Si è da poco conclusa una tornata di scioperi organizzati da diverse sigle sindacali della scuola l’8 marzo ed il 17 marzo con l’obiettivo di contrastare le deleghe alla legge 107, scioperi il cui esito, non propriamente incoraggiante, è stato il segnale della preoccupante fase di passività in cui versano i lavoratori e le lavoratrici dell’istruzione nella lotta verso la controriforma della “buona scuola”.
La non esaltante partecipazione a queste mobilitazioni di marzo, con percentuali di adesione inferiore al 5% in entrambe le date[1], ha soprattutto mostrato i limiti delle attuali modalità di costruzione della lotta messe in campo in questa fase dalla CGIL e dal sindacalismo di base.
L’aria che si respira nelle scuole, tra i lavoratori è quella di una vera e propria disillusione rispetto alla possibilità di cambiamento attraverso la lotta, con una preoccupante perdita di credibilità dell’azione sindacale.
 
Lontani  sono i tempi dell’impegno e della rabbia espressa dai docenti,  dagli ATA, dagli studenti e dalle loro famiglie nella lotta di due  anni fa, iniziata con convinte battaglie dal basso, “scuola per  scuola”, nei collegi docenti e nei consigli d’istituto, con  pronunciamenti all’unanimità contro  il ddL voluto dal governo dell’ex Presidente Renzi e dell’ex  ministra Giannini. Una lotta passata poi per sit-in incisivi,  iniziative partecipate, manifestazioni e scioperi ben riusciti e  culminata con il più  grande sciopero della scuola della Repubblica il 5 maggio 2015,  seguito anche da un partecipato blocco degli scrutini.
 
Quell’impegno  e quella convinzione con buona probabilità sono  scemati, non tanto per l’approvazione della legge in parlamento  (con il governo Renzi che poi ha pagato la sua arroganza nella  consultazione referendaria del 4 dicembre scorso) o per la stanchezza  dovuta ad una lotta così lunga, quanto per l’interruzione  brusca dell’azione di piazza e di rivendicazione compatta del  fronte sindacale, che  nella fase culminante della battaglia, sotto la spinta dal basso dei  lavoratori, era stato in grado di trovare un entusiasmante e  funzionale unità,  tanto da coinvolgere nella lotta anche i docenti meno avvezzi alla  piazza.
Questo desiderio di unità d’azione del resto, come RSU della scuola, lo vediamo e lo continuiamo a percepire ogni giorno sui luoghi di lavoro, nelle assemblee, parlando coi colleghi….
I lavoratori continuano ad essere molto critici nei confronti della buona scuola ed hanno recepito la pericolosità delle otto deleghe presentate dal governo e dalla ministra Fedeli, ma per opporsi alla legge 107 chiedono risposte radicali e soprattutto unitarie e largamente condivise, in grado di incidere sulla maggioranza dei colleghi facendo uscire dalla passività anche coloro che in questa fase “non ci credono più”.
Come coordinamento dei lavoratori autoconvocati della scuola abbiamo espresso più volte, nei mesi scorsi, questa necessità di ricostruzione unitaria del movimento contro la legge 107.
Abbiamo invitato tutte le organizzazioni sindacali, i movimenti, i coordinamenti di insegnanti, studenti e genitori ad una riflessione collettiva per dare risposte unitarie alla “buona scuola” ed alle proposte del governo ed il 21 gennaio scorso abbiamo organizzato, assieme a diverse associazioni, un'assemblea unitaria dei lavoratori, sindacati e movimenti della scuola, per il rilancio della lotta contro la 107, partendo dall’opposizione alle otto deleghe.
(http://autoconvocatiscuola.altervista.org/comunicato-assemblea-nazionale-21-1-2017/#more-3352)
Purtroppo, rispetto a questo tentativo di ricostruzione unitaria del conflitto, c'è stato un atteggiamento di chiusura da parte della maggioranza delle organizzazioni sindacali.
Queste organizzazioni, e soprattutto i burocrati ad esse legati, hanno assunto immediatamente un atteggiamento negativo nei confronti dell’iniziativa: i sindacati confederali l’hanno palesemente snobbata declinando di fatto l’invito, i sindacati di base hanno invece mandato a partecipare alcuni loro iscritti senza però dare un adesione formale né un contributo fattivo alla riuscita dell’iniziativa, con un atteggiamento a tratti settario ed ipercritico nei confronti di un tentativo di ricostruzione del movimento che, se da una parte avrebbe potuto dare nuova linfa alla lotta contro la “buona scuola” e le deleghe ad essa collegate, dall’altro avrebbe potuto inchiodare le organizzazioni sindacali stesse ad una più funzionale ma evidentemente non desiderata unità d’azione, attraverso un appello “dal basso” per la ricostruzione del movimento.
 E  questo tentativo è stato osteggiato al punto tale che, alcuni  sindacati di base , invece di tentare il rilancio unitario della  lotta attraverso l’elaborazione comune, hanno deciso di lanciare  in modo autoreferenziale lo sciopero  del 17 marzo,  due giorni prima della citata riunione nazionale, col chiamo intento  di non condividerne l’elaborazione. 
Una  scelta presa nonostante in calendario fosse già previsto per  l’8 marzo, uno sciopero generale organizzato dal movimento “non  una di meno” e centrato sulla lotta contro lo sfruttamento di genere.
Messi di fronte all’evidenza di due date di sciopero già calendarizzate, durante l’assemblea nazionale del 21, come lavoratori autoconvocati della scuola abbiamo tentato comunque di costruire le condizioni della lotta unitaria invitando i sindacati a convergere su un unica data di sciopero, l’8 marzo, esortando però ad una maggior caratterizzazione della giornata sulle problematiche della scuola (dove tra l’altro la maggior parte dei lavoratori sono donne) con un attenzione specifica alle otto deleghe alla L.107.
Questo tentativo è stato accolto, dal movimento “non una di meno”, che assieme agli autoconvocati ha poi organizzato nella giornata dell’8 un sit-in tematico sulla scuola; ma il rifiuto del sindacalismo di base, motivato dalla preoccupazione di una visibilità limitata delle problematiche inerenti alle otto deleghe, in una data caratterizzata soprattutto dalle rivendicazioni di genere, non ha reso possibile arrivare ad un unitario appuntamento di lotta.
La decisione poi della FLC di aderire allo sciopero indetto da “non una di meno”, ha anche spinto alcuni esponenti del sindacalismo di base a criticare le RSU autoconvocate della scuola, ree di aver tentato di far convergere le lotte, accusandole di “collateralismo” nei confronti della CGIL e di aver spinto alla convergenza sull’8 marzo per depotenziare lo sciopero del 17 marzo.
Sono stati gli stessi lavoratori autoconvocati della scuola a mettere in chiaro la strumentalità di quest’accusa, con una partecipazione diretta degli stessi autoconvocati ad entrambe le date di sciopero in calendario, tanto l’8 quanto il 17 marzo.
Una partecipazione che però non ha cambiato la sostanza delle due mobilitazioni che, come è stato già scritto, non sono riuscite a rimettere in movimento insegnanti ATA e studenti.
E’ dunque più che mai necessario analizzare le due giornate di sciopero, per individuare gli errori fatti e per tentare poi di ripartire in modo differente, al fine di ricostruire un movimento di lotta efficace.
Per quanto riguarda la giornata dell’8 è innanzitutto necessario dire come alcuni dei dubbi espressi dal sindacalismo di base fossero fondati.
La giornata è infatti stata caratterizzata soprattutto dalle rivendicazioni di genere ed anche il materiale distribuito nei giorni precedenti per coinvolgere i lavoratori e le lavoratrici, invece di mettere al centro le problematiche reali legate ai luoghi di lavoro, e nel caso della scuola le deleghe alla 107, è stato centrato sulla specifica rivendicazione femminista di “non una di meno”, rivendicazione certamente importantissima, ma forse poco spendibile in uno sciopero che, per sua stessa natura, è legato esplicitamente alla lotta economica ed alle rivendicazioni dei lavoratori e delle lavoratrici. Sono state molte le colleghe che, di fronte a parole d’ordine legate prevalentemente alla lotta per la parità di genere, hanno preferito convergere sulla data del 17 ritenuta più utile nella lotta contro le deleghe.
Ma un altro problema è stato l’impegno espresso della FLC CGIL, sindacato direttamente coinvolto nella rivendicazione della scuola per l’8 marzo, che a molti iscritti ha dato l’impressione di un atteggiamento non particolarmente determinato nel lancio dello sciopero, con poche assemblee, pochi volantini mal scritti e scarsamente incisivi, poca circolazione di informazioni.
 Insomma  l’impressione  è stata quella di uno sciopero mal costruito e non troppo “spinto”,  organizzato quasi per togliersi dall’impaccio di una stagione di  lotte non fatte.
Risultato  di tutto ciò è stata la bassissima adesione allo sciopero (meno del  5%) ed una presenza  debole e poco visibile nella piazza tematica romana di “non una di  meno” e nel successivo sit in sotto al ministero dell’istruzione.
Non meno evidenti sono stati gli errori fatti nell’organizzazione dello sciopero del 17 marzo.
 E’  stato già scritto  dell’atteggiamento  settario dimostrato  col lancio dello sciopero due giorni prima di un assemblea nazionale  convocata proprio per far convergere le lotte. E al settarismo  dimostrato si aggiunge il rischio di un corporativismo, legato  all’isolamento della scuola rispetto alle altre categorie di  lavoratori, ma anche alle specificità di  alcuni dei sindacati aderenti che fanno della lotta specifica di  singole categorie di lavoratori, messi a volte in contrapposizione  con altri, il loro punto di forza.
Per  questi motivi e per la generale  debolezza del sindacalismo di base,  dotato di un insufficiente capacità di  creare massa critica specie in questa fase di scarsa mobilitazione, anche  l’esito dello sciopero del 17 non è stato migliore di quello  precedente,  con adesioni analoghe a quelle dell’8 marzo (sotto il 5%), seppur  con una più  visibile presenza nelle piazze di  diverse città,  realizzata anche grazie all’impegno di numerosi rappresentanti  sindacali di USB, Cobas, Anief, Unicobas e FederAta (che in questo  sciopero hanno investito molto) e concretizzatasi in un buon sit in a  Roma sotto al MIUR con un successivo visibile corteo di qualche  migliaio di persone (partecipato per la verità più  da militanti sindacali che da semplici colleghi) che dal ministero è  giunto al Pantheon.
E’ comunque evidente, dall’analisi delle due giornate e dall’esito degli scioperi e delle mobilitazioni ad essi legati che le modalità di lotta sin qui adottate vanno cambiate, che gli atteggiamenti dei sindacati devono esser modificati, che i lavoratori della scuola devono acquistare un nuovo protagonismo, pena l’impossibilità per il movimento di incidere nelle scelte future dei governi.
E’ chiaro che la FLC CGIL, per non subire un irreversibile perdita di credibilità dovrà investire di più nelle mobilitazioni, sganciandosi dall’atteggiamento iper-concertativo di CISL e UIL per riavvicinarsi ai movimenti ed al sindacalismo di base, sfruttando al meglio le potenzialità del suo apparato per dare un contributo reale e non di circostanza alle future lotte.
Parimenti, il sindacalismo di base, cosciente delle sue ancora limitate capacità di mobilitare la gran parte dei lavoratori, dovrà abbandonare l’atteggiamento settario, corporativo ed isolazionista, teso a piantare bandiere a suon di mobilitazioni non sufficientemente efficaci, per intraprendere un percorso orientato alla ricostruzione unitaria del movimento, senza nascondere le giuste critiche nei confronti della passività del sindacalismo confederale, ma aprendo un dialogo ad ampio spettro con tutti i sindacati ed i movimenti contro la legge 107.
 E  per arrivare a questo risultato, per modificare la passività,  l’opportunismo ed il settarismo che a volte è presente nei  sindacati e che ha fin qui impedito al movimento della scuola di  riaffermarsi, è assolutamente necessario che i lavoratori della scuola, organizzati autonomamente e  trasversalmente in modo consiliare, si riorganizzino per creare la  spinta dal basso necessaria a trainare i sindacati verso una nuova  stagione di lotte unitarie più efficaci di quelle sin qui condotte. 
In  sostanza, i lavoratori attraverso l’organizzazione consiliare  devono trovare il modo di far ripartire il movimento, costruendo  nella lotta la prima necessaria massa critica, in modo tale da  coinvolgere i sindacati spingendoli alla riaggregazione per la  costruzione di lotte finalmente incisive.
 
E’  questo l’auspicio di tutti coloro che credono nella necessità di  cancellare con la lotta la legge 107 ed è in  questa direzione che tenteremo di operare come lavoratori  autoconvocati della scuola.
Note
 [1]  Dati adesione mobilitazioni di marzo – dal sito del ministero della  funzione pubblica 
  sciopero  17 marzo http://www.funzionepubblica.gov.it/articolo/dipartimento/21-03-2017/sciopero-nazionale-del-17-marzo-di-tutto-il-personale-della-scuola 
e  sciopero 8 marzo http://www.funzionepubblica.gov.it/articolo/dipartimento/10-03-2017/sciopero-generale-di-tutte-le-categorie-pubbliche-e-private-l
Link
 
  https://www.lacittafutura.it/interni/parola-d-ordine-unita-e-lotta-per-il-ritiro-integrale-della-riforma.html
 https://www.lacittafutura.it/scuola-e-universita/riparte-la-lotta-contro-la-buona-scuola.html
 https://www.lacittafutura.it/scuola-e-universita/lavoratori-autoconvocati-scuola-elezioni-rsu.html
 
													