Il governo Meloni porta l’Italia in guerra?

Il governo italiano ha deciso di partecipare con una propria nave militare alla coalizione, a guida USA, per il pattugliamento del Mar Rosso, dove le navi mercantili che riforniscono Israele sono attaccate dagli Houthi, in sostegno alla resistenza palestinese.


Il governo Meloni porta l’Italia in guerra?

Il governo Meloni sta trascinando, nel silenzio complice dei media concentrati su altro, il nostro Paese in un conflitto militare aperto. Ha infatti deciso di partecipare alla spedizione a guida USA per il pattugliamento del Mar Rosso, dove gli Houthi stanno attaccando le navi mercantili che riforniscono Israele. Gli Houthi hanno dichiarato che non fermeranno gli attacchi, fino a quando Israele non fermerà la sua aggressione a Gaza.

In questo modo il governo di Sana’a sta sostenendo la resistenza palestinese, costringendo le navi che riforniscono lo stato ebraico, e l’Unione Europea, ad aggirare lo stretto di Suez, doppiando il Capo di Buona Speranza. Ciò comporta tempi più lunghi di trasporto, maggior consumo di gasolio e aumento dei costi della filiera logistica del 12%. In sostanza una forma di “bloqueo” manu militari contro lo stato ebraico, ma che coinvolge anche gli altri destinatari delle merci delle stesse navi, con grossi rischi inflazionistici nell’area euro. 

Il prezzo del petrolio è salito del 7% in tre giorni dopo il sequestro da parte degli Houthi della nave mercantile Galaxy Leader. La rotta del sequestro coinvolge, infatti, circa il 10% del traffico mondiale del petrolio e le navi mercantili hanno smesso praticamente di fare scalo ad Eliat, il porto israeliano nel Mar Rosso. È salito anche il prezzo del gas nella borsa di Amsterdam del 3% poiché per quella rotta passa il GNL proveniente dal Qatar.

In un primo tempo il sostegno degli Houthi alla resistenza palestinese in seguito al pesantissimo attacco israeliano a Gaza si era limitato al lancio simbolico di alcuni missili, intercettati dalla contraerea sionista. Successivamente sono state prese di mira le navi mercantili che passano per il Mar Rosso, via principale di transito delle merci dall’Asia ai Paesi mediterranei ed europei. Ciò ha determinato già un aumento notevole dei costi assicurativi delle navi, che sono quintuplicati, e sempre più compagnie stanno optando per la via commerciale più lunga (di circa il 40%), con un aumento dei tempi di consegna di circa due settimane .

Per questo il governo Meloni ha anticipato l’invio della fregata missilistica Virginio Fasan, che era previsto a febbraio 2024 nell’ambito della missione antipirateria “Atlanta”. Gli Stati Uniti hanno creato una coalizione multinazionale per lanciare questa operazione di protezione delle navi commerciali che transitano per il Mar Rosso. A questa coalizione hanno aderito, secondo il Pentagono, Regno Unito, Canada, Francia, Spagna, Paesi Bassi, Norvegia, Sychelles, Bahrein e Italia. L’operazione è stata chiamata Prosperity Guardian, ad indicare chiaramente quale è la posta in gioco.

Il governo Meloni ha aderito con entusiasmo all’operazione dopo la videochiamata del 19 dicembre tra il segretario alla difesa statunitense, Llyod Austin, e il ministro della difesa italiano, Guido Crosetto, non discutendo, per ora, la missione militare in Parlamento. Secondo il governo italiano la nave italiana non sarà operativa nella nuova missione militare, ma opererà all’interno delle missioni antipirateria “Atlanta” e “Emasoh/Agenor” già operative sul posto, e pertanto non è necessaria una discussione parlamentare. Tuttavia è ovvio che la nave italiana sarà integrata nel comando statunitense.

La missione è tutt’altro che semplice e a forte rischio di escalation. Da un semplice pattugliamento per far desistere gli sporadici attacchi degli Houthi alle navi commerciali potrebbe facilmente trasformarsi in un’aggressione militare allo Yemen, tanto che il gruppo di attacco della portaerei Dwight D. Eisenhower sta già scaldando i motori ai caccia nel Golfo di Aden. Infatti sia gli USA che gli Houthi hanno fatto dichiarazioni bellicose. Gli Houthi sostengono di avere i mezzi per affondare le navi occidentali, in quanto vedono nell’operazione a guida USA una violazione dei confini dello Yemen nel Mar Rosso.

Inoltre se ad oggi gli altri attori dell’area, come Iran, Siria e Hezbollah, avevano deciso di non farsi coinvolgere direttamente nel conflitto con Israele dall’azione avventurista di Hamas del 7 ottobre, con un’aggressione a guida USA allo Yemen si potrebbe infiammare l’intera area. La Siria, per ora, non ha mai reagito alle innumerevoli provocazioni sioniste mediante gli attacchi missilistici all’aeroporto di Damasco. Gli Hezbollah hanno limitato il lancio di razzi alle postazioni israeliane nella parte occupata del Libano, tenendo l’esercito di Israele impegnato sul fronte nord. Il governo iraniano invece non sembra essere andato oltre le dichiarazioni.

D’altronde tutte le altre forze del cosiddetto “asse della resistenza” ricordano bene che Hamas si schierò con i ribelli islamisti contro il governo di Assad. Certo, successivamente c’è stato un riavvicinamento tra Hamas e questi paesi, con il cambio dei vertici di Hamas, ma nessun attore locale vuole in questo momento una guerra aperta con Israele. Nasrallah nel suo discorso molto atteso del 3 novembre non ha gettato ulteriore benzina sul fuoco, sostenendo di fatto la posizione di un cessate il fuoco piuttosto che quella di un’estensione del conflitto. E sopratutto nessuno di questi attori locali vuole farsi dettare la propria agenda internazionale dalle scelte dell’organizzazione islamista palestinese.

E’ da segnalare come i governi arabi tradizionali alleati dell’Occidente, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, si sono tenuti fuori dalla coalizione a guida statunitense. Dopo gli accordi, patrocinati dalla Cina, tra Teheran e Riad, c’è stato il volo, con propria scorta militare, di Putin nelle capitali di questi Paesi. Sicuramente Putin avrà discusso con Mohammed Bin Salman e Mohammed bin Zayed Al Nahyan anche della possibile escalation nell’area. Tanto che la Russia ha inviato un proprio sottomarino armato di missili Kalibr nel Mar Mediterraneo. L’unico stato arabo ad aver aderito, ad oggi, alla coalizione anti-Houthi a guida statunitense è il Bahrein, che si è distinto nel 2011 per la feroce repressione della maggioranza sciita, che aveva dato luogo alle primavera araba locale.



  

22/12/2023 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Marco Beccari

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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