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La scomparsa di Giorgio Napolitano non ci vede uniti al coro delle celebrazioni acritiche. È stato infatti fra i principali protagonisti dello scioglimento del Pci, delle politiche di smantellamento del welfare e del ruolo dell’Italia di vassallo degli Usa.

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Per pronunciarsi sulle proposte di salario minimo non basta rifarsi ai testi sacri ma occorre analizzare la complessità dell’esistente. La tesi che qui si sostiene è che esso sarebbe un piccolo passo in direzione della riunificazione del mondo del lavoro.

L’urgenza di costruire un vasto fronte di opposizione al governo non è in contraddizione con l’obiettivo dell’unità dei comunisti. Ma entrambe le cose richiedono chiarezza di prospettive e non ripercorrere gli errori del passato.

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Le cause e i motivi per i quali si sono progressivamente affermati in Italia il populismo demagogico e la restaurazione liberista.

Secondo la vulgata neoliberista l'Italia spenderebbe troppo in welfare e previdenza. Si va facendo strada un ulteriore giro di vite ai danni dei diritti sociali.

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In un panorama politico sconfortante dove l’attacco alla classe subalterna è sempre più feroce e portato avanti da entrambe le facce del bipolarismo, è necessario e urgente impegnarsi concretamente per l’unità dei comunisti e offrire una speranza di cambiamento a tutti gli sfruttati e ai giovani privati del loro futuro.

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Dopo il fallimento dei protocolli anti-Covid (che hanno scaricato gli oneri della sicurezza sulla forza lavoro) arriva l’ennesima intesa a perdere dei sindacati con governo e Confindustria.

Cos’è lo smart working? È una formula organizzativa che i capitalisti utilizzano per accrescere lo sfruttamento dei lavoratori (plusvalore). È la finalizzazione dello smart working allo sfruttamento del lavoro che va combattuta e non la formula dello smart working in quanto tale.

La forza-lavoro precaria ha un’occupazione irregolare e, dunque, da una parte è una componente dell’esercito industriale attivo, dall’altra è una componente dell’esercito industriale di riserva, definita stagnante in quanto tendenzialmente destinata a rimanere identica a se stessa.

Torniamo ad analizzare gli sviluppi della crisi di un settore giudicato trainante per l’'economia nazionale. All’ombra delle liberalizzazioni e del Recovery gli scenari presenti e futuri con l’annuncio di migliaia di esuberi. Ce lo chiede l’Ue?

Non appena eletto, Letta ha immediatamente messo la pietra tombale sulla proposta di legge democratica proporzionale, rilanciando il maggioritario uninominale liberale, che consegnerà la maggioranza assoluta del prossimo governo a Lega, post fascisti e berlusconiani.

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La forza-lavoro precaria ha un’occupazione irregolare e, dunque, da una parte è una componente dell’esercito industriale attivo, dall’altra è una componente dell’esercito industriale di riserva, definita stagnante in quanto tendenzialmente destinata a rimanere identica a se stessa.

La crisi aperta da Renzi e Italia Viva, con la soluzione dell’incarico a Draghi ha permesso il ritorno di esponenti della borghesia padronale rappresentata da Forza Italia e dalla Lega; Draghi ha costruito un esecutivo con un doppio livello, in cui le leve strategiche economiche e dell’innovazione e delle infrastrutture sono nelle mani di uomini fedeli a Draghi, mentre la gestione dell’esistente è affidato a ministri politici su cui si scaricheranno le tensioni tra le forze politiche. Non si tratta di ricostruire la “sinistra”, ma un progetto di transizione al socialismo con la costituzione di un fronte di lotta sociale e politico.

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Molti sostengono che gli esempi contemporanei di fascismo non siano paragonabili ai regimi dittatoriali del passato. Ma la normalizzazione del mito fascista, al pari della odierna mitizzazione del mercato e di interessi superiori capitalistici ai quali piegare la sovranità popolare, rappresenta la minaccia dalla quale guardarsi e difendersi.

Mario Draghi potrebbe essere l’uomo con il profilo e la reputazione per chiedere una sorta di “pieni poteri”, sottraendosi agli agguati e ai velenosi intrighi di “palazzo”: l’anticamera per la ristrutturazione in chiave presidenzialista del sistema democratico parlamentare. La situazione che si è creata ha tutte le caratteristiche della destabilizzazione del sistema politico-istituzionale, mentre è del tutto assente una sinistra di classe, strutturata in un blocco sociale alternativo, costituita in un fronte politico anticapitalista.

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La crisi di governo aperta da Renzi mira a rappresentare pienamente gli interessi dei poteri forti, in altre parole una dittatura ancora più aperta del grande capitale senza nemmeno quelle misere misure di rivoluzione passiva necessarie al governo Conte per mantenere l’egemonia sulle classi dominate.

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Da dove nasce il revisionismo storico e come si materializza la perdita della memoria collettiva a partire dalla lettura distorta del presente. Non liberarsi dal peso del passato ma riattualizzarlo dentro la odierna contraddizione tra capitale e lavoro.

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L’appello di Anpi e altre organizzazioni di massa e formazioni politiche separa indebitamente il tema della democrazia e dell’antifascismo dal contesto sociale manifestandosi come una stampella del governo Conte.

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Lo smart working è una forma di lavoro a cottimo che agevola lo sfruttamento. Occorre impedire che anche dopo l’epidemia venga esteso indiscriminatamente e senza il controllo dei lavoratori organizzati.

Negli ultimi decenni i salari, le pensioni e il potere contrattuale sono crollati. Il rinnovo dei contratti non può essere la contropartita dell’intensificazione dello sfruttamento. L’aumento dei salari deve accompagnarsi alla crescita degli organici e all’aumento delle spese per i settori pubblici.

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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