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La Demacrazia di De Magistris

Nel libro Demacrazia di Giacomo Russo Spena, l’autore racconta la vita da magistrato e da politico del sindaco di Napoli.


La Demacrazia di De Magistris Credits: Libero pensiero news

Palapartenope, 8 maggio 2016. Apertura campagna elettorale elezioni comunali: “Renzi vai a casa. Devi avere paura. Ti devi cacare sotto, cacati sotto”. Questo è Luigi De Magistris, per gli amici Gigi. Verrebbe da pensare ad una similitudine con lo stile “vaffa..” di Grillo. Ma Gigi è un’altra cosa, un’altra storia, che solo per un breve periodo si è intrecciata con quella dell’urlatore dei 5 stelle. De Magistris, in linea con il suo cognome, è un ex magistrato, figlio e nipote di magistrati. Un ex magistrato doc, quindi, a cui il sistema ha strappato la toga e per questo si è trovato a dover rinunciare alla sua originaria professione “per non aver mai accettato bavagli e, fin dall’inizio della sua carriera, entra in conflitto con il potere”.

Ci racconta di lui, della sua vita professionale e privata, di Napoli, la sua città, e dei suoi progetti politici, Giacomo Russo Spena nel libro ”Demacrazia”. Giacomo è avvezzo a raccontare nelle sue scritture vita e imprese di personaggi leader, quali Tsipras il greco di Syriza e Pablo Iglesias di Podemos. Incontro l’autore presso la Biblioteca popolare “Antonio Gramsci”, per la presentazione di questa sua ultima opera letteraria. Ne parliamo insieme con Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Prc. Ne esce un dibattito molto interessante sul sindaco di Napoli, su DemA, il progetto che si sta strutturando e su Potere al Popolo, la nuova lista elettorale che proprio lì nella terra del Vesuvio è nata, grazie ai giovani del collettivo “Je so Pazzo”. Ma partiamo dal libro, partiamo dal personaggio De Magistris. Chi è questo Masaniello che va “contro tutto e tutti” e che ripete da sempre, come un mantra: “Sono contro il Sistema”?

La toga anarchica

Viene menzionata così nel libro di Russo Spena la parte dedicata ad una carriera forzatamente sospesa del sindaco napoletano. Una toga anarchica, definizione che rispecchia perfettamente la personalità dell’uomo di legge, quando in Calabria, ventottenne, si dedicò alle prime inchieste. Denuncerà nelle interviste le criminalità dei colletti bianchi e gli interessi delle istituzioni del luogo. “La Calabria è un laboratorio di intrecci tra criminalità organizzata, politica, pezzi delle forze dell’ordine, governi occulti e P2: c’è una borghesia mafiosa che conta…persone che hanno consolidato il potere con la loro forza economica, attraverso finanziamenti pubblici e un rapporto privilegiato con la politica”.

Una mafia atipica “una moderna borghesia mafiosa”. La ndrangheta, negli anni del magistrato De Magistris, è l’organizzazione criminale più potente, infiltra mafiosi in politica e nella magistratura. Niente coppola e lupara, ma il sistema è più che marcio. De Magistris parte in quarta, da buon capuziello rivoluzionario e garantista e mette in campo diverse inchieste. Un magistrato questo fa, ma solitamente il sistema lo taglia fuori, quando non lo massacra fisicamente. Parte il progetto Poseidone, un procedimento penale per un uso illecito presunto di aiuti (200 milioni di euro) da parte della Comunità europea. Sono destinati a opere di depurazione. De Magistris sospetta che queste opere non solo siano inutili, ma dannose, tanto da provocare esse stesse inquinamento.

Parte un maxiprocesso che coinvolge 25 persone in soli tre mesi. Tra questi c’è Lorenzo Cesa, ex segretario Udc, Giuseppe Chiaravalloti, ex presidente della giunta regionale della Calabria e Domenico Basile di Alleanza nazionale in Calabria. Minacciano il pm “Lo dobbiamo ammazzare - si evince da intercettazioni telefoniche - no, gli facciamo cause civili per il risarcimento danni e ne affidiamo la gestione alla camorra… De Magistris passerà gli anni suoi a difendersi”. Non c’è scampo per il giovane magistrato e verrà addirittura ispezionato dalla stessa magistratura. Ѐ ancora fiducioso durante la riunione nazionale dei magistrati, dichiarando che la magistratura eliminerà le zone d’ombra. Ma non va così e inizia un “braccio di ferro” con i politici nazionali. Mastella, allora ministro della giustizia, ne chiede il trasferimento.

Il verdetto finale (nel 2008) da parte del Csm gli impone il trasferimento e gli vengono tolte le indagini in corso, da lui avviate. Fra cui l’inchiesta Why Not, sulle truffe sui finanziamenti nazionali ed europei. Per il Csm è Mastella ad avere ragione; De Magistris deve essere al più presto allontanato. Verrà inviato a Napoli con la funzione di giudice semplice. I capi d’accusa contro di lui sono “mancata pertinenza delle motivazioni accusatorie, impropria diffusione di atti dell’indagine, violazione dei vincoli di correttezza”. Gli viene posto il veto ad esercitare la funzione di pm e le sue indagini totalmente smantellate. L’accusa di De Magistris è netta: una parte della magistratura è collusa con il Sistema, non è indipendente e ha ceduto alla politica che voleva “la sua testa”.

Viene crocifisso dall’opinione pubblica e dai media. Escono a raffica editoriali con la definizione “Giggino, a manetta”. Ma sono in molti a pensare che in quelle inchieste l’ex pm abbia tentato di applicare la legge e diventa in breve “l’alfiere della legalità”. Si riabilita da Santoro in Anno Zero. “De Magistris è stato fatto fuori dal sistema perché scomodo”.

Strasburgo- elezioni europee 2009

De Magistris è candidato e risulterà eletto in 4 delle 5 circoscrizioni. Ѐ un trionfo. Raccoglie 500mila preferenze. Lascia la magistratura e si getta in politica, pur soffrendo molto per quella toga “il sogno della sua vita” che il Csm gli costringe a gettare alle ortiche. Stringe alleanza con Di Pietro, anche lui costretto a lasciare la funzione di pm. Nel libro di Claudio Sabelli Fioretti De Magistris afferma: “Entrambi abbiamo fatto i magistrati, entrambi abbiamo fatto inchieste che hanno scosso il paese, entrambi siamo stati ostacolati dai poteri forti e subito denunce e querele…”.

Grillo è con lui in quel periodo e quando l’ex pm ottiene la carica a Presidente della commissione bilancio dell’Ue, scrive sul suo blog “Ѐ la migliore notizia dell’estate...” e ricorda un viaggio a Strasburgo con De Magistris per denunciare lo scandalo dei fondi europei finiti ai partiti, alle lobby e alle mafie. Il sodalizio con Di Pietro e Grillo non avrà lunga vita. Terminerà con il rifiuto di De Magistris a farsi monitorare dalla Casaleggio-Associati la sua comunicazione privata. Con Di Pietro finisce quando l’Idv (nel 2010) sparisce dalla scena politica. Ma Strasburgo comincia a “stargli stretta”, sta fiutando un’altra strada, quella della candidatura alle elezioni comunali di Napoli. Aspira a Palazzo San Giacomo.

Vuole Napoli, un’altra Napoli. Vuole un riscatto sociale, culturale, politico ed economico per la sua città. Rompe con tutti, con Grillo e con Strasburgo e torna a lottare per la sua città, attirandosi le ire di Grillo che nel suo blog scrive: “Di errori ne ho commessi molti… uno dei più imbarazzanti è stato Luigi De Magistris, eurodeputato, grazie anche ai voti del blog”. Arriva pronta la risposta dell’ex pm “Grillo non ha interesse che la politica cambi, ha interesse a mantenere un marchio privatistico… la sua attività politica è guidata da ben noti gruppi imprenditoriali e della comunicazione che lavorano con lui”.

Napoli…

De Magistris si candida alle comunali. Vuole diventare sindaco della città e fa uscire nella scalata a Palazzo San Giacomo l’anima e la passione di un nuovo Masaniello. Per tre mesi gira continuamente Napoli con il suo scooter, parla con la gente di rivoluzione. Va nei mercati, nelle periferie, nelle Università. “Sono veramente convinto che qui a Napoli possiamo fare una rivoluzione… è finita l’era del riformismo” dice a tutti. Inveisce contro il sistema, come al solito, e canta “Bella ciao”. Qualcuno lo scambia per un folle, un invasato, intanto la città è sommersa dai rifiuti, è una città allo sbando. “Se De Magistris va al ballottaggio mi suicido, ma non ci arriverà…” afferma Mastella, acerrimo nemico dell’ex pm. Una profezia che non si avvererà. Al ballottaggio con Lettieri, vince lui. “Amm scassat” grida trionfante.

A Napoli quel Masaniello piace. La gente gli crede, perché ha saputo sollecitare le corde del cambiamento, quello vero. Ha preso voti da tutti, in modo trasversale, da destra, da sinistra, dal centro. Ai festeggiamenti per la vittoria si presenta con una bandana arancione, colore che diventerà il simbolo della Rivoluzione arancione, che aggregherà alcuni sindaci come Marco Doria e Massimiliano Zedda. Un movimento che si ufficializzerà a Roma al teatro Eliseo a dicembre 2012. “Il movimento sarà orizzontale, senza padroni, in questo senso anarchico. Deve finire l’era del personalismo. Siamo al paradosso: difendere diritti e libertà è diventato un fatto rivoluzionario”. Sostiene la lista “Rivoluzione civile” di Ingroia, una mera operazione elettorale, destinata miseramente a fallire, che al risultato elettorale non raggiunge la soglia del 4%. De Magistris ne aveva già preso frettolosamente le distanze, a pochi giorni dalle elezioni, scaricando Ingroia. “Nessuno pensava che Ingroia non avesse in politica lo stesso carisma dimostrato da magistrato. Deludente…” dichiara ai media.

e Il suo sindaco

Insediato a Palazzo San Giacomo, dopo aver promesso di tutto alla sua città, si scontra con i molteplici problemi che l’affliggono da tempo. Lui voleva “scassare”, ma non ci riesce a mantenere le promesse ai cittadini. Ѐ un’impresa enorme e i primi due anni sono fallimentari per i cambiamenti promessi. I suoi consiglieri comunali da ventinove, si riducono a ventuno, continui rimpasti di assessori, ne saltano dieci su dodici. Aveva promesso di raggiungere l’obiettivo del 70% per la raccolta differenziata, ma arriva ad un misero 28%. “Ho ereditato dalle giunte precedenti una situazione drammatica” si difende, ma la luna di miele con i cittadini è finita.

Lo accusano di pensare alla politica nazionale, invece che ai problemi della città. E gli piomba addosso una condanna in primo grado per abuso d’ufficio, strascichi delle inchieste in Calabria. Viene sospeso dall’incarico, e lascia il palazzo comunale al vice sindaco Sodano, ma non si dimetterà. Come l’araba fenice risorge dalle ceneri come sindaco di strada. Sta dovunque fra la sua gente per riacquistarne la fiducia e intanto annota su un taccuino tutte le lamentele. Riesce così a riappropriarsi della fiducia della sua gente, investendo sul protagonismo civico e sui movimenti popolari, superando, in nome dei beni comuni, la dicotomia pubblico/privato.

La città ha un fiore all’occhiello che bisogna riconoscergli e apprezzare: è l’unica città italiana a rispettare la vittoria referendaria sull’acqua pubblica. Dopo la debacle della sospensione da sindaco, questa volta il sindaco lo fa davvero vivendo fra la gente e dedicandosi anima e corpo alla sua città. Alle elezioni del giugno 2016 De Magistris trionfa di nuovo, premiato dai suoi cittadini per la sua passione e per il suo senso civico. Ai festeggiamenti non porterà la bandana arancione, accantonata per sempre. Vince questa volta “lo zapatismo in salsa partenopea” (ndr, così il sindaco chiama un modello di autogoverno della città). Oggi è ancora a Palazzo San Giacomo, ma intende davvero rimanerci fino al 2021?

Progetto “DemA”

All’orizzonte della vita del sindaco di Napoli si stanno affacciando nuovi progetti. Si sta profilando per il suo futuro da politico l’idea di un nuovo progetto: DemA (Democrazia e autonomia) che, non so se a caso, è anche l’iniziale del suo cognome. Un progetto che lo vedrà probabilmente impegnato alle regionali in Campania e, con la lista DemA, alle elezioni europee del 2019. La finalità è “partire da Napoli, per andare oltre Napoli e ipotizzare un movimento politico nazionale che supplisca all’assenza di una vera sinistra nel Paese. Uno spazio alternativo sia al M5s, sia al Pd che alle destre e, appunto, agli attuali micro partiti della sinistra radicale. Qualcosa di nuovo che riesca ad aggregare gli ultimi della società e ridare speranza alla gente” si legge nel libro di Russo Spena.

De Magistris e Potere al Popolo

E chiudendo l’ultima pagina del libro di Giacomo, mi è doverosa un’ultima riflessione, che sento anche necessario esprimere, sull’odierno impegno politico e sociale di De Magistris. Ai progetti presenti e futuri, almeno fino ad oggi, manca un anello importante a cui il sindaco di Napoli avrebbe potuto (ndr, o dovuto?) esplicitamente collegarsi. Il progetto è quello dei giovani del collettivo “Je so pazzo”, che parte dall’ex Opg di Napoli e che in breve si è trasformato nella lista elettorale “Potere al Popolo”, coinvolgendo migliaia di persone, in più di cento assemblee su tutto il territorio nazionale.

Un movimento che si fa sempre più partecipato e porta in sé le stesse caratteristiche della città ribelle che De Magistris ha promosso nella sua Napoli. Se tutto quello che ha sostenuto in questi suoi anni di ribellione al Sistema è un principio che gli appartiene realmente, dovrà dimostrarlo con la coerenza, affiancando Potere al Popolo in questo importante periodo della campagna elettorale. Dovrà scendere nelle piazze, accanto ai lavoratori in lotta e gli ultimi della società, accettando di partecipare a questa sfida. Se non lo farà, restando nell’ombra, per costruire il suo di progetto, e inviando i suoi “uomini” a rappresentarlo, c’è il rischio che il Masaniello rivoluzionario possa lasciare il posto, nell’opinione del Popolo, a Pullecenella.

Scheda del libro

Titolo “Demacrazia” – Autore: Giacomo Russo Spena – ed. Fandango

20/01/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: Libero pensiero news

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L'Autore

Alba Vastano

"La maggior parte dei sudditi crede di essere tale perché il re è il Re. Non si rende conto che in realtà è il re che è il Re, perché essi sono sudditi" (Karl Marx)


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