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La buona educazione degli oppressi

Il collettivo Solidarea di Forlì insieme all’autore del libro La buona educazione degli oppressi, Wolf Bukowski, ha esaminato il concetto borghese di decoro urbano in un’iniziativa pubblica nella quale si è parlato anche di meritocrazia.


La buona educazione degli oppressi

Nel libro La buona educazione degli oppressi Wolf Bukowski analizza l'evolversi del connubio decoro urbano e sicurezza nella storia recente. Le sue origini sono da ricercarsi nelle teorie ecologiche della scuola di Chicago, secondo le quali era l’ambiente a modificare il comportamento dei gruppi. Unito a questo, l’altro fondamento è l’idea per cui la povertà è una colpa individuale, in quanto è il singolo individuo a non essere stato in grado di guadagnarsi un certo reddito e a non meritarselo. Idea pericolosa, che assolve il neoliberismo e giustifica il totale smantellamento del welfare state, legittimando il sistema attuale dove le modalità gestionali dell'impresa invadono ogni campo, dalla sanità all'istruzione, creando un sistema fortemente esclusivo alla base delle disuguaglianze. Chi è povero, secondo quest'ottica, non si è meritato la ricchezza e, oltre ad essere colpevole di questo, non deve assumere comportamenti indecorosi che lo rendano visibile poiché è in questi comportamenti che si incarna il fallimento del sistema: gli sconfitti si devono nascondere perché dimostrano le debolezze di questo sistema.

Il nesso sicurezza-decoro inizia a rafforzarsi nel momento di massima ascesa del neoliberismo, fino ad arrivare a oggi dove le poche risorse rimaste destinate al sociale sono attribuite non solo sulla base di criteri di reddito ma anche di merito, si pensi alle patenti a punti per le case popolari che hanno un chiaro intento disciplinare.

Il concetto borghese di decoro si sviluppa secondo due linee: da un lato con provvedimenti che sembrano costituire una sorta di diritto speciale del povero con misure ad hoc come la limitazione della libertà di movimento ad esempio con il Daspo urbano, ma dall’altro rispecchia una visione della città, portata avanti sia dalla cosiddetta sinistra, sia dalla destra, dove ogni centimetro di spazio urbano deve essere messo a profitto.

Il Daspo urbano dimostra come le tecniche repressive abbiano nello stadio il loro laboratorio più prezioso. Riprendendo il Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive introdotto in Italia del 1989, il Daspo urbano viene formulato da Minniti: il sindaco con la collaborazione del prefetto può multare e successivamente stabilire un divieto di accesso ad alcune aree della città per chi “ponga in essere condotte che limitano la libera accessibilità e fruizione” di infrastrutture di trasporto (strade, ferrovie e aeroporto). L’ordine di allontanamento può essere adottato altresì nei confronti di coloro che, nelle medesime aree, abbiano commesso gli illeciti, amministrativi o penali, di ubriachezza, atti contrari alla pubblica decenza, esercizio abusivo del commercio o del parcheggio abusivo. Con il decreto sicurezza, Salvini lo rafforza: viene esteso agli indiziati per reati di terrorismo e si amplia l’elenco delle “zone rosse” anche ai presidi sanitari e alle aree in cui si svolgono fiere, mercati e spettacoli pubblici.

Nella logica del decoro come fonte di profitto, messa a rendita - come la definisce lo stesso Bukowski - la città stessa gioca un ruolo cruciale: da un lato si affossano spazi di socialità con ordinanze antidegrado che sanzionano il consumo di alcolici al di fuori dei locali, si sgomberano gli spazi occupati e si investe in modo massiccio in videosorveglianza, dall'altro si mette a profitto ogni angolo della città con AirBnB, studentati per élite e si tampona la questione abitativa con provvedimenti temporanei come quelli per l'emergenza freddo e si riqualificano aree abbandonate considerate degradate.

Quest'ultimo aspetto va sottolineato perché è particolarmente contraddittorio: solitamente le amministrazioni locali lo vendono come un favore, una concessione fatta a chi vive in questi quartieri ma spesso l'effetto è opposto, in quanto ci si troverà a doversi confrontare con l'aumento del costo della vita che il questo “decoro” produce.

In queste dinamiche vediamo chiaramente come si punti a cancellare la visibilità delle differenze di classe, riducendone sempre di più la potenziale conflittualità limitando il diritto alla città per certe categorie.

Bukowski opera un'interessante classificazione basata su come le diverse categorie di cittadini abbiano un accesso differenziale alla città: a partire dai maggiormente esclusi, troviamo i “non consumatori non cittadini”, ossia i migranti poveri, seguiti dai “non consumatori cittadini” ovvero gli autoctoni colpevoli di essere poveri secondo il pregiudizio meritocratico, mentre ai vertici troviamo i “consumatori cittadini”, che devono tuttavia dimostrarsi disciplinati pena lo scivolamento nella categoria sottostante, e ancor più sopra troviamo il “consumatore non cittadino” ossia il turista non cittadino, per lo più ricco e depoliticizzato, il soggetto da cui trae linfa la turistificazione e al quale la città deve mostrarsi come vetrina.

Il concetto borghese di decoro urbano, definibile con le parole di Jesi “idea senza parole”, si è insinuato fra le parole d'ordine di destra e di sinistra. In particolare, è diventato una delle bandiere della sinistra degli ultimi anni, da un momento preciso, ossia da quando la sinistra ha definitivamente sepolto la categoria di classe come chiave per interpretare i conflitti sociali.

La borghesia ha la necessità, da sempre, di occultare il feroce classismo del sistema sociale che ha edificato. Per decenni essa ha provato, attraverso un’incessante operazione ideologica, e prova ancora, a far credere che tutta la società possa divenire borghese, ma ciò non è possibile visto che la proprietà dei mezzi di produzione è concentrata in poche mani. Miliardi di uomini vivono in condizioni di estrema povertà ed è sempre più complesso occultare questa verità. Il concetto borghese di meritocrazia non è altro che la copertura ideologica dell’impossibilità della borghesia di divenire classe universale cioè di assorbire in sé ulteriori strati della popolazione.

Non solo la borghesia non assimila ma addirittura dis-assimila. La proletarizzazione dei ceti medi è un altro fenomeno tipico del capitalismo che la borghesia tenta di occultare o quantomeno gestire usando, tra le altre cose, l’ideologia securitaria. Creare un clima di terrore tra il ceti medio e quello proletario. Infatti se queste classi si unissero ciò porterebbe alla formazione di un blocco sociale difficile da controllare e passivizzare.

15/12/2019 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Letizia Assorti
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