Guerra: quando la democrazia liberale nega se stessa

Com'è sempre avvenuto quando si profila una grossa crisi economica, il sistema (capitalista) dà colpi di coda tirando fuori la sua faccia oscura, quella della violenza militare, del fascismo e della negazione della stessa democrazia liberale. Lo spiega egregiamente l’ultimo editoriale di Marco Pondrelli su “Marx21”.


Guerra: quando la democrazia liberale nega se stessa

Gli avvenimenti mondiali che si sono susseguiti nell’ultimo anno e mezzo, a partire dall’intervento russo in Ucraina, dove, lo ricordiamo, la guerra era in atto dal 2014 – con le zone russofone del Donbass bombardate dal governo di Kiev, zone in cui era in atto una vera e propria politica di apartheid in seguito al colpo di stato di piazza Maidan e alla sua scia di inenarrabili violenze, quando il legittimo governo era stato rovesciato con l’ausilio di squadroni nazisti e il sostegno strumentale dell’imperialismo USA – sono stati forse come mai prima mistificati da una narrazione faziosa che ha fatto presa egemone sulle coscienze, persino a sinistra.

La comunicazione – e dunque il linguaggio, la scelta dei termini, la selezione dei contenuti –incide fortemente sulla percezione collettiva del vero e del giusto, e dunque sulla formazione dell’etica.

Il recente editoriale di Marco Pondrelli (che invito a leggere cliccando qui), pubblicato su “Marx21” lo scorso 8 ottobre, mi ha fatto riflettere sul concetto di democrazia: una democrazia tanto decantata in Occidente, quanto snaturata e svuotata del suo reale significato, tantopiù in epoca di “Guerra Calda”.

Pondrelli rileva quanto la prima “reazione demagogica” di onnipotenza dell’Occidente di fronte all’avvio dell’Operazione Militare Speciale russa, sia stata smentita dai fatti, che ridimensionano notevolmente il ruolo di questa parte del mondo nella comunità internazionale, dove si stanno organizzando poli alternativi a quello a guida USA. Fa notare però Pondrelli che “Purtroppo questo non incide sulla sicurezza dei nostri leader, è difficile non dare ragione a Marco Travaglio quando scrive «i Buoni non sbagliano mai, e se il resto del mondo li odia è perché è cattivo, dunque non esiste», in effetti il presupposto è che la nostra è una civiltà superiore (ricorda qualcosa?) e chi non si è ancora convertito alla liberaldemocrazia o è in cattiva fede o è arretrato”. L’editoriale sottolinea però il dato interessante che c’è chi sta abbandonando il campo occidentale: “Il primo campanello d’allarme arriva dalla Slovacchia e dalla vittoria di Robert Fico ottenuta con un dura polemica contro l’invio delle armi all’Ucraina”, e ancora: “Prima ancora dei dubbi espressi dal popolo slovacco la Polonia aveva iniziato a deflettere dal suo incondizionato sostegno all’Ucraina” […] “Slovacchia e Polonia, con buona pace di Borrell che ha dichiarato che «l’unione europea resta unita nel suo sostegno all’Ucraina», non sono gli unici due tasselli che incrinano il falso unanimismo occidentale. La stampa italiana dovrebbe allungare la lista dei putiniani fino a ricomprendere il Congresso statunitense colpevole di avere bloccato i finanziamenti a Kiev per evitare il cosiddetto shutdown”.

Nel frattempo, l’economia russa regge nonostante le sanzioni, mentre la crisi imperversa nei paesi europei – in Germania in modo drammatico – con conseguenze imprevedibili. Lo stesso governo italiano tentenna sul continuare l’invio di armi all’Ucraina in assenza di sufficienti risorse, temendo le ripercussioni di un’eventuale recessione.

Le ripercussioni economiche della guerra stanno alimentando un po’ ovunque un forte malcontento popolare, che chiede la fine di un conflitto voluto e provocato dall’imperialismo occidentale, in cui la classe subalterna non ha nulla da guadagnare e tutto da perdere.

E qui torniamo al concetto di democrazia. Perché, dice Pondrelli, “la democrazia viene sempre meno tollerata dai nostri governanti” e “Siamo arrivati al paradosso per cui la democrazia liberale per perpetuare se stessa si nega, negando la propria (falsa) retorica democratica”. La guerra, dunque, ha bisogno di invalidare le forme di democrazia rimaste – fenomeno tipico del capitalismo nelle sue ricorrenti crisi, quando scatena la ferocia della sua faccia cattiva e fascista. Ecco perché, come conclude l’editoriale citato, per il popolo, sempre di più, “la scelta è fra la guerra e la democrazia”.

13/10/2023 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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