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La ricchezza del pianeta in mano a pochi

Cose che non ci piacciono. Accumulo di ricchezza oscena e incremento senza precedenti delle disuguaglianze.


La ricchezza del pianeta in mano a pochi

Accumulo di ricchezza oscena e incremento senza precedenti delle disuguaglianze. La nostra determinazione di influenzare il corso degli eventi deve rimanere intatta: agire per proteggere il clima vuol dire costruire una solidarietà mondiale in un nuovo approccio alla globalizzazione che ponga al suo centro l’umano sostenibile sviluppo, la cooperazione e la pace.

di Guido Capizzi

PARIGI.  L’annuale relazione Oxfam sulla disuguaglianza riporta dati agghiaccianti. Intanto, le disuguaglianze continuano a crescere: la ricchezza del 1%  dei maggiori capitalisti del mondo supera quella del  99% della popolazione. Se pensiamo che 62 persone sul globo hanno da sole così tanto denaro quanto quello complessivamente detenuto da 3,5 miliardi di persone, rabbrividiamo! Questi dati dimostrano l'assurdità e l'oscenità di una economia mondiale pazza. Questo accumulo di ricchezze nelle mani di pochi fa evidentemente crescere le disuguaglianze.

La Francia, come l’Italia e gli altri Paesi europei non sono estranei a questo schiacciante delirio: il 10% dei più ricchi ha monopolizzato oltre la metà della crescita della ricchezza dal 2000 a oggi. 

Risultato che è diretta conseguenza delle politiche economiche insufficienti per la popolazione: solo gli interessi della finanza, soprattutto di quella più sporca, sono stati consolati a dispetto dei lavoratori dipendenti,  dei pensionati e della fascia più fragile dei cittadini. 

“Oltre allo spostamento della lotta verso una maggiore ridistribuzione sociale delle politiche economiche, è necessario intervenire per mettere la parola fine all'opacità della finanza globale” mi dice Olivier Dartigolles, portavoce del PCF. 

Non ci piace nemmeno che 7.600 miliardi in capo a persone fisiche siano collocati in paradisi fiscali. Un’altra azione è urgente per fermare questo scandalo.

Sappiamo che il capitalismo non si preoccupa per il pianeta, a volte fa finta di interessarsi di problemi ecologici e lo fa sempre per il proprio tornaconto.

Sono recenti alcune conclusioni che centinaia di Paesi del mondo hanno condiviso: l’urgente decisione di ridurre il riscaldamento globale, la protezione del clima agendo per costruire una solidarietà mondiale in un nuovo approccio alla globalizzazione che ponga al suo centro l’umano sostenibile sviluppo, la cooperazione e la pace. 

Che si debba inventare, insieme, una nuova forma di sviluppo responsabile, rispettoso della natura al di fuori del libero commercio globalizzato è per il capitalismo un disastro sociale e, quindi, ecologico. E fa di tutto per frenare.

Che il più ricco 1% in possesso della metà del patrimonio mondiale non può far pagare il conto al popolo è un’istanza di lotta comunista.

Il capitalismo non si preoccupa per il pianeta, tant’è vero che delle decisioni prese da 195 capi di Stato, compresa l’intera Unione europea, a Le Bourget dal 30 novembre all’11 Dicembre 2015 alla conferenza internazionale sul clima, è complicato vedere i primi concreti passi avanti. 

"La razza umana ancora una volta ha incontrato il suo futuro"  ha detto Pierre Laurent, segretario nazionale del PCF.  Adesso non si possono fare errori come quello di Copenhagen nel 2009, sarebbe disastroso. Qualsiasi tempo perso diventerebbe catastrofico per la vita di miliardi di persone in tutto il mondo e di quelli delle generazioni future.

Siamo già alle prese con una sfida: non possiamo permettere che i capi di Stato decidano da soli, troppi interessi sono in gioco per la nostra vita. L'egoismo delle grandi potenze dei Paesi industrializzati ci può portare in uno stagno che rafforzerebbe le disuguaglianze sociali e rovinerebbe ancora di più l'ambiente. 

Non sono i popoli che devono ancora una volta pagare! 

La nostra determinazione di influenzare il corso degli eventi deve rimanere intatta: agire per proteggere il clima vuol dire costruire una solidarietà mondiale in un nuovo approccio alla globalizzazione che ponga al suo centro l’umano sostenibile sviluppo, la cooperazione e la pace. 

In un mondo sempre più pieno di lividi della guerra in cui le disuguaglianze non cessano di crescere e si nutre così ogni fanatismo, è necessaria un'altra divisione della ricchezza. 

Non possiamo accettare che l'1% della popolazione si appropri del 50% della ricchezza globale, mentre centinaia di milioni di persone soffrono la fame, di malattie curabili e vedano negato l'accesso all'energia moderna. Non possiamo accettare che la disoccupazione sia così diffusa in tutto il mondo. Non possiamo permettere che il fallimento degli accordi sul clima provochi nel 2050 il flusso migratorio di oltre 250 milioni di persone costrette a lasciare la propria terra. 

E ' insopportabile! 

Abbiamo bisogno di inventare un futuro responsabile e rispettoso della natura al di fuori del libero commercio globalizzato, per evitare un disastro sociale ed ecologico. 

Dobbiamo ripetercelo che non riusciamo a immaginare questo sogno di città futura all'interno del sistema capitalista, liberista e produttivista.  Per la protezione del clima, è necessario modificare questo sistema, ascoltare la voce dei popoli che richiedono accordi giuridicamente vincolanti, verificabili con sanzioni differenziate a seconda del livello di sviluppo di ciascun Paese, sulla base di principi di solidarietà e di equità. 

I Paesi ricchi, quelli del G20 in particolare, devono mantenere la loro promessa di Copenaghen:  100 miliardi di dollari l'anno a partire dal 2020 ai Paesi in via di sviluppo e alcuni Paesi emergenti in modo che possano adattarsi al riscaldamento globale e proteggere le loro popolazioni. 

29/01/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Guido Capizzi
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