La cavalcata (solitaria?) di Prigozhin

L'insurrezione del Gruppo Wagner è il segnale di una divisione nella classe dominante russa.


La cavalcata (solitaria?) di Prigozhin

 Per essere “wagneriana” la cavalcata di Evgenij Prigozhin verso la gloria o la morte si è sgonfiata troppo presto. Ma ora più che sulla sorte personale e patrimoniale del padrone della compagnia militare privata denominata Gruppo Wagner, come fanno gran parte degli osservatori occidentali, bisognerebbe interrogarsi sulla natura dell'iniziativa militare del 23 giugno scorso.

Perché hai voglia ora dire che il “cuoco di Putin” non ha mai rappresentato un'alternativa per l'Occidente, nel quadro della guerra tra Russia e Ucraina, ma nel corso delle poche ore della marcia su Mosca di Prigozhin e dei suoi fedelissimi, a Kiev, ma anche a Bruxelles e a Washington più di qualcuno ha sperato che si fosse palesato un cavaliere nero per togliergli le castagne dal fuoco.

D'altra parte se un appartenente alla ristretta neo-borghesia compradora russa come Prigozhin si azzarda a fare un passo come quello compiuto un paio di settimane fa, non può compierlo a cuor leggero o nell'ottica di una semplice rivendicazione di un tavolo di trattattiva sindacale.

Non abbiamo elementi concreti di analisi, dato l'embargo informativo vigente e il clima da guerra fredda che divide l'Europa occidentale dalla Russia, ma in controluce si notano alcuni elementi di fragilità tipici della Russia post-sovietica.

PMC, la guerra con altri mezzi

Le PMC (Private Military Companies) non sono certà una novità recata dalla post-modernità: Giovanni dalle Bande Nere potrebbe testimoniarcelo. Tanto meno sono un'esclusiva della “cattivissima” Russia putiniana dato che pullulano anche nel “mondo libero”: dalla statunitense Academi (meglio conosciuta come Blackwater) alla canadese Top Aces. Tuttavia, come ben ha dimostrato l'esperienza dell'era di Eltsin una cosa sono le privatizzazioni in uno Stato a capitalismo avanzato (imperialista) e un'altra ben diversa in un paese con un'economia rachitica come quella della Federazione russa paragonabile per Pil alla Spagna (nel 2020 1,779 migliaia di miliardi di euro la prima contro 1,427 miliardi di euro la seconda).

Infatti, se dal punto di vista politico queste realtà possono essere utili per gestire conflitti più o meno a bassa intensità non accollandone costi economici e perdite umane alle forze armate ufficiali e alla politica, in un paese dai fragili equilibri economici possono diventare agevolmente un'arma a doppio taglio, in base alla semplice considerazione che lo Stato cessa di essere l'unico detentore del monopolio della forza, mentre le forze di mercato si muovono in base alla legge dell'offerta e della domanda. E se qualcuno offre di più, chi può lamentarsene?

Pertanto, si potrebbe sospettare che la marcia di Prigozhin è stata il frutto ultimo e avvelenato dell'apertura all'”economia di libera concorrenza” che tanti disastri ha combinato in Russia dal 1991 in poi.

Una divisione nel campo borghese in Russia?

Ma questa versione della corruzione delle “armi private” è anch'essa una interpretazione superficiale di quanto accaduto. Il fatto è che come sottolineato dallo stesso Putin dopo gli eventi di giugno, i mezzi della Wagner le erano stati offerti dalla Federazione russa. Semmai, andando più in profondità, l'avventura di Prigozhin segnala una divisione nello Stato russo o, seguendo la lezione di Marx, nella classe dominante di quel paese di cui lo Stato rappresentata l'apparato di forza.

Ma di quale natura è questa divisione? Difficile dirlo ora e con le informazioni in nostro possesso, tuttavia le denunce pubbliche dell'inefficienza dell'esercito russo in Ucraina e delle gravi perdite subite, avanzate da Prigozhin, potrebbero essere un segnale della stanchezza di una parte del blocco sociale che pure fin qui ha sostenuto il putinismo. 

Se così fosse, il campanello suonato il 23 giugno tra Rostov e Mosca, potrebbe risuonare piuttosto inquietante alle orecchie di alcuni inquilini del Cremlino. La guerra in Ucraina va fermata o almeno le va messa la sordina perché non tutti gli “azionisti” del regime putiniano sono ancora disponibili a pagarne i costi.

Solo che nel bel mezzo della tanto declamata controffensiva ucraina, finora priva di risultati consistenti, l'Occidente ha fiutato l'odore della stanchezza nella controparte russa, il che costituisce un ostacolo sulla strada della pace o almeno del cessate il fuoco percorsa dal Cardinal Matteo Maria Zuppi per il Vaticano e dalla Cina Popolare. Speriamo che non li fermi.

08/07/2023 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Stefano Paterna

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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