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Una sfida nella sfida

#accettolasfida: è l’hashtag che ha contraddistinto la campagna elettorale della lista “Potere al Popolo”.


Una sfida nella sfida Credits: occhiodinapoli.it

Sono candidato di Potere al Popolo al collegio uninominale Lazio 4 del Senato. Personalmente ho accettato la sfida presentandomi come “attivista contro la privatizzazione dei servizi pubblici locali” ovvero di tutti quei servizi che sono da ritenere beni comuni di tutta la cittadinanza, funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali che consentono il libero sviluppo della persona.

Il programma di Potere al popolo si caratterizza certamente, unico nell’avvilente panorama politico schiacciato sull’emergenzialità securitaria, per l’obiettivo della redistribuzione della ricchezza, per la ripresa della conflittualità sociale quale motore di forme più avanzate di democrazie e progresso. In questo contesto c’è da chiedersi: il progetto di società alternativa al capitalismo che noi auspichiamo può oggi prescindere dalla tutela dei beni comuni? Ritengo di no.

Se questo è vero, è bene allora interrogarsi sul rapporto che oggi può e deve esistere con la conflittualità sociale: da quella tradizionale, di categoria, a quella nuova, su scala metropolitana, di cui lo sciopero sociale romano di Settembre 2017 è stata la pratica evidente. In questo senso il terreno della difesa e della gestione dei beni comuni costituisce una sfida nella sfida e interroga la sinistra sociale e politica, proponendo nuovi orizzonti.

Un aiuto nella definizione di queste connessioni ce lo fornisce paradossalmente la stessa pratica neoliberista che, ove ha privatizzato servizi pubblici locali, ha imposto l’abbassamento del salario dei lavoratori, la precarizzazione dei rapporti di lavoro, la riduzione dei diritti. Non bisogna scomodarsi e andare in giro per l’Europa a cercare esempi. È sufficiente la vicenda della società privata Roma TPL che oggi copre all’incirca il 25% dei servizi di mobilità della Capitale. Trattasi infatti di un’azienda che già ha praticato la riduzione salariale e che sistematicamente paga gli stipendi con mesi di ritardo. Tutto ciò avviene senza che venga fornito, rispetto ad ATAC, un servizio qualitativamente migliore e nell’assenza di investimenti per l’ammodernamento e la sostituzione del parco mezzi o la progettazione di piani di mobilità eco sostenibili, alternativi a quelli tradizionali su gomma.

Un altro esempio eclatante? La crisi idrica romana dell’ultima estate che ha palesato il fallimento del modello privatistico ACEA che, se da un lato provoca un disastro ambientale a Bracciano con captazioni fuori controllo, dall’altro non garantisce gli investimenti per sanare la rete idrica colabrodo. L’unica garanzia? I profitti dei privati a cui sono stati distribuiti dal 2010 al 2015 mediamente 65 milioni di euro l’anno.

Se le privatizzazioni in Italia e nel mondo hanno evidentemente fallito, bisogna allora porsi degli obiettivi strategici che consistono nella riappropriazione dei beni comuni ovvero nella loro ripubblicizzazione, nella negazione di qualsiasi forma di lucro su tali beni e nella partecipazione diretta alla loro gestione da parte dei cittadini e dei lavoratori stessi.

Torna dunque prepotentemente alla ribalta un tema, quello dell’esercizio della sovranità che percorre tutte le 15 cartelle del nostro programma. Le modalità e le pratiche del controllo popolare, dal basso sono il terreno su cui dovremo cimentarci durante e dopo la campagna elettorale.

24/02/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: occhiodinapoli.it

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L'Autore

Fulvio Parisi
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