Losurdo e la critica ai processi di de-umanizzazione

La società borghese si autocelebra come «un vero Eden dei diritti innati dell’uomo», ma qui «l’uomo in quanto tale svolge un ruolo piuttosto misero». Basta passare dalla circolazione a alla produzione e ci si accorge che il lavoratore «porta al mercato la propria pelle e non ha null’altro da aspettarsi che la…conciatura».


Losurdo e la critica ai processi di de-umanizzazione Credits: https://dasandere.it/18-incontro-das-andere-il-ritorno-del-represso-di-armando-marozzi-e-domenico-losurdo/

 Se un “politico di professione” come Palmiro Togliatti, molto legato al “socialismo reale” e quindi al marxismo orientale, non sottovaluta, come fanno alcuni marxisti occidentali della sua epoca, la questione coloniale, dipende anche dal fatto che il suo pensiero si ispira ad Antonio Gramsci per il quale “il comunismo è per l’appunto «l’umanesimo integrale»” [1]. Gramsci, evidenzia Domenico Losurdo nel suo libro dedicato al filosofo italiano, “nel prendere decisamente posizione a favore dell’emancipazione dei popoli coloniali, […] mette in stato d’accusa la borghesia liberale del tempo non solo sul piano immediatamente politico: essa non è capace di sentire i problemi, le sofferenze, i diritti degli esclusi dalla civiltà e dall’Occidente. […] La marcia del comunismo è in un certo senso la marcia dell’universalità” [2].

Certo, a parte Togliatti, negli anni Sessanta anche Jean Paul Sartre denuncia il colonialismo e le connesse “teorie e pratiche di de-umanizzazione da esso sviluppate” [3] in nome dell’umanesimo che, d’altra parte, ricorda Losurdo, è sostenuto anche da Ernst Bloch nel 1961 quando parla della difesa della “dignità umana” [4]. Negli stessi anni però l’umanesimo è criticato da un altro importante filosofo, che grande influenza avrà sul marxismo occidentale: Luis Althusser. Il filosofo francese, nell’opera Per Marx [Pour Marx] del 1965, critica la “retorica umanistica” così in voga ai suoi tempi, anche nella stessa Unione Sovietica. Egli ritiene, infatti, che l’appello alla comune essenza dell’uomo comporta di fatto un avvicinamento dell’umanesimo socialista, umanesimo di classe, a quello “liberale, borghese o cristiano”, più attento alla libertà della persona, tutto ciò a danno della lotta di classe. Siamo infatti nel momento storico in cui viene lanciata la coesistenza pacifica tra i due blocchi, che alla lunga porterà alla capitolazione dell’Urss. Scrive Althusser: “la lotta rivoluzionaria ha sempre avuto quale obiettivo la fine dello sfruttamento dell’uomo e quindi la sua liberazione. Durante la prima fase storica dovette però assumere, come Marx aveva previsto, la forma della lotta di classe. L’umanismo rivoluzionario non poteva essere allora che un «umanismo di classe», l’«umanismo proletario». Fine dello sfruttamento dell’uomo voleva dire fine dello sfruttamento di classe; liberazione dell’uomo significava liberazione della classe operaia, anzitutto mediante la dittatura del proletariato. Per più di quarant’anni, in URSS, attraverso lotte gigantesche, l’«umanismo socialista», prima di esprimersi in termini di libertà della persona, si è espresso in termini di dittatura di classe” [5].

La fase dell’“umanismo socialista” sembra invece essere stata ormai archiviata e il comunismo, denuncia Althusser, sembra essere inteso più come lo delineava il Marx giovane [6] che il Marx più maturo. Secondo Althusser, infatti, a partire dal 1845 sarebbe avvenuta una “rottura epistemologica” in Marx e il punto di svolta sarebbe l’Ideologia tedesca, momento di acquisizione del materialismo storico. Il pensatore francese distingue nettamente il periodo giovanile di Marx, ancora intriso di “filosofia”, dal periodo della maturazione e della maturità, che sarebbe prettamente scientifico e si concluderebbe con Il Capitale. Egli liquida come ideologico il concetto di alienazione, centrale nei Manoscritti del ’44, e non ne ravvisa la presenza nelle opere “scientifiche”.

Losurdo mostra, invece, come il Marx del Manifesto del partito comunista, nel 1848, denuncia il sistema capitalistico in quanto “misconosce la dignità umana della stragrande maggioranza della popolazione” [7]. Marx accusa il capitalismo di considerare l’operaio alla stregua di una macchina in quanto, in tali rapporti economico-sociali, “esiste soltanto per accrescere il capitale e vive quel tanto che è richiesto dall’interesse della classe dominante” [8]. Non solo nel Manifesto, ma anche in un’opera della piena maturità di Marx come Il capitale, è possibile ritrovare le stesse accuse al sistema capitalistico [9]. Losurdo riporta alcuni passi del I libro de Il capitale su tale tematica: “la società borghese ama autocelebrarsi come «un vero Eden dei diritti innati dell’uomo», in realtà nel suo ambito il «lavoro umano», anzi «l’uomo in quanto tale […] svolge un ruolo piuttosto misero». Se appena passiamo dalla sfera della circolazione a quella della produzione, ci accorgiamo che, ben lungi dall’essere riconosciuto nella sua dignità di uomo, il lavoratore salariato «porta al mercato la propria pelle e non ha null’altro da aspettarsi che la…conciatura»” [10].

La de-umanizzazione che avviene nella società capitalistica nei confronti dei lavoratori salariati è, quindi, denunciata con forza anche ne Il capitale. Marx, in un altro passaggio del I libro, fa notare la “parsimonia dei capitalisti nello spendere il loro danaro” e lo sperpero “degno di Timur-Tamerlano, di vita umana” [11]. Ancora, nel denunciare lo sfruttamento del lavoro minorile, Marx parla del “grande ratto erodiano dei fanciulli compiuto dal capitale agli inizi del sistema di fabbrica nelle case dei poveri e negli orfanotrofi, per mezzo del quale esso s’incorporò un materiale umano del tutto privo di volontà” [12]. Marx non dimentica, però, neanche la sorte dei popoli coloniali; in un altro passo, sempre del I libro, evidenzia come “la scoperta delle terre aurifere e argentifere in America, lo sterminio e la riduzione in schiavitù della popolazione aborigena, seppellita nelle miniere, l’incipiente conquista e il saccheggio delle Indie Orientali, la trasformazione dell’Africa in una riserva di caccia commerciale delle pelli nere, sono i segni che contraddistinguono l’aurora dell’era della produzione capitalistica” [13]. Marx, inoltre, volge lo sguardo anche agli Stati Uniti dove gli schiavi neri sono considerati una proprietà come qualsiasi altra, dove vigono leggi che sanciscono la restituzione degli schiavi fuggitivi, in modo da legittimare i cacciatori di schiavi e dove al Sud “alcuni Stati si specializzano nell’«allevamento di negri»” [14].

Losurdo, quindi, utilizzando passi tratti dal Manifesto e dal Capitale dimostra, confutando la tesi di Althusser, come anche nelle opere più mature di Marx sia possibile ravvisare la critica ai processi di de-umanizzazione propri del sistema capitalistico: “anche negli scritti della maturità ricorrente è in Marx il motivo critico che rimprovera alla società borghese di ridurre la stragrande maggioranza dell’umanità a «macchine», a «strumenti di lavoro», a «merce» che può essere tranquillamente «sperperata», ad «articoli di commercio» e ad «articoli di esportazione», a beni mobili di cui il padrone può disporre come di un «bagaglio», a bestiame da allevare ovvero a pellame di cui andare a caccia o da destinare alla conciatura” [15].

Note:

[1] Losurdo, Domenico, Antonio Gramsci dal liberalismo al «comunismo critico», Gamberetti Editrice, Roma, 1997, p. 93.

[2] Ibidem.

[3] Id., Come nacque e morì il “marxismo occidentale”, in a cura di Cingoli, M., e Morfino, V., Aspetti del pensiero di Marx e delle interpretazioni successive, Edizioni Unicopli, Milano 2011, pp. 395-418, p. 399.

[4] Cfr. Bloch, Ernst, Diritto naturale e dignità umana, traduzione di Russo G., Giappichelli, Torino 2005.

[5] Althusser, 1967: Althusser, Louis, Per Marx [1965], tr.it. di Madonna, F., Editori Riuniti, Roma 1967, pp. 197-98.

[6] Marx, infatti, nei Manoscritti del ’44 scrive: “il comunismo in quanto effettiva soppressione della proprietà privata quale autoalienazione dell’uomo, e però in quanto reale appropriazione dell’umana essenza da parte dell’uomo e per l’uomo; e in quanto ritorno completo, consapevole, compiuto all’interno di tutta la ricchezza dello sviluppo storico, dell’uomo per sé quale uomo sociale, cioè uomo umano. Questo comunismo è, in quanto compiuto naturalismo, umanismo, e in quanto compiuto umanismo, naturalismo.” Marx Karl, Opere filosofiche giovanili, a cura di Della Volpe, Galvano, Editori Riuniti, Roma 1971, pp. 225-26.

[7] Losurdo, D., Come nacque…, op. cit., p. 399.

[8] Marx, Karl, Engels, Friedrich, Opere Complete, Editori Riuniti, Roma 1972-90, vol. VI, p. 500.

[9] Losurdo nel libro Lotta di classe del 2013 riporta, a tale proposito, un brano tratto da Salario, prezzo e profitto del 1865: “il tempo è lo spazio dello sviluppo umano. Un uomo che non dispone di nessun tempo libero, che per tutta la sua vita, all’infuori delle pause puramente fisiche per dormire, per mangiare e così via, è preso dal suo lavoro per il capitalista, è meno di una bestia da soma. Egli non è che una macchina per la produzione di ricchezza per altri, è fisicamente spezzato e spiritualmente abbrutito.” Marx cit. in Losurdo, D., La lotta di classe. Una storia politica e filosofica, Laterza, Bari 2013, p. 88.

[10] Marx, Il capitale, in Losurdo, D., Come nacque…, op. cit., p. 400.

[11] Marx, Karl, Il capitale, a cura di Cantimori, D., introduzione di Dobb, M., Editori Riuniti, Roma 1994, vol. I, nota 103, p. 347.

[12] Ivi, nota 144, p. 447. Losurdo in Lotta di classe sintetizza anche altri brani tratti da Il capitale: “il capitalismo sancisce il «dominio della cosa sull’uomo»[…], comporta la trasformazione degli operai in «macchine di forza-lavoro» (Arbeitskraftmaschinen), la trasformazione anche di bambini, «di uomini che non hanno ancora raggiunto la maggiore età, in semplici macchine per la produzione di plusvalore», senza che in alcun modo ci si preoccupi dell’«atrofia morale» e dell’«inaridimento intellettuale» che ne conseguono.” Losurdo, D., La lotta …, op. cit., p. 89.

[13] Marx, Karl, Il capitale, op. cit., vol. I, p. 813.

[14] Losurdo, D., Come nacque…, op. cit., p.  400.

[15] Ibidem. 

16/06/2023 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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