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Turchia: stop a Erdogan e al suo presidenzialismo

Per la prima volta dopo 13 anni al potere, il partito conservatore del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, l’Akp, perde la maggioranza assoluta. Sfuma così l’idea del discusso leader incontrastato della scena politica turca di dare vita a una repubblica presidenziale.  


Turchia: stop a Erdogan e al suo presidenzialismo

Le elezioni sono state un referendum su di lui, l'autoritario Erdogan che perde in un colpo maggioranza, 10% di voti e 67 seggi. Erdogan voleva la maggioranza assoluta per poter riscrivere la Costituzione a suo uso presidenziale ed è riuscito invece a perdere la maggioranza relativa necessaria al suo partito per governare. Un partito dei curdi invece col 12,9% supera lo sbarramento ed entra per la prima volta in Parlamento. 

di Ennio Remondino

Per la prima volta dopo 13 anni al potere, il partito conservatore del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, l’Akp, perde la maggioranza assoluta. Sfuma così l’idea del discusso leader incontrastato della scena politica turca di dare vita a una repubblica presidenziale. L’Akp si conferma primo partito, ma dovrà formare un governo di minoranza o cercare alleati. Mentre il partito di sinistra curdo dell’Hdp, nato nel 2014 e alla sua prima prova elettorale, ha superato la difficile soglia dello sbarramento parlamentare al 10% e potrà entrare in Parlamento: anche questa una prima volta.

Il movimento di ispirazione islamica di Erdogan ha ottenuto poco più del 40% dei voti e 258 seggi, mentre ne servono 276 per la maggioranza: rispetto alle elezioni del 2011 un calo del 10% e di 67 parlamentari. Il kemalista Chp, all’opposizione, ha conquistato circa il 25% dei suffragi (131 deputati); il nazionalista Mhp oltre il 16% (82); il filo-curdo Hdp ha sfiorato il 13% ed entra in in Parlamento con 78-80 deputati, parlamentari che in precedenza andavano a finire in gran parte all’ AKP di Erdogan. In teoria le opposizione potrebbero formare un governo di coalizione avendo più di 290 seggi. 

La sconfitta di Erdogan è tanto più cocente dato che puntava non solo a conquistare ancora una volta la maggioranza assoluta ma anche a superare il 60% dei voti in modo da poter indire un referendum per attribuire alla presidenza -quindi a se stesso- il potere esecutivo, trasformando la Turchia in una Repubblica presidenziale. Nonostante la Costituzione gli imponesse di essere super- partes, Erdogan aveva fatto una campagna martellante per l’Akp, chiedendo in mille comizi 330 seggi per proclamarsi ‘superpresidente’ con pieni poteri, mentre l’opposizione ne denunciava l’autoritarismo. 

Erdogan è stato ridimensionato da questa tornata elettorale, ma la Turchia si conferma un Paese conservatore. I nazionalisti dell’Mhp hanno avuto un buon risultato e potrebbero allearsi per l’Akp.L’altra possibilità è che Erdogan cerchi di promuovere un governo di minoranza dell’Akp guidato dal premier uscente Ahmet Davutoglu fino a nuove elezioni. Chp, Mhp e Hdp potrebbero cercare di trovare un’intesa, nonostante le scintille fra l’Hdp e l’Mhp, almeno per togliere all’Akp le leve del potere fino al voto anticipato, che spetta allo stesso presidente Erdogan decidere se e quando convocare. 

Il partito di Erdogan ha perso consensi in particolar modo nel sud est curdo dove l’Hdp di Demirtas, è riuscito ad attirare parte del voto che alle elezioni 2011 era andato a Erdogan. Voti contro anche nelle regioni lungo il confine con la Siria, dove è forte il malcontento per la politica aggressiva del presidente, accusato di appoggiare i gruppi jihadisti che hanno causato migliaia di profughi siriani. Il “Podemos curdo” è figlio della rivolta nel 2013 dei ragazzi di Gezi Park contro la deriva autoritaria e islamica imposta al Paese. A lui gran parte del voto dei 3 milioni di giovani che hanno votato per la prima volta. 

remocontro 

13/06/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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Ennio Remondino
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