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Bikini

“Gli indigeni, gli altri li chiamano selvaggi, forse perché non uccidono, in nome di Dio”.


Bikini Credits: agensir.it

Un abisso scavato
dentro il corpo del mondo
cellule e vene sconvolte
la ferita che sanguina ancora.
Ha urlato la Terra violata
ha pianto il cielo con mille colori
entrambi, fragili creature,
non avevano mani
da proteggersi il volto
né uno scudo
dietro cui ripararsi.

“Non è stato un incidente”
ripete chi c’era ed ha visto
con occhi smarriti
come fosse ancora allora
senza rabbia, quando la rabbia
dovrebbe gonfiare i venti.
No, solo la rassegnazione
stanca degli indigeni
gli altri li chiamano selvaggi,
forse perché non uccidono
in nome di Dio.
“John è un selvaggio”
e i selvaggi non possono capire.
Occorre un camice bianco
o un berretto verde
per sputare noncuranti sul mondo.

“Test Bravo”, “Progetto 4.1”
tutto codificato, tutto esatto:
l’Arca con gli animali
spalmati di unguenti
lo stillicidio dei colpiti
le cavie umane
che la programmazione dei genocidi
rende un percorso obbligato
con le tiroidi impazzite
i bimbi deformi
lo zoppicare degli angeli
il vagare vuoto dei ciechi.

Ma non spaventiamoci:
è tutto normale,
l’hanno detto i Presidenti
gli stessi che firmavano i trattati
con la promessa di violarli
come si usa oltraggiare il pudore
di una creatura innocente.
Intanto la logica perversa
prosegue la sua strada
il suo orizzonte si amplia
il suo riso sardonico
esulta ai nuovi traguardi di morte.

Il Rainbow Warrior
spostò altrove la vita
relegata nel luogo
dove era negato il respiro.
Laggiù, ove la geografia violentata
apre una gola profonda
non c’è posto per l’uomo
e in quel paesaggio spettrale
sono dipinte dell’umana specie
“le magnifiche sorti e progressive”.

27/05/2017 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: agensir.it

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L'Autore

Giuseppe Vecchi
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