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La grande truffa dell’abolizione delle Province

Una campagna mediatica ossessiva presenta la soppressione delle Province come un “risparmio”. È tutto falso: quello che si è abolito (con una legge ordinaria!) è solo il diritto dei cittadini a eleggere i loro rappresentanti.


La grande truffa dell’abolizione delle Province

Una campagna mediatica ossessiva presenta la soppressione delle Province come un “risparmio”. È tutto falso: quello che si è abolito (con una legge ordinaria!) è solo il diritto dei cittadini a eleggere i loro rappresentanti. Mentre restano le funzioni delle Province si negano loro i fondi necessari per svolgerle. Ma si preparano le proteste e fioccano i ricorsi di incostituzionalità.

Il 12 ottobre 2014 in Italia si è celebrata la morte della democrazia rappresentativa garantita dalla nostra Carta Costituzionale fin dal 1948. Per la prima volta nella storia del nostro Paese, infatti, ai cittadini italiani è stato impedito di votare per i propri rappresentanti nei consigli delle 107 Province e delle 9 Città metropolitane (Torino, Milano, Venezia Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria). Ovvero, è stato abolito il loro diritto di voto. E questo è avvenuto con un golpe soft, legittimato dal governo Renzi con una semplice legge ordinaria, la cosiddetta legge Delrio del 7 aprile 2014, e preparato ad arte da un martellamento mediatico asfissiante sulla necessità di abolire le Province in quanto enti elefantiaci, divoratori di soldi pubblici e quindi inutili. Tanto che è opinione diffusa che le Province siano già state abolite. Invece no. Ad oggi, le Province ci sono e sono operative. Proprio secondo l’art. 114 del Titolo V della Costituzione (non ancora riformato), in quanto enti autonomi costitutivi della struttura stessa del nostro Stato Repubblicano fondato su Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni. Con propri statuti, poteri e funzioni.

Nate prima dell’Unità d’Italia, nel 1859, le Province sono le più antiche istituzioni dopo i Comuni, e, ad oggi, costano solo lo 0,2% del totale pur svolgendo funzioni di grandissima rilevanza sociale come la pianificazione territoriale, la tutela dell’ambiente e la sicurezza del suolo, la costruzione e la gestione delle strade provinciali, la pianificazione dei trasporti, la gestione dell’edilizia scolastica. Funzioni che la legge Delrio continua a riconoscere loro ma in uno scenario drammaticamente stravolto. E la maniera diabolica per convincere gli italiani che le Province non funzionano e quindi devono essere abolite sta in questi termini. Quelle stesse funzioni fondamentali riconosciute dalla legge Delrio dovranno essere svolte con un taglio ai finanziamenti di circa un miliardo di euro e con soli 13.000 dipendenti sugli originari 52.000. E questo a partire dal 1° gennaio 2015. Tanto che, ad oggi, le Province hanno denunciato pubblicamente che dal 1° gennaio dovranno chiudere, per mancanza di fondi, i Centri per l’impiego per dare ai lavoratori licenziati una nuova opportunità di lavoro e non potranno più garantire il riscaldamento nelle scuole superiori che gravitano nella loro sfera di intervento. Ed ecco svelato il trucco dei grandi rottamatori: senza soldi e senza personale le “nuove” Province dovranno pur capitolare sotto gli attacchi della gente infuriata, ancor prima di passare al vaglio del lungo e complesso iter previsto da una riforma costituzionale.

In più, quei cittadini infuriati non sapranno a chi rivolgere le loro richieste perché non sono più rappresentati da propri consiglieri provinciali. Il nuovo consiglio provinciale dell’era renziana è composto, infatti, solo da consiglieri comunali e sindaci che si sono eletti tra di loro e non rappresentano assolutamente la popolazione che vive in quell’area. Facile, quindi, convincere la gente che le Province siano enti da eliminare. Ma in Italia c’è ancora chi non si presta al gioco. Innanzitutto i lavoratori delle Province che sono sul piede di guerra perché 39.000 di loro dovranno essere smistati come pacchi postali in altri enti ed in altre amministrazioni di cui ancora non si sa nulla. Poi, avvocati, costituzionalisti e cittadini “pensanti”. Che hanno ben capito che, se passa il principio che con una legge ordinaria si può abolire un diritto costituzionale fondamentale come il diritto di voto, si potrebbero aprire, a breve, le porte per una dittatura del terzo millennio. La dittatura delle semplificazioni. Niente più diritto di voto e niente più rappresentanti dei cittadini in quel che resta delle istituzioni costitutive dello Stato, Comuni e Regioni: tanto per la Camera ci sta già pensando Renzusconi con l’Italicum e per il Senato è in progress la controriforma costituzionale. E’ talmente palese che la legge Delrio è anticostituzionale e quindi illegittima che in tutta Italia sono partiti i ricorsi ai vari Tribunali e Tar regionali. 

Hanno già fatto ricorso al Tar quattro Regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna) e l’Unione delle quattro Province del Friuli-V.G.. Un pool di avvocati ha fatto ricorso al Tar Lombardia contro le elezioni della Città metropolitana e della Provincia di Milano ed un gruppo di cittadini al Tar Campania contro le elezioni della Provincia di Avellino. In Toscana i compagni delle due Federazioni di Rifondazione Comunista di Pisa e Siena stanno sostenendo i ricorsi ai propri Tribunali territoriali contro le elezioni delle due Province insieme ai lavoratori, cittadini residenti e membri dei comitati in difesa della Costituzione. Notizie che non passano sui media, come non è passata la notizia-bomba del Tar del Friuli che, lo scorso 8 ottobre, ha accolto il ricorso contro le elezioni della Provincia di Pordenone chiedendo alla Corte Costituzionale di dichiarare l’illegittimità costituzionale della legge Delrio per violazione degli articoli 1, 3, 5, 48, 113, 117, 118 e 119 della Costituzione

 


 

05/12/2014 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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