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Cile, il 4 settembre va approvata la nuova Costituzione

In Cile, l’insopprimibile reviviscenza di quella volontà popolare si coniuga oggi colla rivolta sociale esplosa nel novembre 2019 e durata a lungo nonostante la feroce repressione di Pinera e dei suoi carabineros, col plurisecolare movimento di ribellione e identità indigena e colle lotte delle donne per la loro liberazione dal sistema patriarcale e machista e quella per la tutela di un ambiente devastato per decenni dalle multinazionali.


Cile, il 4 settembre va approvata la nuova Costituzione

 

Il referendum costituzionale, previsto per domenica 4 settembre, per l’approvazione o meno del testo predisposto dall’Assemblea costituente cilena, rappresenta senza dubbio una scadenza fondamentale.

Approvando tale testo il popolo cileno darà infatti vita a una nuova tappa, la terza, del processo di emancipazione, tuttora in corso, dal retaggio storico della dittatura, dall’imperialismo statunitense e dal neoliberismo in economia, che hanno fatto dei cileni le cavie sofferenti del capitalismo peggiore, introdotto dagli economisti scellerati dell’università di Chicago, chiamati come consulenti da Pinochet e che hanno arrecato danni quasi irreversibili al Paese e al suo popolo.

Consapevole di ciò la destra cilena, sconfitta nelle due tappe precedenti (elezioni dell’Assemblea costituente e presidenziali dello scorso novembre) chiama all’astensione con l’intento di invalidare la votazione e bloccare il processo di rinnovamento democratico e sociale del Paese. Come sempre, mirano a frustrare, svilire e impedire il processo democratico di autodecisione popolare al fine di mantenere i propri privilegi e quelli dei loro padroni multinazionali.

Processo che, proprio coi lavori dell’Assemblea costituente ha raggiunto un traguardo importante, segnato da una significativa partecipazione democratica dal basso, dimostrata da ben 2.496 proposte di integrazione ed emendamento del testo.

Quest’ultimo rappresenta una sintesi effettiva di molte delle aspirazioni espresse dal popolo cileno, la cui volontà democratica fu soffocata nel sangue dal golpe di Pinochet, attuato l’11 settembre 1973 su precisa indicazione del governo statunitense.

Oggi i tempi sono nettamente cambiati nel continente americano, che sempre meno è il continente statunitense, nonostante i patetici tentativi di riesumare la dottrina Monroe.

In Cile, l’insopprimibile reviviscenza di quella volontà popolare si coniuga oggi con la rivolta sociale esplosa nel novembre 2019 e durata a lungo nonostante la feroce repressione di Pinera e dei suoi carabineros, col plurisecolare movimento di ribellione e identità indigena e colle lotte delle donne per la loro liberazione dal sistema patriarcale e machista e quella per la tutela di un ambiente devastato per decenni dalle multinazionali.

Ne rappresenta un buon risultato l’art. 1 del nuovo testo costituzionale, il cui primo comma ha il seguente tenore:“Il Cile è uno Stato sociale e democratico di diritto. È plurinazionale, interculturale  ed ecologico”. Ma altrettanto importanti sono i due commi successivi che affermano principi fondamentali e rivoluzionari quali la solidarietà, la democrazia inclusiva e paritaria, i valori di dignità, libertà e eguaglianza sostanziale di tutti gli esseri umani, la relazione indissolubile colla natura, come pure il ruolo essenziale dello Stato nella promozione e garanzia dei diritti sociali. I punti nodali del testo riguardano i diritti fondamentali, specie quelli in materia sociale, la riconversione ecologica dell’economia e il decentramento politico e amministrativo. Viene riconosciuta l’identità, autodeterminazione e diritti dei popoli indigeni (Mapuche, Aymara, Rapanui, Lickanantay, Quechua, Colla, Diaguita, Chango, Kawésqar, Yagán, Selk'nam e altri).

Sul piano delle relazioni internazionali sembra importante il riferimento all’integrazione latinoamericana, contenuto nel terzo comma dell’art.14, e occorre auspicare che da tale affermazione di principio derivi una politica estera effettivamente sensibile e schierata in modo coerente e indefettibile contro i tentativi di Washington e dei suoi servi (vedi in particolare il Ministero delle Colonie statunitense OAS e il suo attuale segretario Almagro) di limitare e condizionare l’indipendenza dei popoli e dei governi latinoamericani sia mediante lo strumento tradizionale dei colpi di Stato e dei massacri sia con quello delle sanzioni economiche oggi applicate contro Cuba, Nicaragua e Venezuela.

Si tratta, insomma, di un momento di stragrande importanza per il destino non solo del Cile ma di tutta l’America Latina, la cui compagine plurale si è arricchita di un nuovo protagonista particolarmente attento ai temi indicati, tra i quali voglio sottolineare quelli dei diritti sociali, dei popoli indigeni, della liberazione femminile e della salvaguardia ambientale. Per chi volesse approfondire, ecco il link al testo della nuova Costituzione cilena.

Bisogna pertanto augurare alle forze democratiche e di sinistra del Cile di vincere tale battaglia, indicando a tutto il popolo cileno, ma specialmente alla sua stragrande maggioranza impoverita e oppressa, la prospettiva di una società egualitaria e in grado di soddisfarne diritti e interessi. Il Cile del resto è sempre stato molto importante nell’immaginario politico europeo e soprattutto italiano, come dimostrato da questa recentissima versione del “Pueblo Unido” da parte della Banda Bassotti: https://fb.watch/eZaDRyM2yV/.

Fabio Marcelli, presidente del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia (CRED)

27/08/2022 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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