Punteruolo Rosso, il parassita che ammazza la sinistra

C’è un parassita che ha infettato la sinistra e che potrebbe fare danni enormi.


Punteruolo Rosso, il parassita che ammazza la sinistra

C’è un parassita che ha infettato la sinistra e che potrebbe fare danni enormi se non si prendono le dovute medicine e precauzioni cioè se non si cambia linea e gruppi dirigenti e se non si assume una bella dose di formazione. Questo parassita, al pari del punteruolo rosso, erode dall’interno, esso attacca l’organo vitale e centrale del marxismo cioè l’elemento dialettico. Svuotando il metodo marxista della sua linfa vitale rimane uno fossile vuoto e sterile, un alternativismo spicciolo di facciata.

di Pasquale Vecchiarelli

Il dibattito in ambito marxista sull’attuale crisi capitalistica, che si protrae ormai da oltre quaranta anni, è ampio e articolato, è possibile però notare e sintetizzare alcuni punti nodali sui quali convergono e vanno consolidandosi ormai la maggior parte delle analisi:

a) la crisi, iniziata negli anni 60, è una crisi da scarsa valorizzazione del capitale

b) la crisi ha prodotto lo spostamento dei capitali nell’area della speculazione e quindi la speculazione è figlia della crisi e non il contrario.

c) il processo dialettico di mutazione transnazionale del capitale finanziario [1], innescato e sospinto dai fenomeni di centralizzazione e concentrazione quindi come risultato dei tentativi di superamento della crisi da parte del capitale.

d) lo sviluppo di organismi sovranazionali (BM, FMI,UE) come necessità, nella nuova fase transnazionale [2], di una gestione politica del conflitto tra quei capitali che attraversano gli Stati e sono riuniti in poli imperialistici (l’Unione Europea è un polo imperialista).

e) della conseguente ridefinizione del ruolo degli Stati da un lato come mediatori all’interno del gruppo imperialistico per conto dei capitali a base nazionale più forti e dall’altro come esecutori locali del dettato antioperaio sovranazionale.

f) al contrario di quanto affermato in alcune teorie sulla “pacificazione mondiale”, con l’avvento della “globalizzazione” il conflitto permane e si configura sia tra poli imperialistici per il dominio sul mercato mondiale sia per l’egemonia all’interno dei singoli poli.

g) le guerre tra poli imperialistici sono attualmente in corso e avvengono per interposta persona per la spartizione delle aree strategiche, per le risorse energetiche e le vie commerciali.

h) la guerra tra i poli imperialistici dominanti (UE, Giappone, USA) per la nuova spartizione del globo si svolge anche sul terreno valutario.

Un’analisi approfondita ed organica dei punti precedenti permette di delineare il quadro della realtà e quindi dei rapporti di forza nei quali muove i suoi passi il movimento comunista. All’interno di questo quadro emerge con chiarezza il carattere imperialista costituente dell’Unione Europea, il suo sviluppo come aggregazione di capitali transnazionali uniti nel momento della lotta di classe contro i lavoratori, nemici nel momento di spartirsi il bottino, comunque alleati per competere con gli altri poli imperialistici nella conquista del mercato mondiale. Emerge con ulteriore chiarezza come l’UE, impenetrabile democraticamente[3], si configura come nemica giurata di quelle esperienze embrionali nella prospettiva della transizione e insieme all’euro costituisce una vera e propria gabbia di ferro per i lavoratori.

Dunque mentre il dibattito nell’area marxista delinea il carattere irriformabile dell’UE, questa teoria stenta a penetrare all’interno del cerchio più ampio della Sinistra Europea ancora appiattita e arretrata sulla posizione utopista della riforma democratica dell’UE nella prospettiva dell’ Europa dei Popoli nata a Ventotene. Non v’è dubbio che la parzialità dell’orizzonte europeo, come perimetro all’interno del quale giocare la battaglia democratica per la riformabilità dell’Unione, produce tra le altre cose un pericoloso scivolamento sul terreno, sciovinista, della competizione tra capitali interni al polo imperialista europeo ovvero uno stravolgimento del concetto di lotta da lotta di classe in lotta “centro-periferia”. Questa tendenza è peraltro facilmente osservabile negli ultimi mesi: il sostegno a Syriza si è presto trasformato nel sostegno al popolo della Grecia contro la Germania (le nozioni di popolo e le bandiere della Grecia vengono non a caso usate anche da formazioni neofasciste come Casapound) rivelando tutta la debolezza di una visione scarsamente di classe e realmente internazionalista.

Stante questa premessa la questione che si pone e alla quale dobbiamo assolutamente provare a rispondere è relativa alle ragioni che impediscono il salto qualitativo della sinistra europea verso una ricompattazione ideologica in seno al marxismo.

La risposta a questa domanda è complessa e andrebbe ricercata nello studio dello sviluppo storico dei partiti che compongono la Sinistra Europea [4]. Alcune vecchie categorie come l’opportunismo e il massimalismo potrebbero risultare di ausilio per capire determinate derive attuali, vorrei però soffermarmi, partendo dal presupposto che non esiste la terza via [5], su un elemento diverso e per certi versi più grave e cioè il grado di penetrazione dell’ideologia dominante all’interno dei partiti di sinistra.

In particolare c’è un aspetto che a mio avviso merita particolare attenzione ed è la capacità dell’ideologia borghese di penetrare e “infettare” il corpus marxista agendo in particolare sulla sistematica erosione del nucleo centrale dialettico: il risultato in sé e per sé è ciò che conta, l’analisi del processo che ha prodotto tale risultato è un fardello inutile e pesante del quale liberarsi al più presto.

La tendenza è quella di analizzare la realtà all’interno di finestre temporali e spaziali sempre più strette, a guisa di esempio possiamo osservare l’ossessione che i partiti della sinistra europea hanno per le elezioni ponendo queste come obiettivo strategico.

Le recente vicenda Greca con la vittoria di Tsipras può essere usata per meglio capire questo punto partendo proprio da alcune riflessioni fatte dalla dirigenza di Rifondazione Comunista [8], passando per vari intellettuali tradizionali come Marco Revelli [6], per arrivare ai vari battitori singoli come Paolo Ciofi [7] o dirigenti delle numerose correnti del variegato panorama della sinistra da bere delle “terre di mezzo”[9],la questione viene posta acriticamente in questi termini sostanziali:

1. Il motto “Cambia la Grecia cambia l’Europa” era sbagliato perché non teneva conto dei rapporti di forza ma rimane valido e si rafforza nel medio periodo dopo la vittoria di Tsipras che sancisce la sconfitta della Merkel e la nascita di una nuova sinistra “post-nazionale”.

2. Il percorso di Syriza e in particolare la vittoria alle elezioni si configura come l’elemento dal quale traggono origine i cedimenti dei partiti borghesi come SPD e PD e prendono forza per nascere e svilupparsi le varie tendenze alternative come l’ascesa di Corbyn alla guida del Labour e Podemos in Spagna.

3. In assenza di Tspiras ci sarebbe la barbarie.

Mentre sulla prima parte del primo punto siamo perfettamente d’accordo nel senso che l’incapacità di leggere i rapporti di forza in campo è il risultato diretto della rimozione del metodo marxista, sulle altre vale la pena soffermarsi maggiormente e notare come tutte le analisi sono pervase da uno stesso errore di fondo: il motore del movimento storico viene posto totalmente sul piano dell’azione soggettiva e da questa unica prospettiva unilaterale ed astratta si osserva tale movimento.

Ma cosa significa astrarre dalla materialità storica e investire l’elemento soggettivo (peraltro a carattere puramente elettoralistico) di tutte le capacità (e le speranze) di trasformazione della società? E cosa comporta questo?

Non v’è dubbio che l’astrazione puramente soggettivista della realtà, ottenuta mediante la rimozione dell’elemento dialettico dall’analisi marxista, sposta la prospettiva di analisi dal livello socio-economico, cioè immediatamente sociale ed economico, al livello esclusivamente sociale, morale, divenendo difatti anti-marxista e facile preda dell’individualismo. Sotto questa prospettiva antidialettica diviene impossibile leggere i processi nella loro totalità e complessità, come storicamente determinati, il cui sviluppo e movimento è sempre il risultato della complessa relazione soggetto oggetto.

Nel procedere lungo questa direzione antidialettica iniziano a sorgere due ordini di problemi:

Da un lato vi è l’incapacità di essere aderenti alla realtà, di vivere politicamente dentro il movimento, e quindi di coglierne quegli elementi cardine anche laddove si sono prodotti risultati parzialmente positivi (nel caso della Grecia ad esempio non si pone mai significativamente l’accento sul rapporto tra le caratteristiche specifiche della crisi greca e quindi come le lotte costruite sopra di esse dalle avanguardie comuniste dentro e fuori dal sindacato hanno inciso nello sviluppo delle coscienze); da questo consegue l’incapacità a prevederne le tendenze di lungo periodo e quindi di essere avanguardia del movimento: non cogliendo le leggi del movimento non si può che porsi alla coda di esso ed in balia dei suoi confusi spostamenti.

La crisi sta portando con sé in Italia come in altri paesi una serie di trasformazioni importanti in ambito sociale e sindacale, le forme di lotta (e di passivizzazione) in questi campi si stanno modificando radicalmente, siamo interni a questi cambiamenti? Possiamo dire di poterne assumere la guida? Evidentemente no.

La strategia puramente soggettivista-elettoralista priva di un radicamento forte nella classe impedisce in ultima istanza l’elaborazione (sul piano politico) di un programma minimo di fase che produca una prassi effettivamente rivoluzionaria annientando tutte le potenziali capacità egemoniche dei comunisti e ponendo un serissimo problema di autonomia.

Difatti astraendo dalla materialità storicamente determinata ciò che rimane è solo un dichiararsi alternativo a parole, “L’altro x”, ma quest’alternatività, funzionale solo allo smarcamento elettorale, nella prassi rimane invece una terra inesplorata, un concetto astratto e appeso che inevitabilmente produce nelle coscienze l’esatto opposto di ciò che si ripromette e cioè la perfetta sostituibilità con l’ “altro” rispetto al quale ci si dichiara alternativi.

 

Note:

[1] Capitale finanziario inteso secondo la definizione di Lenin in “Imperialismo fase superiore del capitalismo”

[2] Per maggiori approfondimenti sul tema del capitalismo transnazionale rimandiamo al libro di Maurizio Brignoli “Storia dell’imperialismo” e agli scritti di Gianfranco Pala scaricabili dal sito della rivista La Contraddizione.

[3] Basti osservare i meccanismi di votazione nel Consiglio dell’Unione Europea

[4] http://www.lacittafutura.it/speciali/la-sinistra-in-europa.html

[5] Che Fare, Lenin 1902: “[…] Dal momento che non si può parlare di una ideologia indipendente, elaborata dalle stesse masse operaie nel corso stesso del loro movimento, la questione si può porre solamente così: o ideologia borghese o ideologia socialista. Non c'è via di mezzo (poiché l'umanità non ha creato una "terza" ideologia, e, d'altronde, in una società dilaniata dagli antagonismi di classe, non potrebbe mai esistere una ideologia al di fuori o al di sopra delle classi). Ecco perché ogni menomazione dell'ideologia socialista, ogni allontanamento da essa implica necessariamente un rafforzamento dell'ideologia borghese […]”

[6] http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=19507

[7] http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=19492

[8] http://www.eunews.it/2015/09/21/ferrero-il-memorandum-non-ha-sconfitto-la-sinistra-tsipras-ha-sconfitto-merkel/41731

[9] Ricorderete tutti che alle scorse elezioni Europee la posizione tattica di Vendola, con il quale i vari soggetti che ho elencato pensano di poter costituire un polo di lotta anticapitalista o antiliberista, passata alla storia per la sua inimitabile torsione acrobatica, era: “noi ci collochiamo nella terra di mezzo tra Tsipras e Schulz”

03/10/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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