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Il No sociale contro più di 30 anni di regressione

Il Si alla deforma Renzi come suggello definitivo del processo di smantellamento delle conquiste sociali e lavorative del passato. Ma noi non ci stiamo.


Il No sociale contro più di 30 anni di regressione Credits: fanpage.it

La propaganda renziana per il SI minaccia che con la vittoria del NO si tornerebbe indietro di trent’anni. Magari! Perché é da più di trentanni che dura in Italia lo smantellamento dei diritti sociali e del lavoro.

Oltre trent'anni fa c'era in Italia un sistema economico e produttivo che, nonostante contraddizioni e strozzature, aveva dei fondamentali che oggi farebbero la gioia sfrenata del più esigente governo liberista. Questo sistema, però, era permeato ovunque dal potere del lavoro e dei cittadini, dalle ragioni della eguaglianza sociale e della democrazia; e questo il potere economico non lo poteva accettare.

I lavoratori avevano accresciuto salari e diritti. Il solo contratto di assunzione era quello a tempo indeterminato, salvo per i lavori davvero saltuari. E funzionava il collocamento pubblico, con le sue liste numeriche alle quali le imprese erano obbligate ad accedere salvo che per le alte professionalità. I giovani non dovevano fare umilianti percorsi per trovare lavoro.

I diritti del lavoro avevano invaso tutta la società con un processo di riforme, allora quella parola significava l'esatto contrario di ciò che significa oggi, che avevano resi operanti i diritti della prima parte della Costituzione attraverso lo stato sociale. E la crescita dei diritti sociali promuoveva quelli civili, divorzio, aborto, chiusura dei manicomi, riconoscimento delle diversità, nascita di una cultura ambientale.

Il paese di Bengodi era l'Italia di quaranta anni fa? No certo, ma era un paese che, con duri conflitti, aveva legato sviluppo economico ad eguaglianza sociale.

Nell'estate del 1980 Umberto Agnelli, capo della Fiat per delega del fratello Gianni, in una intervista a La Repubblica annunciò che l'azienda avrebbe dovuto licenziare a meno che non si fosse svalutata la moneta. Gli rispose il ministro del Tesoro Andreatta, anche per conto del neo governatore della Banca d'Italia Ciampi. Entrambi stavano preparando la separazione della Banca d'italia dal Tesoro, che sarebbe avvenuta nel 1982, cioè la fine della sovranità monetaria del paese e l'avvio del finanziamento del debito pubblico con il ricorso alla speculazione finanziaria.

Ciò in base al trattato sul Sistema Monetario Europeo, l'antesignano dell'Euro, a cui il PCI di Berlinguer si era opposto rompendo nel 1979 la politica di unità nazionale con la DC. Andreatta dunque rispose ad Agnelli che lo stato non poteva più svalutare la moneta...e la Fiat licenziò.

Era cominciata anche in Italia la svolta economica e sociale liberista, avviata nello stesso periodo da Reagan negli Stati Uniti e da Thatcher in Gran Bretagna. Tutti gli ultimi trenta anni, e qualcuno in più, sono serviti a realizzare quelle politiche; passo dopo passo, diritto dopo diritto, tutte le conquiste sociali del passato sono state distrutte o compromesse.

Però trent’anni sono tanti e il sistema di potere finanziario, stressato dalla crisi a partire dal 2008, ha cominciato a pretendere tempi più rapidi per concludere la partita con lo stato sociale. Il segnale lo ha dato ancora una volta la Fiat con Marchionne nel 2010. Allora ai lavoratori di Pomigliano fu posto l'ultimatum: o rinunciate ai diritti o non avrete più lavoro.

Poi fu la volta di Draghi e Trichet, che a nome della BCE nell'agosto del 2011 dettarono ai governi italiani il nuovo programma di "riforme". Infine la Banca Morgan si è fatta interprete della richiesta di resa finale dei conti, con il suo oramai famigerato documento del 2013 nel quale metteva sotto accusa le costituzioni antifasciste; per il freno che esercitavano ancora sul pieno realizzarsi della politica liberista. E così Renzi e Napolitano hanno risposto alla richiesta di una stretta finale sulle regole, venuta dalle banche e del sistema di potere che domina la UE, con la Costituzione sulla quale siamo chiamati a votare il 4 dicembre.

Se le radici della Costituzione del 1948 si trovano nella lotta e nella Resistenza antifascista, come disse Calamandrei, quelle della costituzione renziana affondano in tutta la regressione sociale e culturale del paese degli ultimi trentanni. In un certo senso ne sono il riassunto, la conclusione e la sistemazione in un potere autoritario.

Non solo dunque è impossibile separare la controriforma costituzionale dal governo dai leader politici che l'hanno prodotta e che sperano con essa di consolidare il proprio potere. Ma è mistificatorio non cogliere gli scopi economici e sociali della controriforma che riscrive in senso autoritario la Costituzione per conservare e rafforzare la politica liberista degli ultimi trentanni.

ll 21 ottobre 2016 alcune coraggiose organizzazioni sindacali di base hanno indetto uno sciopero generale e il 22 ottobre, movimenti e organizzazioni politiche, hanno manifestato contro il governo e la sua controriforma nel NoRenziDay. Il 27 novembre altre organizzazioni sociali saranno in piazza Roma e il 2 dicembre si concluderà la campagna per il NO sociale davanti all'ambasciata di Germania. Per dire no alla controriforma ed ai suoi sponsor europei, americani, multinazionali.

La mobilitazione del NO sociale è il miglior segnale per il futuro prodotto dalla campagna referendaria e non a caso il regime informativo renziano ha fatto il possibile per ignorarla: molto meglio per il SI confrontarsi con la vecchia classe politica, anzichè con chi contesta il Jobs act o la Buona scuola.

Il segnale però è stato dato e servirà a ripartire contro tutta la trentennale devastazione sociale e i suoi responsabili, in Italia ed in Europa.

12/11/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: fanpage.it

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