Stampa questa pagina

La Svizzera boccia le politiche anti popolari. Intervista a Leonardo Schmid

Una vittoria della sinistra mentre manca ancora la mobilitazione di lungo periodo


La Svizzera boccia le politiche anti popolari. Intervista a Leonardo Schmid Credits: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:CHF100_7_front_horizontal.jpg

Il 12 Febbraio la Svizzera ha votato per un’importante tornata elettorale. Tre referendum hanno riguardato l’intera confederazione: la facilitazione per l’ottenimento della cittadinanza svizzera agli immigrati di terza generazione, la creazione di un fondo per le infrastrutture stradali e la riforma delle tasse a favore delle imprese. Approvati i primi due punti, rigettata dagli elettori invece la riforma fiscale. Nel Canton Ticino, il principale cantone di lingua italiana, si sono inoltre tenuti altri referendum contro i tagli alle prestazioni sociali.

Si tratta di risultati apparentemente in contraddizione con la tendenza generale all’ascesa delle forze borghesi di destra (come la Lega dei Ticinesi o l’Unione di Centro, di fatto il partito della destra radicale). I referendum sono stati sostenuti da un fronte che andava dai sindacati alle organizzazioni comuniste, passando per un Partito Socialista coinvolto obtorto collo.

Per capirne di più La Città Futura ha intervistato Leonardo Schmid, sindacalista dell’UNIA e dirigente del Partito Operaio e Popolare.

I referendum sembrano aver separato nettamente destra e sinistra. Da una parte Economie Suisse, la confindustria svizzera, e partiti borghesi, dall'altra sindacati e partiti operai. È così anche a livello di elettorato?

Evidentemente no, altrimenti i voti contrai alla riforma dell'imposizione delle aziende avrebbero dovuto essere il 90% mentre solo il 10%, gli imprenditori, avrebbero dovuto votare si. Gli elettori sono invece spaccati a metà, questo significa che una fetta considerevole dei ceti popolari continua a seguire i consigli di voto della destra e del padronato. D'altra parte essere riusciti come sinistra e forze sindacali ad ottenere il 50% e oltre dei consensi su dei temi concreti, quando sul piano elettorale la sinistra allargata alla socialdemocrazia e ai verdi non passa il 30%, significa che ci sono ampi margini di crescita. In quanto Partito Operaio e Popolare (POP, sezione ticinese del Partito Svizzero del Lavoro) siamo soddisfatti di aver contribuito, anche in fase di raccolta firme a questa campagna vittoriosa, anche quando il Partito Socialista titubava sul lancio del referendum.

Uno degli argomenti contro la riforma dell'imposizione delle aziende era il rifiuto di un modello di sviluppo basato su tasse basse e lavoratori frontalieri, spesso italiani, pagati molto poco, secondo gli standard svizzeri. Dopo il referendum che possibilità ci sono che il paese cominci un percorso diverso?

Gli argomenti di campagna sono stati molti, quello che sollevate è solo un aspetto, che riguarda in particolare il canton Ticino che confina con l'Italia. Come POP non abbiamo sviluppato la campagna fiscale attorno al tema del frontalierato, anche se opportunisticamente avrebbe magri pagato di più. La ragione è molto semplice: non c'è una vera propria correlazione tra aziende che paga salari “italiani” in Svizzera e aziende a statuto speciale che praticamente non pagano imposte. Molti frontalieri lavorano nelle piccole e medie aziende dell'edilizia, nel commercio al dettaglio, nella ristorazione, questo tipo di aziende non beneficia di tassazioni speciali e non ne avrebbe beneficiato in futuro. Le grosse multinazionali che invece sfruttano il paradiso fiscale Svizzera non sempre impiegano manodopera a basso costo in Svizzera, anche se va detto che in Ticino l'esempio di Gucci è in controtendenza, visto che paga i propri dipendenti 1800.- Euro, ossia 3200 Euro in meno del salario mediano nel cantone. Rispetto all'idea che ci possa essere un cambiamento di rotta sinceramente non penso, non c'è ancora un solido movimento popolare d'opposizione. Una qualche vittoria ogni tanto a sinistra la otteniamo, ma poi si sta già pensando ai referendum di giugno... e poi quelli di settembre... sempre impegnati a raccogliere firme mentre il padronato continua a massimizzare i profitti.

Nel Canton Ticino, il No alla riforma delle tasse ha sfiorato la vittoria col 48,8% e il Sì alla naturalizzazione degli immigrati di terza generazione ha vinto col 50,2%. Tutto questo in un cantone dove sono in maggioranza i partiti borghesi e il primo partito è la Lega dei Ticinesi, omologa della nostra Lega Nord. Qual è il significato di questo risultato per il Cantone?

Sui risultati nel cantone di lingua italiana come POP non possiamo essere soddisfatti, sebbene la destra abbia subito certamente una bella lezione. Tutta la sinistra assieme al movimento sindacale ha partecipato al lancio di tre referendum cantonali contro delle misure di risparmio e due di queste sono purtroppo state accettate dalla popolazione. Inoltre la riforma fiscale in Canton Ticino è passata, per cui oggi il Governo cantonale intende promuovere una riforma fiscale sul piano locale per “rispettare” la volontà popolare. La buona notizia in Ticino è la sconfitta dell'estrema destra sulla votazione per la facilitazione delle naturalizzazioni per la terza generazione di migranti. In Ticino in votazioni simili da diversi anni il tandem di estrema destra Lega dei Ticinesi – UDC aveva sempre vinto, mentre questa volta l'alleanza tra sinistra e borghesi liberali ha permesso di far passare questa misura, che benché non sia rivoluzionaria va nella buona direzione.

18/02/2017 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:CHF100_7_front_horizontal.jpg

Condividi

L'Autore

Paolo Rizzi
<< Articolo precedente
Articolo successivo >>