La nuova ondata di sinistra in America Latina

Recensione di un breve saggio di Andrea Vento e Federico Oliveri, apparso su “Scienza&Pace Magazine”, che fa il punto sulle dinamiche in atto nel continente latinoamericano.


La nuova ondata di sinistra in America Latina Credits: https://i0.wp.com/magazine.cisp.unipi.it/wp-content/uploads/2023/07/WhatsApp-Image-2023-07-18-at-11.23.00.jpeg?w=962&ssl=1

Le sorti dell'America Latina ci riguardano, perché nel “cortile di casa” Usa si stanno aprendo spazi per lo stop delle politiche liberiste e in qualche caso, auspicabilmente, per nuovi percorsi verso il socialismo, scompaginando equilibri che secondo la dottrina Monroe [1] dovevano essere stabili, e aprendo speranze di cambiamento anche al resto del mondo.

Per questo è utile la lettura del breve saggio a cura del Centro interdisciplinare “Scienze per la Pace” dell'Università di Pisa, uscito su “Scienza&Pace Magazine”, del titolo America Latina: dalla fase conservatrice a una 'nueva oleada de izquierda', autori Andrea Vento e Federico Oliveri.

Andrea Vento, già collaboratore nostro e della sezione Pisana di Unigramsci, è docente di “Geografia” all'Istituto “A. Pacinotti” di Pisa ed è uno dei fondatori del Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati (GIGA). Federico Oliveri è ricercatore senior del Centro Interdisciplinare “Scienze per la Pace”, dove insegna “Filosofia della pace” ed è cofondatore di “Scienza&Pace Magazine”. Inoltre insegna all’Università di Camerino. Entrambi sono appassionati militanti politici e profondi conoscitori dei problemi geopolitici in generale e con particolare riferimento all'America Latina.

Questa loro ricerca documenta che, dopo la fase progressista attraversata da alcuni paesi dell'America Latina dal 2003 al 2016 e il successivo recupero dei governi di destra, favoriti anche dal sostegno degli Usa, si è invertita la rotta a partire dalla fine del 2020 e un gran numero di nazioni del Subcontinente si è nuovamente orientata a sinistra o comunque in posizione di non sudditanza agli Stati Uniti. Questa svolta è stata influenzata, oltre che dalle negative ripercussioni della pandemia, dalla crisi indotta dalle politiche liberiste dei governi conservatori e dal conflitto sociale contro le marcate disuguaglianze, la povertà, la rapina di risorse e i guasti ambientali.

In Perù, Honduras, Bolivia, Brasile, Argentina, Cile oltre naturalmente che in Venezuela e Cuba, si erano insediati governi più o meno orientati a sinistra. Perfino in Colombia, fino a pochi anni fa fra le più fedeli pedine degli Stati Uniti, il candidato progressista Gustavo Petro ha vinto le elezioni presidenziali e in quelle legislative il centrosinistra ha conquistato la maggioranza relativa. Naturalmente non poteva mancare la reazione degli States che ha ottenuto di destituire Castillo, pure lui risultato vincitore alle elezioni, in Perù, andando incontro a forti contestazioni, durissimamente represse. In Cile la reazione ha fatto bocciare il referendum confermativo della proposta di una nuova costituzione che avrebbe dovuto rimpiazzare quella Pinochetiana di impronta ultra liberista.

Il saggio si sofferma quindi sulle prime valutazioni dell'operato di Castillo, il cui bilancio più compiuto per il momento sarebbe prematuro, per quanto concerne le politiche sociali e la lotta al narcotraffico attraverso il sostegno alle famiglie contadine più che la repressione.

Venendo al Brasile, dopo aver accennato ai danni del governo Bolsonaro, viene ricostruita la storia della risicata vittoria di Lula – che anni prima era stato fatto fuori da un golpe giudiziario – al ballottaggio delle presidenziali attraverso un vasto schieramento, che però non ha potuto ottenere la maggioranza alle elezioni legislative. In ogni caso, scrivono gli autori, “la vittoria di Lula sembra consacrare in America Latina una nueva oleada de izquierda”, un'ondata di sinistra che vede forze progressiste e antimperialiste al governo dei principali paesi dell'America Latina, a eccezione di Paraguay e Uruguay e con l'incognita delle recenti elezioni del 20 agosto in Ecuador.

A proposito dell'Ecuador i due autori al momento di scrivere non potevano conoscere l'esito del primo turno di queste elezioni, risultate particolarmente drammatiche per l'uccisione del candidato centrista, Fernando Villavicencio, lo scorso 9 agosto e, 5 giorni dopo, l'esponente della sinistra correana Pedro Briones. Prima ancora era stato ucciso il sindaco di Manta, Agustin Intriago. Il primo turno ha visto una partecipazione “storica”, oltre l'82% degli aventi diritto, e non ha visto nessun vincitore. Il ballottaggio si terrà in ottobre fra Luisa Gonzalez, della formazione dell'ex presidente progressista Rafael Correa, attualmente in esilio, e Daniel Noboa, leader dell'alleanza “Accion por la Democrazia”. La Gonzalez, che ha ottenuto il 33,1% dei voti, è data per favorita. L'affronterà, avendo conseguito il 23,9%, Daniel Noboa Azin, un ricchissimo imprenditore centrista.

Sempre nella stessa data del 20 agosto Bernardo Arévalo ha vinto le elezioni nel Guatemala, paese permanentemente sotto dettatura e, anche se non sono da escludere brutte sorprese da qui alla sua entrata in carica, prevista per i primi del 2024, il risultato comunque conferma la tendenza alla oleada de izquierda in atto nel Subcontinente.

Gli autori accennano anche all'esito della riunione della Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi (Celac) del 24 gennaio a Buenos Aires, che ha rilanciato il processo di integrazione del Subcontinente – interrotto dal ritorno delle destre al governo di vari paesi nella precedente fase – mirante a costruire un'unità per tutelare la sovranità democratica degli stati, minata dalle interferenze di Washington nel suo storico “cortile di casa”. Il raggiungimento di questo obiettivo, però, dipenderà anche dall'esito delle elezioni argentine del prossimo autunno, che saranno condizionate da una profondissima crisi economica e sociale “con l’inflazione che a maggio scorso ha raggiunto il 114,2% su base annua, i tassi di interesse al 97%, un debito pubblico all’85% del PIL, un forte squilibrio della bilancia commerciale con l’estero, la svalutazione del peso di circa il 35% sul dollaro dall’inizio anno, la povertà salita al 40% della popolazione arrivando ad interessare quasi 20 milioni di argentini”.

Condividiamo la conclusione degli autori: è in atto uno scontro fra le oligarchie nazionali e un fronte variegato di soggettività dal basso, tipico del percorso storico dell'America Latina. Questo scontro avrà soluzione positiva se i partiti progressisti riusciranno a impiantare istituzioni democratiche compiute e saranno in grado di introdurre cambiamenti profondi nella struttura economica.

Naturalmente, aggiungiamo noi, il raggiungimento di questi obiettivi, dipende anche dalla capacità di sottrarsi alla schiacciante pressione Usa, che potrebbe accentuarsi dopo le prossime elezioni presidenziali, e, più in generale, dal contesto internazionale. Per questo anche le sorti della guerra in Ucraina e l'esito del confronto, per usare un eufemismo, fra gli States e la Cina, incluso il campo di alleanze intorno a questa nuova potenza economica, non potranno non avere ripercussioni sulle sorti dei popoli e dei governi latinoamericani.

 

Note:

[1] Dal nome del Presidente statunitense James Monroe (dal 1817 al 1825) che aveva teorizzato la necessità della supremazia degli Stati Uniti nel continente americano.

24/08/2023 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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