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Non era una trattativa!

Si continua ad oscurare in Occidente il fallimento degli accordi di Minsk e le motivazioni del conflitto tra Ucraina e Russia. Le trattative di Istanbul sono su un binario morto, non prendendo in considerazione la questione territoriale, per l’ostilità di Zelensky, e gli altri punti per una pace.


Non era una trattativa!

Sono più di tre anni, dal 24 febbraio del 2022, che il conflitto tra Ucraina e Russia è iniziato ed ha provocato devastazioni e morti, attraversando varie fasi. La fase in corso, oltre ad essere ritmata da attacchi da ambo le parti, presenta continue dichiarazioni soltanto di pubblicità, sia da parte della Nato sia da parte dei capi di Stato, come quelli della Francia e del Regno Unito, in quanto non tengono in considerazione della situazione reale sul campo di battaglia, dove si vede bene che la Russia ha conquistato e controlla vari territori dell’Ucraina. Le motivazioni della nascita del conflitto sono sempre oscurate, compreso il fallimento degli Accordi di Minsk 1 e Minsk 2.

L’invio continuo di armi da parte dell’Ue, sebbene abbia permesso alle forze armate ucraine di cercare di difendersi, non ha fatto altro che alimentare il conflitto. L’Ue nel suo insieme non si è mai impegnata per arrivare ad un accordo di pace, proponendo soltanto una tregua senza condizioni di trenta giorni che chiaramente appare finalizzata soltanto ad agevolare un riarmo dell’Ucraina per continuare il conflitto. Stiamo assistendo da varie settimane al rilancio da parte dei media, nazionali ed esteri, di un incontro per una presunta trattativa tra Mosca e Kiev a Istanbul per il 15 maggio. Questo incontro di Istanbul nei fatti non ha aperto una trattativa poiché, in parallelo, venivano rilasciate dichiarazioni su un ultimatum a Putin e alla Russia, pena un nuovo pacchetto di forti sanzioni se non avesse sottoscritto un accordo tra le parti per una tregua incondizionata. Tregua da stipulare in vista, alquanto in astratto, di una pace concordata che, al momento, non è minimamente delineata, in quanto Zelensky ha dichiarato continuamente che non riconosce i territori conquistati dalla Russia e rivendica l’integrità dell’Ucraina. L’incontro c’è stato, ma il giorno dopo, il 16 maggio, un comunicato dell’Ansa ha avuto per titolo: “Zelensky: «Delegazione russa senza potere, il mondo reagisca»”, continuando con questi toni: “Potete vedere la delegazione russa che è arrivata in Turchia è di basso livello, non credo possa decidere. La nostra priorità è un cessate il fuoco pieno e incondizionato. E non credo che la delegazione russa che oggi è in Turchia possa concordare". Questa dichiarazione di Volodymyr Zelensky, che non era a Istanbul ma al vertice di Tirana, rappresenta la prova che non si vuole concludere questo conflitto con una pace concordata, tanto che il comunicato continua: “«Il mondo dovrà rispondere, la sua reazione dovrà essere forte, con incluse nuove sanzioni», ha sottolineato”. Questo incontro, quindi, non è stato organizzato per fare una trattativa.

A parte i giudizi di Zelensky sulla delegazione russa poco rispettosi nell’insieme, non è certo questo il modo di fare dichiarazioni per avviare una trattativa quando si vuole sottoscrivere un accordo, anche se solo di tregua ma in prospettiva di una pace. Probabilmente non si ha davvero il desiderio di porre fine a questo conflitto soprattutto da parte della Commissione Ue che, tra silenzi e dichiarazioni su sanzioni alla Russia, accetta il comportamento di Zelensky. Il vertice, al quale Zelensky stava partecipando, era il sesto organizzato dalla Comunità Politica Europea (CPE) con i 27 membri dell'Ue più 20 Stati non Ue [1]. Questo vertice è stato un momento di confronto per affrontare sfide in comune e tracciare un percorso collettivo verso il futuro sulla scia dei precedenti vertici tenutosi nella Repubblica Ceca, Moldavia, Spagna, Regno Unito e Ungheria. Il vertice di Tirana aveva l'obiettivo di realizzare un dialogo politico aperto e una cooperazione concreta, ma i conflitti bellici in corso, quello tra Ucraina e Russia e quello tra Israele e Hamas, che riguarda la striscia di Gaza, hanno occupato la scena mediatica e si sono rivelati problemi aperti con ostacoli da superare. Dalle varie dichiarazioni rilasciate dai media è emerso che Putin e la Russia sono i problemi dell’Europa, ma non c’è convergenza piena su come risolverli; pertanto il conflitto tra Ucraina e Russia continua, e viene continuamente alimentato con impegni di invio di armi per sostenere, con ragioni astratte, il riarmo messo in campo dall’Ue che prevede investimenti in armamenti per 800 miliardi. Contro la Russia si agitano soltanto sanzioni e si promuovono ulteriori aiuti militari all’Ucraina, a quanto pare, anche prevedendo l’invio di soldati europei in Ucraina nonostante questa scelta diffusa sui media sia poi smentita. La notizia di invio di un contingente “di pace” europeo è però diffusa. I media, quindi, danno il loro contributo a confondere l’opinione pubblica. L’obiettivo è quello di sostenere che non si possono fare accordi di pace senza prima fare una tregua incondizionata di trenta giorni. Il tutto serve per prolungare il conflitto all’infinito nonostante il fatto che le delegazioni russe e ucraine in questo incontro di Istanbul abbiano concordato lo scambio di mille prigionieri. Questo dimostra che gli incontri producono qualcosa quando i partecipanti discutono sui problemi aperti, anche se non se ne parla quasi mai.

Per Zelensky, su questo incontro di Istanbul, era già tutto preparato, ovvero non partecipare perché doveva essere al vertice di Tirana. Questa ambiguità faceva perno sul fatto che Putin non aveva annunciato che avrebbe presieduto l’incontro. La sua mancata partecipazione è stato l’unico argomento agitato insieme a quello della tregua incondizionata per non discutere di nulla e non fare nessun accordo per raggiungere la pace; infatti, al termine dell’incontro, la delegazione della Russia quando ha chiesto alla delegazione dell’Ucraina “di cedere territori prima della tregua”, Zelensky in tempo reale, sebbene non presente all’incontro, ha dichiarato: “è inaccettabile”. Questo significa che l’Ucraina e la Commissione dell’Ue non riconoscono l’occupazione dei territori ucraini da parte della Russia. Ciò nonostante, Vladimir Medinsky, il capo della delegazione russa a Istanbul ha dichiarato: “siamo soddisfatti e pronti a continuare i contatti. Ognuno presenti la propria visione di un possibile cessate il fuoco” [2]. La diplomazia russa opera con un mandato che considera irreversibilmente russi i territori occupati, ma la delegazione ucraina quale mandato aveva?

L’incontro era stato promosso da Trump, che è intenzionato a concludere questo conflitto e questo lo si è capito bene ma, attenzione, i paesi europei non lo vogliono chiudere questo conflitto e soprattutto quelli che si sono definiti “volenterosi”, rappresentati dalla Francia e dal Regno Unito principalmente. Questa coalizione, ristretta e poco interessata a una pace, ha stabilito con il vertice di Parigi del 27 marzo scorso, organizzato da Macron, 3 aree d’interventi. La prima è preparare un sostegno stabile alle forze armate ucraine; la seconda è creare una forza militare da impiegare sul territorio ucraino; la terza è mirata al potenziamento delle capacità di difesa dell’Europa. Quest’ultima è chiaro che è in sintonia con l’economia di guerra decisa e approvata dalla Commissione Ue con il noto piano di investimento di 800 miliardi per la difesa di cui ne dovrebbe beneficiare anche l’Ucraina. Questo quadro d’interventi ben conclamati è affiancato da dichiarazioni di richiesta alla Russia di “pace giusta”. Si vuole che la Russia rinunci ai territori militarmente occupati, senza mai precisare quali sarebbero le basi per un accordo di “pace giusta”; tuttavia la pace è impossibile rilanciando, nel contempo, continuamente un ultimatum per una tregua di 30 giorni che, se non è accettato, darebbe avvio a ulteriori e nuove sanzioni.     

Putin ha ribadito più volte che un possibile accordo per la fine del conflitto deve basarsi sulle nuove realtà territoriali, ovvero su quanto ha conquistato finora la Russia. Il punto fondamentale sul quale la Russia e l’Ucraina dovranno confrontarsi per trovare un accordo, possibilmente durante l’anno in corso, è quello del ritiro delle forze ucraine dalle quattro regioni parzialmente occupate: Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhya e Kherson. Il problema è che Zelensky ha sempre ribadito che il ripristino dell’integrità territoriale dell’Ucraina è un punto fondamentale. Nella delineazione del suo piano per la vittoria, che rilancia continuamente, non ha mai parlato di territori di fatto russi che dovrebbero essere riconosciuti internazionalmente come tali. Non è un caso che Trump prevederebbe regioni autonome su ogni lato di una zona demilitarizzata. La questione territoriale è il nodo principale per la risoluzione di questo conflitto e viene sistematicamente oscurata dai media, come se non esistesse. Com’è noto ci sono altre questioni, come la non entrata dell’Ucraina nella Nato e nell’Ue, ma è chiaro che sono scelte che dovrà fare l’Ucraina a guerra finita, anche se per la Russia questi punti dovrebbero essere sanciti da un possibile accordo di pace. La Nato vuole che l’Ucraina entri nell’alleanza in modo che possa stabilmente posizionare le sue basi militari in Ucraina lungo i confini della Russia. La Russia dovrebbe accettare ciò, ma questo la Russia non l’accetterà mai. Forse diversa si presenta la questione dell’ingresso dell’Ucraina nell’Ue, ma fino ad un certo punto perché Ue e Nato, com’è noto, sono insieme.   

Quali sviluppi potranno esserci? Tutto appare fermo, tanto che la delegazione ucraina, guidata dal ministro della Difesa, Rustem Umerov, ha chiesto ufficialmente un incontro fra i presidenti dell’Ucraina e della Federazione Russia, Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin, ma non ha voluto discutere, neanche informalmente, le modalità per un cessate il fuoco. Questo significa che forse sul tema si stia ragionando ai livelli alti dell’Ucraina. Zelensky e il governo ucraino, quindi, si stiano orientando ad aprire un nuovo corso per presentare proposte nuove per un accordo, oltre la tregua incondizionata che non è realizzabile. Questo incontro, ripetiamolo, non è stata una trattativa. Era chiaro anche prima che non ci sarebbe stata nessuna trattativa per negoziare una pace. Trump ha dichiarato che si arriverà alla pace solo quando lui e Putin si parleranno direttamente. Ovviamente la cosa è di per sé poco attendibile in sé, ma le vie della diplomazia tra Capi di Stato sono imprevedibili. Dagli Emirati Arabi Uniti, dove è stato in visita ufficiale, ha dichiarato che l’incontro con il presidente della Federazione russa sarà organizzato appena possibile, ma le dichiarazioni russe hanno detto che l’incontro potrà esserci solo dopo che ci sarà stato un accordo tra l’Ucraina e la Russia. Intanto lunedì 19 maggio, alle ore 16, c’è stata una telefonata tra i due [3], ma non c’è stata nessuna svolta [4]; tuttavia è importante che i contatti continuino. 

La Russia  ha ripreso a bombardare l’Ucraina e ci sono state ancora vittime civili nel distretto settentrionale di Sumy, dove un drone ha colpito un minibus come ha confermato l’amministrazione militare locale precisando che almeno 9 persone sono rimaste uccise e 4 sono i feriti, tra cui alcuni gravi. L’attacco è avvenuto mentre il minibus stava lasciando la cittadina di Billopilja [5] per dirigersi a Sumy. Purtroppo, tra incontri vari e telefonate tra Trump e Putin, continuano ad esserci morti e feriti. 

Note:

[1] Riunione della comunità politica europea: i leader partecipanti e i temi in agenda, Sky Tg24, 16 maggio 2025.

[2] Notizia riportata dal sito Fanpage.

[3] Guerra Ucraina Russia, Trump: "Lunedì parlerò con Putin, poi toccherà a Zelensky", Sky Tg24, 17 maggio 2025.

[4] Ucraina, Putin respinge la tregua ora, ma è pronto a trattare la pace, Ansa, 20 maggio 2025.

[5] Guerra in Ucraina, Kiev: “Nove morti in un attacco russo a un minibus”, Alanews, 7 maggio 2025.

23/05/2025 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Felice di Maro
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