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Danimarca: Copenaghen svolta a sinistra e punisce il centrismo del governo

Le elezioni locali danesi del 18 novembre segnano una brusca battuta d’arresto per i socialdemocratici di Mette Frederiksen: Copenaghen passa a una coalizione di sinistra radicale guidata da Sisse Marie Welling, con l’Alleanza Rosso-Verde primo partito nella capitale.


Danimarca: Copenaghen svolta a sinistra e punisce il centrismo del governo

Le elezioni locali danesi dello scorso 18 novembre hanno segnato una dura battuta d’arresto per il partito Socialdemokratiet della premier Mette Frederiksen, che arretra in tutto il Paese e perde Copenaghen per la prima volta da oltre un secolo. Nella capitale si afferma la sinistra radicale, con l’Alleanza Rosso-Verde (Enhedslisten – De Rød-Grønne), di cui fa parte anche il Partito Comunista di Danimarca (Danmarks Kommunistiske Partei, DKP), primo partito e l’elezione a sindaca di Sisse Marie Welling del Partito Popolare Socialista (Socialistisk Folkeparti, SF), aprendo una nuova fase nei rapporti di forza a sinistra e nei futuri equilibri nazionali.

Le elezioni locali si sono svolte simultaneamente nei 98 comuni e nelle quattro regioni del Regno di Danimarca, rinnovando 2.432 consiglieri municipali e 134 consiglieri regionali. Come da tradizione, il voto amministrativo ha rappresentato un importante test di popolarità per il governo nazionale, soprattutto in un Paese in cui il radicamento locale dei partiti è decisivo per la tenuta delle leadership. Quest’anno, poi, il voto ha assunto un significato ancora più netto, perché è arrivato dopo anni di spostamento a destra della socialdemocrazia danese sui temi dell’immigrazione, della sicurezza e del welfare, incarnato proprio dalla leader Mette Frederiksen. I risultati complessivi confermano che il partito della premier resta la prima forza a livello nazionale, ma ne esce profondamente indebolito, mentre avanzano sia la sinistra alternativa nelle grandi città, sia la destra liberale e populista in molte realtà periferiche.

Sul piano nazionale, i Socialdemocratici ottengono il 23,2% dei voti, in calo di oltre cinque punti rispetto al 2021, e scendono da 755 a 599 consiglieri comunali. La perdita è particolarmente dolorosa sul fronte delle cariche esecutive: i sindaci socialdemocratici passano da 44 a 26, mentre il partito liberale Venstre, pur arretrando in termini di voti, conquista 41 sindaci e diventa la forza con più amministrazioni locali sotto il proprio controllo. Anche il Partito Conservatore Popolare (Det Konservative Folkeparti, DKF) migliora la propria presenza nelle cariche di sindaco, mentre il Partito Popolare Socialista passa da 2 a 5 sindaci, consolidando la propria immagine di forza di governo a livello municipale. A destra, il Partito del Popolo Danese (Dansk Folkeparti, DF) e i nuovi Democratici di Danimarca (Danmarksdemokraterne, DD) di Inger Støjberg ottengono risultati significativi, soprattutto nelle aree rurali, confermando una polarizzazione territoriale sempre più marcata tra campagne e grandi centri urbani.

La sconfitta più simbolica per la socialdemocrazia danese arriva, come anticipato, da Copenaghen. Dal 1903 la capitale era rimasta saldamente sotto il controllo del centro-sinistra socialdemocratico e, dal 1938, la carica di sindaco era sempre stata appannaggio del partito di Mette Frederiksen. Un ciclo che si è interrotto quest’anno, grazie al voto per il consiglio cittadino che ha visto l’Alleanza Rosso-Verde confermarsi primo partito con il 22% dei voti e 13 seggi, nonostante una lieve flessione rispetto al 2021, mentre il Partito Popolare Socialista compie un balzo in avanti fino al 17,9%, ottenendo 10 seggi. I Socialdemocratici scendono invece al 12,7% e a 8 seggi, scivolando in terza posizione dietro la sinistra radicale ed ecosocialista. 

Il risultato numerico non si è tradotto, tuttavia, in un sindaco targato Enhedslisten. Come spesso accade nelle realtà proporzionali scandinave, la scelta del primo cittadino è frutto di un complesso accordo tra liste. Nella capitale danese, l’intesa raggiunta dopo il voto prevede che la guida del municipio spetti a Sisse Marie Welling, figura di punta del partito SF, grazie a un accordo che coinvolge l’Alleanza Rosso-Verde e altri partiti, compresi i Conservatori. Si tratta di un compromesso che combina un chiaro spostamento a sinistra nelle politiche sociali, ambientali e abitative con la ricerca di una maggioranza stabile in un consiglio fortemente frammentato. Per la prima volta da oltre cent’anni, ad ogni modo, il sindaco della capitale non è socialdemocratico, ma proviene da una formazione della sinistra verde, sostenuta in posizione egemone da un blocco radicale che ha in Enhedslisten il proprio asse.

Dal nostro punto di vista, comunque, la vittoria politico-simbolica dell’Alleanza Rosso-Verde è di particolare rilievo. Nata nel 1989 come cartello tra tre formazioni marxiste – i Socialisti di Sinistra, il Partito Comunista di Danimarca e il Partito Socialista dei Lavoratori – Enhedslisten rappresenta da decenni il punto di riferimento della sinistra radicale danese, legata alle tradizioni del movimento operaio e comunista. Il Partito Comunista di Danimarca, protagonista storico del movimento sindacale e delle lotte sociali del Novecento, ha trovato in questo quadro un canale di rappresentanza istituzionale, portando in consiglio comunale quadri e attivisti legati a un programma esplicitamente anticapitalista. L’egemonia della sinistra radicale a Copenaghen, corroborata dalla crescita di SF e dal ruolo dei comunisti, consegna alla capitale danese il ruolo di laboratorio europeo di una sinistra che prova a coniugare critica sistemica al neoliberismo, difesa intransigente del welfare e svolta ecologista.

Il manifesto diffuso dal DKP nella campagna per “una Copenaghen rossa” offre una lente utile per leggere il significato politico di questo risultato. I comunisti rivendicano un municipio capace di sfidare la “legge di bilancio”, la “legge sui ghetti” e l’insieme di vincoli che, negli ultimi anni, hanno imposto tagli alla spesa sociale e politiche di segregazione nei quartieri popolari. Denunciano la privatizzazione dei servizi, l’affidamento di compiti pubblici ad attori privati che drenano risorse dalle casse comunali e regionali, e propongono il ritorno della mobilità collettiva sotto pieno controllo pubblico, con l’obiettivo dichiarato di renderla gratuita. Nella loro piattaforma trovano spazio la difesa di tutti i polmoni verdi urbani, incluse le aree di orti e le strutture sportive minacciate dalla speculazione, l’aumento dei fondi per cultura e sport, il rilancio della scuola pubblica e di un sistema educativo capace di contrastare le diseguaglianze, una vecchiaia dignitosa per gli anziani, la lotta alla povertà e alla stigmatizzazione di disoccupati, malati, senzatetto. Il Comune viene accusato di trasformare il problema dei parcheggi in una fonte di profitto – con centinaia di milioni di corone di incassi – mentre mancano posti letto per i senzatetto e ore di assistenza agli anziani, in un contesto in cui povertà infantile e senza dimora sono in crescita. L’appello finale sottolinea che “l’esistente non risolve i nostri problemi, li crea”: una formulazione che riassume la critica di classe e la disponibilità al conflitto sociale che il DKP porta dentro il nuovo equilibrio municipale.

Questa piattaforma radicale ha trovato un terreno fertile in una Copenaghen colpita duramente da anni di politiche abitative sbilanciate verso la rendita. La capitale danese è oggi uno dei mercati immobiliari più cari del Nord Europa, con affitti cresciuti vertiginosamente e una crescente difficoltà per studenti, lavoratori a basso reddito e famiglie migranti a trovare alloggi accessibili. Il malcontento per la crisi abitativa, combinato con l’insoddisfazione rispetto alle privatizzazioni dei servizi e alla gestione della mobilità urbana, ha alimentato la ricerca di alternative a sinistra, a maggior ragione in una città dove una quota crescente di popolazione ha valori progressisti, ecologisti e internazionalisti.

La sconfitta socialdemocratica a Copenaghen ha anche un chiaro risvolto nazionale. Mette Frederiksen è stata tra le principali artefici dello spostamento a destra della socialdemocrazia europea in materia di immigrazione, arrivando a proporre modelli di esternalizzazione dell’asilo e controlli draconiani sui migranti che hanno ispirato il dibattito in altri Paesi, come il Regno Unito e l’Italia. L’asse stretto con la premier italiana Giorgia Meloni e con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen nella richiesta di un inasprimento complessivo delle politiche di respingimento ha rafforzato l’immagine di una socialdemocrazia “di ordine”, pronta a sacrificare i propri principi sull’altare del consenso. Proprio questa svolta, secondo molte analisi, ha alienato una parte importante dell’elettorato urbano progressista, in particolare nelle grandi città come Copenaghen, dove la presenza di cittadini di origine extracomunitaria è significativa e dove settori consistenti della classe media istruita rifiutano la retorica securitaria e razzializzante.

In questo scenario, Copenaghen si offre come laboratorio osservato con attenzione da tutta la sinistra europea. La combinazione tra primato dell’Alleanza Rosso-Verde, peso dei comunisti e guida municipale di SF pone la capitale danese in una posizione simile a quella di altre città governate da coalizioni progressiste e verdi, da Amsterdam a Zagabria, pur con specificità legate al contesto scandinavo. La capacità della nuova giunta di tradurre in scelte concrete le parole d’ordine della campagna – dal diritto alla casa alla difesa del welfare, dalla mobilità pubblica e accessibile alla lotta contro la gentrificazione – determinerà se la “Copenaghen rossa” evocata dal DKP rimarrà un semplice slogan o diventerà il segnale di una più ampia inversione di tendenza nel Nord Europa. Quel che è certo è che le elezioni locali hanno incrinato il mito dell’egemonia socialdemocratica danese e aperto uno spazio nuovo alla sinistra radicale, confermando ancora una volta come i cambiamenti più profondi spesso partano dalle città.

21/11/2025 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Giulio Chinappi
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