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Il Partito comunista del Venezuela e le prossime elezioni

Il Partito comunista del Venezuela e il Partito socialista unito del Venezuela hanno stipulato un patto per rispondere alla crisi del paese.


Il Partito comunista del Venezuela e le prossime elezioni Credits: http://www.radiondadurto.org/wp-content/uploads/2017/11/venezuela.jpg

I nostri media dedicano spazio alla crisi venezuelana demonizzando il successore di Chávez, Nicolás Maduro, e descrivendo l’attuale situazione sociale come catastrofica e provocata dalle misure prese dal chavismo. Eppure, se si prestasse attenzione a quello che sostengono alcuni tra i fautori della Rivoluzione bolivariana, come il Partito comunista del Venezuela, si avrebbero idee più chiare sul paese che è stato dichiarato da Obama una minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti e che continua ad essere la bestia nera per il potente vicino. E ciò forse perché – come ricorda sempre nei suoi programmi televisivi Walter Martínez – le sue riserve petrolifere sono molto vicine agli Stati Uniti.

Si potrebbe certo affermare che i nostri media non si preoccupano di approfondire e si limitano a seguire ossequiosamente e a divulgare le opinioni di Washington al riguardo, dal momento che mai metteranno in discussione – come Di Maio insegna – il filo doppio che ci lega all’Alleanza atlantica, anche se in questo modo finiremo prima o poi con lo strozzarci.

Per proporre un’analisi dal di dentro della società venezuelana mi sembra opportuno utilizzare un’intervista rilasciata da Carlos Aquino, direttore del giornale del partito Tribuna popular, il quale dichiara che la questione del potere in Venezuela non si è ancora risolta, dato che la classe operaia non è subentrata alla borghesia nella direzione politica. Per questa ragione la struttura socio-economica del paese è rimasta immutata e il Venezuela continua ad essere un modello di capitalismo di rendita e di dipendenza, improduttivo, mono-produttore e multi-importatore, e di conseguenza – a giudizio di Aquino – uno Stato inefficiente, corrotto e burocratizzato. Purtroppo è la classe egemone a determinare il carattere dello Stato e non la persona che esercita le funzioni di Presidente della Repubblica, per quanto onesta e rivoluzionaria possa essere.

La Rivoluzione bolivariana si è caratterizzata per essersi opposta alle politiche neoliberali, ma i suoi ideatori non hanno elaborato un vero e proprio programma anti-capitalista. La scomparsa prematura di Chávez, figura agglutinante, ha fatto sì che la destra si sia rafforzata e che alcuni settori presenti nel Governo nazionale si siano spostati su una politica che tende alla conciliazione tra le classi in lotta ed è disposta a cedere sul versante delle conquiste popolari degli ultimi anni. Il Socialismo del XXI secolo – continua Aquino – ha costituito un’elaborazione politica utile a distanziare le rivoluzioni progressiste latinoamericane dall’esperienza del socialismo est-europeo e ad avvicinarsi al modello socialdemocratico dello Stato sociale, ormai in crisi anche in Europa.

Il successo dei governi riformisti-progressisti in America Latina, avvenuto negli ultimi anni ma purtroppo in fase di regressione, ha comportato l’avviamento di importanti riforme di cui hanno beneficiato le masse popolari da sempre emarginate ed escluse. Sfortunatamente questo processo non può avanzare per i limiti posti dallo stesso sistema economico e politico in cui si trova il Venezuela, ma anche perché non ci si è posti in maniera chiara l’obiettivo di superare quest’ultimo, creando una serie di aspettative, che non hanno ricevuto risposta.

Inoltre, alcune di queste riforme sono state messe in discussione da importanti settori della classe dirigente. Per esempio, il Presidente della PDVA (Petróleos de Venezuela, S.A.), che ha assunto questa carica nel 2017, ha affermato che è necessario privatizzare aree di attività industriale nazionalizzate da Chavez; cosa che ci si è apprestati a fare nella zona del Lago di Maracaibo e nella Cintura dell’Orinoco.

Questa analisi non impedisce al Partito comunista del Venezuela, fondato nel 1931, costretto ad agire per molti anni in clandestinità, contrassegnato da vari simboli tra i quali il gallo rosso [1], di sostenere Maduro nelle prossime elezioni presidenziali, benché il suo apporto in voti non sarà significativo. Infatti, nelle elezioni del 2013, che portarono Maduro alla presidenza, ha ottenuto solo l’1,89% dei voti, ma forse il suo contributo al sostegno della Rivoluzione bolivariana sarà più di carattere qualitativo.

Il Partito comunista del Venezuela, rifiutatosi di confluire nel Partito socialista unito del Venezuela nel 2007 [2], critica da tempo le regole stabilite dal Consiglio Nazionale Elettorale, che impongono di fatto ad ogni formazione politica di rendere possibile l’identificazione dei suoi militanti, ed inoltre restringe i tempi dell’iscrizione dei militanti ad un partito, impedendo così che quest’ultimo verifichi la profondità delle loro convinzioni politiche.

Queste regole, sostiene ancora Aquino, che sono in contraddizione con i principi cui si ispira la Costituzione venezuelana e che sono state impugnate dal PCV, fanno il gioco della destra, delle nuove fazioni della borghesia, costituitasi in questi ultimi anni, e di alcune correnti PSUV, che vedono nei comunisti venezuelani il loro nemico. A giudizio di Aquino ciò dimostra che il conflitto politico è presente anche all’interno del Governo nazionale, in cui ci sono correnti di destra e riformiste molto potenti.

Nonostante questo dissidio, che sembra essersi appianato, dato che il Consiglio Nazionale Elettorale ha riconosciuto il diritto del PCV a partecipare alle elezioni, come si diceva, questo partito ha deciso di appoggiare la candidatura di Maduro alla presidenza, stipulando il 26 febbraio 2018 un patto con PSUV articolato in 17 punti.

Nel primo punto si può leggere che il PSUV e il PCV, in quanto eredi di Simón Bolívar, incarnazione della volontà di indipendenza del popolo venezuelano, dichiarano che rispetteranno con impegno l’accordo unitario sottoscritto per combattere insieme l’immorale, illegale, criminale politica di ingerenza aggressiva dell’imperialismo statunitense ed europeo contro l’evoluzione della Rivoluzione bolivariana; politica che mette in pericolo la continuazione del processo di liberazione nazionale iniziato nel 1998 con l’elezione di Chávez alla Presidenza.

Il documento prosegue denunciando che l’imperialismo, insieme ai governi latinoamericani di destra, intende creare una motivazione artificiale che giustifichi un successivo intervento internazionale, magari dando vita a una provocazione ai confini del Venezuela con questi paesi: Colombia, Brasile o Guyana. Proprio come è avvenuto in passato quando gli Stati Uniti hanno ritenuto necessario un intervento per sottomettere un paese troppo indipendente.

Nell’accordo unitario si può leggere anche che il PSUV e il PCV affermano che la crisi del capitalismo dipendente e di rendita ha avuto gravi conseguenze sulla qualità di vita delle classi popolari, danneggiando le loro possibilità acquisitive e l’accesso ai beni e ai servizi. Questa situazione si è aggravata a causa delle attività interventiste e delle misure prese contro il Venezuela dall’imperialismo e dai suoi agenti interni al paese. E tutto ciò è avvenuto in un contesto in cui i prezzi del petrolio subivano una forte riduzione pilotata dall’esterno.

I due partiti concordano anche sul fatto che l’uscita dalla crisi attuale non deve apportare vantaggi alla borghesia e alle transnazionali, ma deve condurre ad un nuovo modello produttivo, non più fondato sulla rendita e orientato verso lo sviluppo sovrano del paese. Tale sviluppo dovrà basarsi sulla partecipazione diretta degli operai, dei contadini e degli altri settori popolari, dar vita a un grande fronte antimperialista e costituire una forma organica di direzione collettiva e unitaria radicata nelle organizzazioni sociali e politiche rivoluzionarie. A questo scopo i due partiti valorizzeranno le esperienze di controllo operaio già esistenti per dar vita a un modello di direzione e gestione diverso delle imprese statali, che dovranno svilupparsi sotto la vigilanza operaia e popolare della produzione, dell’amministrazione e la distribuzione dei beni, per far fuori così definitivamente la corruzione, l’inefficienza, i metodi antidemocratici e autoritari della presente gestione.

Come ha dichiarato Oscar Figuera, segretario del PCV, le proposte del partito di procedere alle nazionalizzazioni dei settori finanziario e bancario, delle industrie e del commercio non sono presenti nel documento, ma certamente i comunisti venezuelani non smetteranno di incitare il governo a muoversi in questa direzione.

Molto probabilmente Maduro vincerà le elezioni e ciò rafforzerà il Venezuela, ma la sua vittoria potrebbe acuire la volontà dei nemici del paese di distruggere la Rivoluzione bolivariana, impedendogli di uscire dalla situazione di incertezza e instabilità in cui purtroppo si trova.


Note

[1] In America Latina è praticato il combattimento tra i galli. Il gallo è particolarmente lodato per la sua capacità di lottare fino alla morte e quello del PCV probabilmente è stato disegnato addirittura da Pablo Picasso.

[2] Decisione che molti non hanno compreso, afferma Aquino.

12/05/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Alessandra Ciattini

Alessandra Ciattini insegna Antropologia culturale alla Sapienza. Ha studiato la riflessione sulla religione e ha fatto ricerca sul campo in America Latina. Ha pubblicato vari libri e articoli e fa parte dell’Associazione nazionale docenti universitari sostenitrice del ruolo pubblico e democratico dell’università.

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