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Le catastrofi neoliberiste

Il crollo dell’Unione Sovietica e la conseguente affermazione del neoliberismo quale pensiero unico dominante ha provocato una vera e propria strage non solo fra i lavoratori dei paesi dell’Europa orientale, ma anche fra gli stessi proletari dei paesi a capitalismo avanzato, a partire dagli Stati Uniti.


Le catastrofi neoliberiste

La dissoluzione dell’Unione sovietica non solo ha avuto effetti sociali catastrofici sulla popolazione di tutti gli Stati che avevano abbandonato la transizione al socialismo, ma ha prodotto risultati altrettanto nefasti per il proletariato dei paesi a capitalismo avanzato, in modo particolare negli Stati Uniti. A testimonianza di ciò vi è l’importante studio di due autorevolissimi economisti anglosassoni – in nessun modo tacciabili di simpatie per il marxismo e il comunismo – dall’emblematico titolo: Morti per disperazione e il futuro del capitalismo, tradotto e pubblicato in Italia da il Mulino. “Prima che come ovunque nel mondo diventasse tragicamente sinonimo di Covid, la parola «epidemia» era stata utilizzata negli ultimi anni negli Stati Uniti soprattutto per raccontare l’aumento record di morti per il consumo di oppioidi: più che la tradizionale dipendenza dalle «droghe», una fetta crescente del paese che abusa regolarmente di medicinali acquistabili grazie ad un semplice certificato medico. Insieme alle malattie epatiche legate all’abuso di alcol e ai suicidi è stata a lungo questa la causa che ha fatto registrare l’incremento più considerevole tra i motivi di decesso in America. E a essere coinvolti sono stati prima di tutto gli appartenenti alla working class” [1]. In particolare “il tasso di mortalità della parte più povera della popolazione bianca americana, in particolare nella fascia di età compresa tra i 45 e i 54 anni, è aumentato nel corso dell’ultimo decennio di un +134 ogni 100mila individui”. Tanto che i due studiosi – uno peraltro vincitore del Nobel per l’economia – hanno sottolineato come “nell’ultimo mezzo secolo (…) solo l’Aids aveva provocato qualcosa di simile”. L’insorgere di tali “patologie sociali”, “è strettamente legato all’impoverimento, al declassamento e al progressivo scivolare verso una condizione di estrema marginalità di una parte significativa della classe lavoratrice” [2]. Senza contare che la “perdita di ruolo e stabilità economica non ha solo favorito l’aumento degli stili di vita autodistruttivi, ma ha spesso minato anche la solidità della rete delle relazioni affettive e il circuito famigliare, favorendo fenomeni di solitudine e abbandono” [3].

Senza contare gli effetti perversi che ha avuto l’affermazione come pensiero unico dominante del neoliberismo – grazie all’implosione del blocco sovietico – che ha provocato una lunga e apparentemente interminabile scia di morti sino ai nostri giorni. Un esempio eclatante è fornito, a questo riguardo, dalle grandi multinazionali farmaceutiche che, dopo aver realizzato vaccini antivirus grazie al massiccio sovvenzionamento pubblico, hanno fatto enormi profitti, impedendo ai paesi poveri di potersi produrre autonomamente gli antivirali. La denuncia viene da due prestigiosissime Ong, Emercgency e Oxfam, che hanno denunciato come Big Pharma (Pfizer, Johnson & Johnson e AstraZeneca) ha capitalizzato profitti da capogiro, ovvero 26 miliardi di dollari. “Una cifra sufficiente a vaccinare 1,3 miliardi di persone, vale a dire l’intera popolazione in Africa” denunciano le due Ong. Così, in nome dei profitti privati, sacralizzati dal neoliberismo, “le aziende che possono produrre i vaccini Covid restano una manciata in tutto il mondo” spiegano le ong; “ad oggi nei paesi ricchi in media 1 persona su 4 è stata vaccinata, mentre nei paesi poveri appena 1 su 500” [4].

Come ha denunciato a ragione il Comitato italiano diritto alla cura: “la girandola affannosa dei dati sulle dosi realmente disponibili dimostra che sarà impossibile vaccinare il 70% della popolazione mondiale entro il 2021, per mettere in sicurezza la salute di tutti, anche perché 9 persone su 10 nei paesi poveri non avranno accesso ai vaccini entro la fine dell’anno. Il virus continuerà a circolare e a mutare, vanificando gli sforzi economici e i sacrifici fatti dalle popolazioni, da quando è cominciata la pandemia. Ma soprattutto significherà milioni di morti, una catastrofe umanitaria. Quindi, solo liberalizzando i brevetti, almeno temporaneamente, sarà possibile assicurare la produzione di vaccini in quantitativi sufficienti a coprire il fabbisogno mondiale: in gioco c’è la vita di tutti” [5].

Del resto, come ha fatto notare a ragione Marco Revelli: “di avidità parla tutta la vicenda del pessimo andamento della campagna vaccinale europea. Avidità dei signori di Big Pharma, che lautamente finanziati dai poteri pubblici privatizzano spudoratamente i profitti, riservando dosi ai migliori offerenti anche a borsa nera, e tradiscono impunemente impegni contrattuali selezionando ad arbitrio i sommersi e i salvati” [6]. Peraltro il premier britannico Boris Johnson ha proclamato che “la vittoria sul Covid, ottenuta col vaccino, la si deve a «capitalismo e avidità». Non ha detto, il premier inglese, che a quella stessa avidità è dovuto il record di morti da lui collezionato in Europa nella fase precedente in cui il virus era lasciato correre a briglia sciolta pur di non sacrificare il business. E poi ha anche dovuto invocare la cancellazione di quella voce dal sen fuggita, quando gli hanno fatto notare che l’Europa avrebbe potuto prenderla male, imputando appunto all’avidità britannica il proprio deficit di AstraZeneca, che pure aveva finanziato abbondantemente (pare per il 95%) e che si è vista accaparrare dall’avidità d’oltremanica” [7]. 

Del resto l’Unione europea si fonda proprio sull’imposizione, mediante i trattati non modificabili se non all’unanimità, dei dogmi mortiferi dell’ideologia neoliberista. Di conseguenza, come ha dovuto riconoscere anche il filoeuropeista Revelli, l’Ue “al Wto si è macchiata dell’imperdonabile crimine di votare contro la proposta dei paesi svantaggiati di sospendere il copyright dei farmaci antivirus) nei confronti di quelli poveri. Basta guardare la graduatoria globale delle coperture vaccinali, con in testa Stati Uniti e Gran Bretagna (con circa il 60% di popolazione vaccinata almeno con una dose) e al fondo la Nabibia (con lo 0,1%) e lo Zambia (con lo 0%). Eppure tutti gli epidemiologi con un po’ di sale in zucca dicono che se non si eradica il virus in tutto il mondo, non si sarà mai sicuri, rischiando che le varianti prosperino nelle periferie del globo” [8].

Dal punto di vista del dominio del neoliberismo, dopo che è stato abbracciato anche dalla maggioranza degli ex appartenenti al partito comunista più grande dei paesi capitalisti, il nostro paese sta messo proprio male. Non a caso le politiche neoliberiste hanno provocato in Italia un vero e proprio record di morti, sacrificati alla sete di profitto, che non ha pari se non in alcuni paesi in cui ha trionfato la controrivoluzione, come Ungheria, Repubblica Ceca e Bulgaria. Per altro la pianura padana, da anni dominata dalle logiche neoliberiste, è certamente la regione del mondo con la più alta percentuale di morti, anch’essi immolati sull’altare del profitto. In particolare, riguardo le ultime rovinose decisioni del governo dei peggiori è stato giustamente osservato: “se i tempi delle riaperture non sono più decisi tenendo conto delle evidenze scientifiche, allora si può dire che il «rischio ragionato» altro non è che il tributo in termini di vite umane che il governo ha deciso di pagare alle ragioni elettorali della destra. Non avendo ancora raggiunto una copertura vaccinale tale da giustificare nessun tipo di riapertura, siamo di fronte a una scelta azzardata e pericolosa che il paese tutto potrebbe pagare a caro prezzo” [9].

Senza contare i nefasti effetti collaterali che sta avendo questa logica neoliberista improntata esclusivamente a implementare i profitti privati. Come ha denunciato la Confederazione oncologi, cardiologi ed ematologi (Foce): “il comparto ospedaliero già al momento dell’inizio della pandemia aveva un numero complessivo di posti letto ordinari per centomila abitanti molto più basso rispetto alla media europea (314 vs 500) collocandoci al ventiduesimo posto nella classifica tra i paesi Europei”. Per supplire alla cronica carenza di posti in terapia intensiva sono stati sacrificati altri reparti ospedalieri. Senza contare che “oltre ai letti mancano anche i medici: con 130 mila ospedalieri, l’Italia ne ha 60mila in meno della Germania e 43mila in meno della Francia. Siamo alla «disperata ricerca di medici ed infermieri» ma abbiamo il numero chiuso nelle facoltà di medicina, denuncia la Confederazione, un provvedimento con «conseguenze catastrofiche»” [10]. Come era facilmente prevedibile, in tale situazione catastrofica creata dalle scellerate politiche neoliberiste, con l’arrivo della pandemia “i pronto soccorso intasati hanno frenato l’accesso dei malati per emergenze cardiache e ictus, e anche dove non c’era la fila spesso è bastata la paura a tenere lontani i pazienti” [11]. Come ha denunciato ancora la Foce “si calcola che almeno un 40% di pazienti non seguono adeguatamente le terapie prescritte, abbiano saltato o rinviato le visite con gli specialisti, affidandosi al fai da te”. 

Le cose purtroppo non vanno molto meglio a livello internazionale per la pervasività dell’ideologia neoliberista. Come ha fatto chiaramente emergere la pandemia, la salute non è una questione che possa essere circoscritta al solo ambito nazionale, in quanto deve necessariamente essere affrontata a livello internazionale. D’altra parte, la sola organizzazione pubblica esistente in materia di salute internazionale, l’Oms – come hanno documentato Nicoletta Dentico e Eduardo Missoni in Geopolitica della salute. Covid-19, Oms e la sfida pandemica, Rubbettino – “ha subito numerosi contraccolpi dovuti alle pressioni dei poteri economici che ne hanno compromesso indirizzo e autonomia. Il suo depotenziamento, in termini di uso degli strumenti normativi e regolatori di cui dispone, è inquadrabile nei più ampi processi di privatizzazione, di de-finanziamento della sanità pubblica, di riduzione dei servizi di welfare, di mercificazione della salute” [12]. Per comprendere le linee tecnocratiche e manageriali di riforma avviatesi al suo interno nell’ultimo decennio e il conseguente allinearsi dell’Oms alle logiche neoliberiste del profitto occorre tener presente che il suo operare è stato sempre più condizionato “dai finanziamenti di organizzazioni del settore privato, tra cui prima fra tutte la Fondazione Bill & Melinda Gates, fondi che non possono essere usati dall’Oms secondo le proprie priorità (il soddisfacimento di bisogni sanitari presenti a livello mondiale, la promozione della salute globalmente intesa), ma che dipendono invece dalle scelte indicate da questi «donatori»” [13]. In tal modo, l’Oms ha perso progressivamente di credibilità “allontanandosi da una visione della salute come questione di giustizia sociale, nel segno di un rafforzamento delle iniziative e del ruolo della Banca mondiale e dell’Organizzazione mondiale del commercio” [14].

 

Note

[1] Caldiron, G., Stati Uniti: oppiodi, alcol, suicidi, come si distrugge la working class bianca, in “Il manifesto” del 20.04.2021.

[2] Ibidem.

[3] Ibidem.

[4] Red. Soc., I guadagni di Big Pharma bastavano a vaccinare tutta l’Africa, in “Il manifesto” del 23.04.2021.

[5] No profit on pandemic, Vaccini, appello a Draghi: sospendere i brevetti per salvarci tutti, in “Il manifesto” del 21.04.2021.

[6] Revelli, R., Le sfide della pandemia, il potere e il trionfo dell’avidità, in “Il manifesto” del 18.04.2021.

[7] Ibidem.

[8] Ibidem.

[9] Cavicchi, I., I rischi incalcolabili delle riaperture chieste da Salvini, in “Il manifesto” del 20.04.2021.

[10] Capocci, A., “Meno controlli, più malati. Effetti collaterali del virus”, in “Il manifesto” del 13.04.2021.

[11] Ibidem.

[12] Giorgi, C., La sanità del profitto, in “Il manifesto” del 07.04.2021.

[13] Ibidem.

[14] Ibidem.

30/04/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo
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