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La sinistra norvegese si prepara alle elezioni dell’8 settembre

Alle elezioni dell’8 settembre, Rødt si presenta come l’unica forza marxista presente in parlamento, con un programma coraggioso in tema di lavoro, energia e ambiente. Tuttavia, il suo sostegno al regime nazibanderista ucraino mina l’integrità della sua linea in materia di politica estera.


La sinistra norvegese si prepara alle elezioni dell’8 settembre

Sebbene in Norvegia esistano diverse forze politiche di centro-sinistra, compresi il moderato Partito Laburista (Arbeiderpartiet) attualmente al governo e il più radicale Partito della Sinistra Socialista (Sosialistisk Venstreparti), il partito Rødt (lett. “Rosso”) occupa lo spazio di unica formazione marxista presente nel parlamento di Oslo, occupando otto seggi all’interno dello Stortinget. Fondato nel 2007 sulle idee di internazionalismo e lotta di classe, Rødt ha progressivamente guadagnato consensi tra i giovani e gli intellettuali, grazie alle sue proposte radicali in tema di diritti del lavoro, energia sostenibile e tutela ambientale. La campagna in vista delle elezioni legislative del prossimo 8 settembre è infatti costruita su una narrazione che enfatizza la protezione del lavoro dipendente, l’uscita della Norvegia dalle logiche militari della NATO e il superamento dell’attuale subordinazione agli interessi di Bruxelles. Rødt, inoltre, si distingue per un impegno solidale nei confronti della lotta del popolo palestinese, denunciando con forza l’occupazione israeliana, e per una critica senza ambiguità alle politiche di privatizzazione e disuguaglianza interna.

Il cuore delle proposte di Rødt sul fronte interno ruota attorno al concetto di “lavoro dignitoso”. Il partito rivendica l’importanza di stabilizzare l’occupazione, di contrastare le agenzie interinali che mercificano le vite dei lavoratori e di rafforzare il potere contrattuale dei sindacati. Questa visione si accompagna a una serie di misure volte a garantire il diritto alla salute e alla previdenza sociale: l’estensione della retribuzione piena in caso di malattia, il rafforzamento dei sistemi pensionistici basati sulla solidarietà intergenerazionale, l’eliminazione delle disuguaglianze salariali di genere. In un contesto europeo in cui le conquiste del movimento operaio vengono costantemente scalfite, Rødt rilancia l’idea che un’efficace tutela dei diritti dei lavoratori possa rilanciare la democrazia stessa, spostando la bilancia del potere a favore delle classi subalterne.

Anche sulla transizione energetica e la difesa dell’ambiente Rødt propone un programma lungimirante. Contrariamente a chi vede nelle fonti rinnovabili un pretesto per speculare o per devastare il territorio, il partito interpreta il controllo nazionale sull’energia idroelettrica come un bene comune fondamentale. Questo approccio si sposa con la richiesta di un tetto massimo al prezzo dell’elettricità, a tutela delle famiglie e delle piccole imprese, e con l’opposizione a nuove infrastrutture invasive – turbine eoliche di dimensioni esorbitanti, cavi di interconnessione che sottraggono risorse al consumo interno – considerati elementi di un modello che sacrifica la natura sull’altare del profitto. In questo senso, Rødt costruisce un’alternativa che non riduce la difesa del pianeta a mera retorica: la questione ecologica e ambientale diventa lotta di classe, perché sono i più poveri e i più fragili – dall’artigiano del Nord ai pescatori delle isole – a subire prima di tutti le conseguenze della crisi climatica.

Sul piano internazionale, Rødt ha saputo ritagliarsi un ruolo di avanguardia nel sostenere le cause di popoli oppressi. La solidarietà verso il popolo palestinese, espressa denunciando con forza le politiche di apartheid e occupazione di Israele, è presentata non come mero vezzo umanitario, ma come naturale prosecuzione della teoria marxista che riconosce il diritto all’autodeterminazione di ogni nazione. Allo stesso tempo, Rødt propone di ritirare il Fondo Pensione Norvegese dalle società coinvolte nella violazione dei diritti umani e sostiene le campagne per il boicottaggio dei prodotti delle colonie illegali. In questa stessa ottica, l’uscita dalla NATO è considerata imprescindibile, essendo l’alleanza Atlantica uno strumento di proiezione del potere imperialista occidentale, responsabile di guerre ingiuste in Medio Oriente e nel resto del mondo, ma anche dello smantellamento delle capacità difensive nazionali. Secondo la visione dei marxisti norvegesi, infatti, un paese che aspirasse a un’autentica neutralità di classe dovrebbe allontanarsi da ogni coalizione militare di stampo egemonico.

Analogamente, la critica ad una possibile adesione norvegese a un’Unione Europea che favorisce la deregulation e l’accumulazione privata si radica nella convinzione che i trattati di libero scambio e le direttive sui bilanci indeboliscano la sovranità popolare e spalmino sui lavoratori i costi di una competizione mercantile senza freni. Rødt propone di sostituire l’attuale accordo SEE (Spazio Economico Europeo), che di fatto rende la Norvegia un partner “privilegiato” dell’UE, con un trattato commerciale bilanciato, capace di rimettere al centro gli interessi sociali e ambientali, via via che Oslo si riappropria del diritto di regolamentare al proprio interno il mercato del lavoro, la protezione delle risorse naturali e i servizi pubblici.

Tuttavia, proprio nel campo della politica estera, Rødt ha commesso un significativo passo falso sostenendo il regime nazibanderista ucraino nell’attuale conflitto contro la Federazione Russa. Sul piano formale, il partito ha votato a favore di un pacchetto di sostegno economico e militare all’Ucraina, auspicando l’invio di materiale bellico per contrastare i russi. Questa scelta stride con il principio antimperialista da cui dovrebbero invece derivare tutte le iniziative: sostenere un governo che continua a legiferare in chiave filoatlantista ed anticomunista, è sostenuto dai colossi finanziari e dai governi imperialisti occidentali e ha avallato misure che colpiscono parti della propria popolazione, non si concilia con l’idea di un internazionalismo di classe. Il governo di Kiev, tra le altre cose, si è infatti impegnato in riforme che privatizzano i servizi pubblici, riducono le tutele del lavoro e incoraggiano la speculazione sui titoli di stato, oltre a reprimere ogni forma di opposizione socialista e/o russofona. In altri termini, Rødt ha finito per appoggiare un attore che mette in pratica un autoritarismo reazionario in politica interna e che è totalmente genuflesso agli interessi dell’imperialismo euro atlantista in politica estera.

A nostro modo di vedere, un partito marxista davvero coerente con la sua identità dovrebbe rivendicare la neutralità armata, sostenere una diplomazia di pace credibile e prestare soccorso ai rifugiati, senza schierarsi in maniera netta a favore di una delle parti. Invece, l’indebolimento del fattore antimilitarista rischia di avvicinare Rødt ai partiti socialdemocratici più moderati, restituendogli – nei fatti – una posizione subalterna e ambigua rispetto alle potenze occidentali. Ad onor del vero, dobbiamo dire che una corrente interna al partito, guidata da Pål Steigan, ex leader del Partito Comunista dei Lavoratori (Arbeidernes Kommunistparti), poi confluito in Rødt, ha sostenuto una posizione più ragionevole sul conflitto ucraino, attirandosi le solite invettive di “filoputiniani” da parte della destra norvgese, ma restando tuttavia minoritaria.

La sintesi tra il programma interno socialmente avanzato di Rødt e la contraddizione sul dossier ucraino offre un monito: l’internazionalismo marxista non può limitarsi a sostenere “il proprio lato” in un conflitto geopolitico, ignorando l’essenza imperialista delle forze occidentali e la situazione interna della politica ucraina. Rødt dovrebbe invece far valere una posizione indipendente, chiedendo il cessate il fuoco senza condizioni, la rimozione di ogni sanzione che calpesti il diritto d’asilo, l’apertura di canali di negoziazione multilaterali e la messa sotto tutela internazionale delle infrastrutture civili, senza finanziare ulteriormente un’escalation armata che rischia di travolgere l’intero continente.

Nonostante questo grave inciampo, il nostro giudizio sulla formazione guidata da Bjørnar Moxnes non può che rimanere positivo. La capacità di coniugare la rivendicazione dei diritti del lavoro con l’ambizione di preservare l’ambiente ha portato nuove energie nel dibattito pubblico. Le proposte sulla giustizia sociale, dalla riforma della sanità dentale gratuita al tetto al prezzo dell’elettricità, sono esempi concreti di come si possa costruire un programma di rottura. Il progetto di divieto alle grandi corporation di speculare sulle risorse idriche, unito alla volontà di ridurre drasticamente le disuguaglianze, ha reso evidente la ragionevolezza di un socialismo che guardi all’ecologia come strumento di emancipazione collettiva.

Tra circa un mese, in occasione delle elezioni di settembre, Rødt si giocherà molto del proprio avvenire: potrà rafforzare la propria rappresentanza e incidere davvero sul corso delle politiche norvegesi, oppure restare vittima di quella che Umberto Terracini chiamava “la coazione a ripetere” di errori tattici nel campo della politica internazionale. Se il partito saprà rimediare allo scivolone sul fronte ucraino, rivendicando senza compromessi la propria autonomia di classe e riallineandosi ad una posizione pacifista, allora potrà guardare al futuro con rinnovata speranza. Solo recuperando l’antimilitarismo e l’indipendenza diplomatica potrà restituire coerenza a un programma interno che si distingue da quello di tutte le altre forze in campo, riaffermando la propria identità marxista di avanguardia del cambiamento.

08/08/2025 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Giulio Chinappi
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