Nella nuova puntata dell’Osservatorio sul mondo che cambia, il professor Orazio Di Mauro affronta le dinamiche più calde della scena geopolitica internazionale. Si parte da Gaza, dove Israele ha fatto irruzione a Gaza City con l’impiego di carri teleguidati e bulldozer, mentre tiene i riservisti lontani dal fronte per evitare nuove proteste. Le perdite continuano a crescere e, tra le ipotesi, si fa strada quella di un cessate il fuoco che potrebbe maturare a fine mese dopo un incontro tra Trump e Netanyahu. Di Mauro racconta anche l’attacco con droni alla Sumud Flottiglia, avvenuto a sud di Creta, dove armi non letali hanno causato danni e paura tra gli attivisti. In questo scenario è intervenuta la marina italiana: la fregata Fasan, su ordine della Meloni e del ministro Crosetto, ha scortato la flottiglia fino al cambio con la fregata Alpino, equipaggiata per la guerra antisommergibile, segno che potrebbero esserci stati sottomarini israeliani in azione. Una presenza militare che, almeno in acque internazionali, potrebbe garantire alla flottiglia di proseguire senza ulteriori aggressioni. Questo risultato è stato attribuito al successo delle manifestazioni in Italia a favore della Palestina, che hanno spinto il governo italiano a intervenire. Dal fronte ucraino arrivano invece aggiornamenti contrastanti: i media occidentali parlano di droni russi sulla Polonia ma le prove mancano. Commenta anche lo sconfinamento di tre MIG-31 russi in Estonia, ridimensionando l’episodio come un errore tecnico frequente e non una minaccia diretta. Sul campo, la Russia avanza lentamente ma costantemente: la strategia dei “calderoni” logora Kiev, costretta a ritirarsi da posizioni chiave come Kupyansk, mentre le riserve ucraine si assottigliano. Una guerra di usura che Mosca conduce con cautela per evitare guerriglie nei territori occupati. Il professore sposta infine lo sguardo in Sud America, dove gli Stati Uniti hanno schierato navi militari davanti al Venezuela. Una dimostrazione di forza che, dietro la retorica della sicurezza, nasconde l’interesse per le immense risorse petrolifere del paese. Intanto a Washington si discute di una legge che garantirebbe a Trump poteri quasi assoluti in caso di guerra. Una deriva che, insieme alla militarizzazione crescente dell’Europa, rivela come le tensioni internazionali stiano ridisegnando non solo i confini, ma anche le forme della politica e della democrazia.