L’introduzione di una tecnologia all’interno di un processo sociale non è una questione che attiene al piano esclusivamente pratico ma si ripercuote sul piano teorico delle sovrastrutture.
Anche se viviamo nell’era dell’informatica non tutti hanno dimestichezza con tale strumento e anche chi ha una dimestichezza pratica a volte trova difficile cogliere i legami profondi e le linee di sviluppo che tale mondo pratico si trascina con sé a livello delle sovrastrutture e nelle relazioni umane. È interessante, dunque, cogliere all’interno della proposta politica di utilizzare una piattaforma informatica per gestire la democrazia interna di Potere al Popolo le finezze di carattere tecnico e porre anche lo sguardo alle ricadute sul piano teorico.
Come ricordava la compagna e professoressa Alessandra Ciattini nella sua prima lezione del corso di Storia della riflessione sulla religione tenuto presso l’Università Popolare A. Gramsci, sollecitata sul tema in oggetto: “[…] le persone debbono sentirsi parte di una comunità, debbono condividere una serie di idee, debbono avere dei legami, dei dissidi […] la piattaforma non può sostituire l’affinità politica. Gramsci intende l’attività politica come un processo di cambiamento interiore a cui deve corrispondere un cambiamento profondo del comportamento. Il marxismo è una teoria scientifica ma in Marx c’è anche un afflato etico politico, una presa di posizione nei confronti del mondo... La scelta del razionalista, che consiste nel conoscere e dunque nel poter trasformare il mondo, è una scelta morale”.
Da questo punto di vista non si comprende come sia impossibile trattare il tema della piattaforma informatica, per la gestione della democrazia interna ad un soggetto politico che si pone il problema della trasformazione radicale, senza che vi sia una comprensione profonda di ciò che è insito proprio nel concetto di trasformazione radicale. Non è dunque possibile derubricare il problema della piattaforma a mera questione pratica essendo che di mezzo vi sono proprio quelle relazioni umane che costituiscono il primo approdo della trasformazione radicale.
Nel tentare di separare i problemi pratici da quelli teorici vi è inoltre il rischio - molto presente in alcune tendenze di PaP- di cedere alla tentazione tipicamente borghese secondo la quale sussisterebbe una distinzione tra fatti e valori. Essendo dunque che la teoria è la prassi che prende coscienza di se stessa e la prassi il presentarsi nella realtà di una teoria, questi due momenti sono inseparabili e secondo questa prospettiva tenteremo di analizzare la proposta della piattaforma.
La piattaforma di cui si è discusso in alcune assemblee di potere al popolo, e che sembra essere la proposta principale, si chiama LiquidFeedback (LQFB). Tale piattaforma si presenta come un mini-sistema operativo raggiungibile ad un determinato indirizzo IP per mezzo di un classico web-browser.
La piattaforma è installata, nelle maggior parte dei casi, su una macchina virtuale, in cui sono presenti altri programmi necessari al suo funzionamento, la quale risiede presso un server remoto di qualche centro di calcolo (si usa definire questa procedura con il termine Cloud) generalmente di proprietà di un operatore di servizi informatici. La centralizzazione nel mondo informatico sta producendo una riduzione degli operatori di servizi Cloud: al momento i principali attori del mercato sono il Cloud di Amazon e Azure di Microsoft.
È utile tenere a mente questo fatto non di poco conto: nel caso che la piattaforma venga ospitata su uno spazio fisico di proprietà di terzi essa è soggetta inevitabilmente al controllo di tali terzi - e non c’è crittografia che tenga - e alle leggi dello Stato in cui fisicamente sono installati i server. In alcuni casi quando si sottoscrive un contratto con tali operatori non è neanche chiaro dove sono fisicamente dislocati i server: Alaska, Patagonia, Islanda, ecc.
Per essere ancora più chiari: tutto ciò che viene elaborato sulla piattaforma è nelle disponibilità del nemico di classe che può in qualsiasi momento chiuderla e cancellare tutto. Per una organizzazione che si propone rivoluzionare l’esistente è un dato da tenere presente.
Ovviamente, andando contro a tutte le dinamiche di sviluppo attuale delle forze produttive, nulla vieta di comprare un proprio server privato sul quale alloggiare il servizio di LiquidFeedback. Questo comporta però il costo di gestione e manutenzione dei server che dovranno essere opportunamente dimensionati per poter gestire tutto il traffico nei momenti di picco. Implica cioè che vi siano sistemisti in grado di gestire la piattaforma e intervenire prontamente in caso di attacco.
Tralasciando gli aspetti (comunque per nulla secondari) legati alla proprietà e alla gestione della piattaforma dove risiederà il servizio LQFB, concentriamoci sul suo funzionamento.
Il servizio si presenta fondamentalmente come un database che raccoglie tutti i documenti elaborati dalla comunità che ne fa parte. La comunità dovrà necessariamente essere censita dal sistema per mezzo di un identificativo unico. Unitamente alle funzionalità tipiche della gestione documentale di una base di dati (funzioni di ricerca incrociata) , la peculiarità di LQFB è l’implementazione di meccanismi di calcolo per la misura della “popolarità” di ogni singolo atto politico.
Schematicamente: all’interno della piattaforma è possibile proporre una linea politica, ad esempio mediante la proposta di un documento politico, e misurare il sostegno che ottiene tale linea mediante il conteggio dei voti espressi dai militanti. La votazione si svolge lungo un determinato periodo di tempo (da definire a seconda della tipologia di votazione) e il meccanismo di voto è misto: per via diretta (la cosiddetta democrazia diretta una testa un voto) ossia ogni singolo militante può esprimere il proprio assenso o dissenso su un determinato atto politico, o per delega ossia il singolo militante può delegare un altro militante il cui voto a quel punto sarà proporzionale alle deleghe ricevute. Vi sono poi meccanismi di rimozione della delega e meccanismi per proporre emendamenti che a loro volta potranno nuovamente essere “pesati” con il meccanismo precedente. Il calcolo della popolarità è effettuato da un algoritmo che usa un particolare metodo denominato Schulze che premia le posizioni meno sgradite o superiori alla media.
I risvolti politici
Come accennato in premessa, essere marxisti comporta anche un profondo cambiamento interiore possibile solo all’interno di un processo dialettico di confronto, sintesi e mobilitazione. La proposta di un documento politico è solo l’ultimo atto di un processo che vede nel confronto dal vivo la tesi e l’antitesi confrontarsi e divenire sintesi avendo sullo sfondo le prove di quanto sia stata efficace l’azione messa in campo. Questo complesso meccanismo, alla base del centralismo democratico, è ben diverso dal calcolo dei voti su documenti contrapposti o emendati. Infatti nel primo caso vi è la tendenza allo sviluppo di una posizione di sintesi a cui è collegata la tendenza alla crescita personale e collettiva, alla valutazione del lavoro svolto, alla connessione con la classe e allo sviluppo delle relazioni umane, nell’altro approccio, in cui è l’aspetto decisionale ad essere privilegiato, diviene preponderante la tendenza al raggruppamento per lo scontro e la rincorsa alla delega. In un meccanismo del genere infatti i delegati avranno più peso dei senza tessera quindi inevitabilmente si svilupperà la rincorsa alla delega che in ultima istanza produrrà la smobilitazione.
Riteniamo decisivo chiederci come si sentirà sul piano umano quel militante, attivo nel proprio settore, nel prendere atto che le posizioni assunte dal proprio partito sono essenzialmente legate ai voti espressi da iscritti non attivi. Sarà incentivato alla mobilitazione? È vero, tale pratica nefasta si può verificare anche nelle assemblee dal vivo ma c’è una differenza non di poco conto con la piattaforma informatica ossia che in questo caso tale pratica nefasta viene assunta a rango di normalità.
E l’iscritto che si limiterà ad una militanza informatica ma non dal vivo che valore aggiunto può portare al partito? Questa seconda domanda peraltro apre un simpatico paradosso. Spesso infatti nelle assemblee di potere al popolo non è difficile imbattersi in posizioni, molto discutibili, che puntano alla preponderanza del momento pratico rispetto al momento teorico (come se fosse possibile separare teoria e prassi). Sarebbe paradossale dunque che proprio chi fonda la propria essenza della trasformazione in un eccesso di prassi procedesse a fondare una organizzazione politica su un sistema di relazioni che favorisce proprio la smobilitazione. Infatti è evidente che qualora il voto dei non attivi mettesse in discussione quello degli attivi ciò produrrebbe un generale senso di sconforto e impotenza proprio nei militanti più combattivi. Ma d’altro canto questo ce lo abbiamo sotto i nostri occhi con il movimento 5 stelle: leoni da tastiera ma incapaci di organizzare un presidio.
Infine è possibile la crescita e lo sviluppo di un uomo nuovo senza lo sviluppo di relazioni umane profondamente diverse? Ai lettori la risposta...
Ovviamente come è necessario tenere debitamente in conto i rischi che si nascondono dietro una scelta così importante e altrettanto necessario considerare i vantaggi. Se è vero che il momento del confronto e della decisione dal vivo è insostituibile è altrettanto vero che internet è una risorsa preziosa per la formazione dei compagni. Attraverso la rete è possibile veicolare informazioni - opportunamente filtrate - riguardo ad iniziative, articoli, libri, video, essa può favorire la partecipazione a coloro che ne sono impossibilitati. La rete, sapientemente utilizzata, può aumentare notevolmente il grado di comprensione del testo e del contesto, pensiamo ad esempio alla lettura ipertestuale di un libro (esempio notevole è quello dei quaderni dal carcere), o alla potenza della multimedialità. Inoltre la possibilità che vi sia uno spazio in cui informare il corpo del partito sui documenti politici in discussione può favorire la democrazia interna. È possibile prevedere dei meccanismi che sulla base di specifiche richieste e sotto determinate condizioni ad un militante possa essere concesso di interagire solo virtualmente per un periodo limitato. È auspicabile inoltre prevedere delle riunioni in videoconferenza. In conclusione riteniamo che lo strumento informatico possa e deve essere un valido ausilio per la democrazia interna, deve rafforzare ma non sostituire le riunioni dal vivo, in questo senso proponiamo la seguente sintesi:
- Tenere fede all’idea originaria di PaP ossia promuovere i militanti che si attivano in prima persona e dunque, piattaforma o non piattaforma, eliminare qualsiasi meccanismo di delega rimanendo legati al principio una testa un voto.
Le linee politiche, atti e documenti, possono essere discussi sulla piattaforma informatica, la quale consente per altro una maggiore comprensione del contesto potendo arricchire la documentazione attraverso la navigazione ipertestuale e multimediale, dove possono essere raccolti anche degli emendamenti, ma sia la fase di proposta che la fase finale di sintesi deve avvenire dal vivo nelle assemblee e non tramite la piattaforma.