svolgimento dell'attività del Partito e di tutti i militanti. La preparazione, l'organizzazione e la realizzazione delle azioni di massa, delle grande iniziative, delle assemblee delle organizzazioni, degli incontri e conferenze, delle conferenze nazionali, dei congressi del Partito costituiscono esempi chiarificatori ed esaltanti del lavoro collettivo del Partito come uno dei tratti fondamentali dei metodi e dello stile di lavoro.

L'espressione “il nostro grande collettivo di partito”, che diventò abituale sulla bocca dei militanti (e che è diventata ufficiale a partire dal X Congresso), traduce la partecipazione, l'intervento e il contributo costante dei collettivi, la ricerca costante dell'opinione, dell'iniziativa, dell'attività e della creatività di tutti e di ciascuno, la convergenza delle idee, degli sforzi, del lavoro delle organizzazioni e dei militanti nel risultato comune.

Così, nel nostro Partito, il lavoro collettivo non può più intendersi solo in termini di direzione collettiva. È inteso come una pratica corrente e universale a tutti i livelli, in tutti gli aspetti del lavoro, in tutte le attività. Il lavoro collettivo è diventato una caratteristica fondamentale di stile di lavoro del Partito, uno degli aspetti essenziali della democrazia interna e un fattore decisivo di unità e di disciplina.

Il tipo di direzione: un valore storico

La direzione collettiva e il lavoro collettivo, così come oggi esistono nel nostro Partito, mai potrebbero essere derivati da una mera decisione. Direzione collettiva e lavoro collettivo, così come esistono nel nostro Partito, sono il risultato di un processo lungo e irregolare, in cui sono intervenuti e si sono sommati numerosi fattori. I metodi e lo stile di lavoro non sono valori senza tempo, assoluti, invariabili e immutabili. Sono inevitabilmente in relazione con le condizioni oggettive in cui il partito agisce, con lo stesso processo di creazione ed evoluzione del Partito, con il suo sviluppo politico ed organico, con la preparazione e l'esperienza dei quadri.

Le caratteristiche della direzione collettiva e del lavoro collettivo del nostro Partito nell'attualità appaiono come conseguenza e risultato di tutta una lunga storia e di una lunga e diversificata esperienza. Se esaminiamo l'evoluzione del Partito che si verifica?

Nel breve periodo di legalità, dalla nascita del Partito nel 1921 fino al golpe militare del 28 Maggio del 1926, si realizzarono due congressi, furono eletti comitati centrali, ma poco si conosce del funzionamento interno della Direzione.

Dal 1926 al 1931, il Partito non ha avuto una qualche attività regolare. Soltanto alcuni gruppi di compagni discutevano senza una qualche base organica né qualche attività politica, la possibile riorganizzazione in condizione di clandestinità. Nella riunione del 1929, che decise di riattivare il Partito, c'erano tre compagni che si considerarono facenti parte del Comitato Centrale, senza svolgere una attività qualsiasi.

Dalla organizzazione del 1931 fino all'arresto di Bento Goncalves, segretario generale del Partito, nel Novembre del 1935, la direzione spettava esclusivamente al Segretariato. Non esisteva Comitato Centrale, né qualche altro organismo di direzione centrale. Anche dentro il Segretariato, la direzione era condivisa, non era collettiva. Bento Gonçalves dirigeva il lavoro politico in gran parte con decisioni individuali. Così, nel VII Congresso dell'Internazionale Comunista, il suo intervento corresse profondamente la linea politica fino allora seguita, ma non fu redatta in Portogallo, né risultò da un esame collettivo con altri quadri. Fu redatta a Mosca, in conformità con le Tesi presentate al Congresso dell'Esecutivo dell'Internazionale.

Con la riorganizzazione del 1940-1941 si formò un primo organismo collettivo (Bureau Politico), al quale seguì un Segretariato con poteri fortemente centralizzati, che poco dopo fu colpito con l'arresto di 2 dei suoi 3 membri (Fogaça e Militão, in Settembre e Novembre del 1942).

Si può dire che fu a partire da questa data che si iniziò il processo, che sarà ancora lungo e accidentato, della creazione di una direzione stabile e collettiva. Nel Segretariato si passò ad avere un lavoro collettivo e, poco dopo, si costituì un nucleo dirigente che, rinforzato con nuove generazioni di quadri, veniva ad assicurare fondamentalmente fino ad oggi, la continuità del lavoro del Partito. In questo processo rappresentò un ruolo importante la realizzazione del III Congresso del Partito (Novembre del 1943), primo congresso realizzato in clandestinità. Per la prima volta nella clandestinità si forma un Comitato Centrale eletto in congresso e per la prima volta (con l'esclusione dell'episodica esperienza del 1936) il Segretariato non risultò da cooptazione, ma da elezione del Comitato Centrale.

La realizzazione di riunioni del Comitato Centrale nel 1945 e 1947 e il IV Congresso del Partito (Agosto del 1946) proseguì in tale direzione, consolidando, a livello di direzione centrale, il lavoro collettivo del Segretariato esistente in un Comitato Centrale sempre più allargato. A causa dei violenti colpi della repressione che colpiscono il Partito, precisamente il Comitato Centrale, che si ridusse a 6 compagni in libertà, la difesa del Partito e la necessità di sopravvivenza del suo nucleo dirigente condussero di nuovo ad un forte centralismo, nel quale si manifestarono abusi di metodi amministrativi, specificatamente nel trattamento di problemi di quadri.

Come reazione naturale contro tale situazione, il V Congresso, tenuto nel 1957, spinto anche dal disvelamento del culto della personalità di Stalin e di tutte le sue negative conseguenze, istituì norme di democrazia interna e le inserì negli Statuti del Partito allora approvati. Intanto, l'opposizione al centralismo e una nuova deviazione a destra nell'orientamento politico - riproponendo aspetti della “politica di transizione” che erano stati superati - condussero ad una falsa democraticità ulteriormente criticato come una “tendenza anarco-liberale nell'organizzazione del lavoro di direzione”.

Attraverso tutte queste situazioni, queste dure battaglie, queste differenti soluzioni e le sue esperienze, si andò forgiando un nucleo dirigente di rivoluzionari dediti e sottomessi alle più varie prove e si andò progressivamente radicando nella Direzione Centrale del Partito l'abitudine al lavoro collettivo e la responsabilità collettiva negli organismi superiori del Partito.

Il lavoro di elaborazione del Programma del Partito nel 1964-1965, i lunghi dibattiti realizzati con la partecipazione di centinaia di militanti e, finalmente, la realizzazione del VI Congresso nel 1965, portando a termine questo lavoro, costituirono le prime solide esperienze di lavoro collettivo allargato al Partito e consacreranno definitivamente nel PCP i metodi di direzione collettiva.

Negli anni decorsi fino alla caduta della dittatura fascista nel 25 Aprile, il percorso del lavoro di direzione non fu facile. Ma la realizzazione di successive riunioni plenarie del Comitato Centrale e i documenti che da esse usciranno manterranno le grandi linee di orientamento e aspetti fondamentali della pratica di lavoro collettivo nella Direzione.

Questa esperienza si rivelò fondamentale per lo svolgimento della vita interna dopo il 25 Aprile. Uscito dalla clandestinità, impegnato nella lotta rivoluzionaria per la trasformazione politica e sociale, il carattere collettivo della Direzione e il lavoro collettivo del Partito trovarono terreno estremamente favorevole per il suo arricchimento e sviluppo progressivo, in modo da diventare una caratteristica e un tratto essenziale della Direzione, della vita organica e dello stile di lavoro del PCP.

08/04/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: Renato Guttuso - Funerali di Togliatti, 1972

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Annita Benassi
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