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Meglio un figlio morto che disoccupato

Quando il metateatro si presta alle cause sociali, raccontando il dramma delle polveri della morte nel Poligono più grande d’Europa.


Meglio un figlio morto che disoccupato

Una canzone scritta da Italo Calvino, datata 1961, recita: "Un giorno nel mondo finita fu l’ultima guerra/ il cupo cannone si tacque e più non sparò/ e privo del tristo suo cibo dall’arida terra/ un branco di neri avvoltoi si levò/ Dove vola l’avvoltoio?/ avvoltoio vola via/ vola via dalla terra mia/ che è la terra dell’amor"[1]

Il richiamo a questa poesia appare chiaro nello spettacolo teatrale "L’Avvoltoio. Sembrava la neve” [2], nato dall’inchiesta giornalistica di Anna Rita Signore, resa dialogo ispirato e corale anche grazie alla magistrale regia di Cesar Brie. La Sardegna, zona più militarizzata d’Europa, il cui lato oscuro sembra sconosciuto ai più, è posta al centro di questa rappresentazione con l’analisi di un disastro, di una strage silenziosa i cui danni sono ancora da quantificare.

Si tratta di Quirra, un piccolo paese situato a ridosso della costa orientale della Regione poco antropizzato ma molto fertile, paradossalmente noto per la longevità dei suoi centenari, la cui economia ruota ormai interamente attorno al Poligono Interforze più grande d’Europa, sorto nel 1956 a seguito di un accordo tra gli Stati Uniti e l’Italia, che oggi ospita gli eserciti dei Paesi di tutto il mondo, riuniti sotto l’egida della NATO.

Il metateatro, col suo contenuto di denuncia divenuto polifonia in grado di far nascere dalle ceneri del dramma un testo di coscienza e lotta, si presenta come una riflessione sulla Sardegna, terra insulare, generosa di frutti e popolata di gente tenace che, quando cede al ricatto occupazionale non organizzando contro-iniziative comuni, diviene mangime per una cattiva politica.

Quest’ultima, la politica degli avvoltoi, ruota prevalentemente attorno al business del militarismo e della produzione bellica: alimentandolo, si lega indissolubilmente la vita civile a quella militare, comprensiva dei suoi Paradise Papers, aziende poco trasparenti come la Vitrociset, la Leonardo (ex Finmeccanica), i dirigenti à la Cefis ed i dipendenti conniventi – causa logica del ‘’tengo famiglia" – ma anche delle stragi e degli oscuri casi ancora irrisolti o caduti nell’oblio.

Le domande che sorgono, visti anche i nutriti dossier sul rapporto di causalità tra l’industria della Difesa, i suoi effetti quasi epidemici sull’ambiente e, conseguentemente, sulla salute pubblica, sono relative al modo in cui i traffici, le operazioni di guerra simulata e gli esperimenti militari incidano, con rilevanti effetti locali e geopolitici, sulla vita collettiva. [3]

A decidere se il Poligono più grande d’Europa, ovvero quello Interforze del Salto di Quirra, sia realmente colpevole dei giochi di guerra che hanno occupato il 61% della Sardegna ad un prezzo troppo alto per la salute collettiva, sarà un processo in corso a Lanusei, seppur ancora in fase dibattimentale. La sua importanza è storica, giuridica, politica e sanitaria e, nonostante sia stato apertamente osteggiato dall’Avvocatura di Stato nel ruolo della difesa degli imputati, sono stati ammessi a testimoniarvi anche personaggi illustri e discussi perché pezzi strategici dello Stato e della Difesa, tra i quali Sergio Mattarella, Salvatore Cicu, Emidio Casula, Arturo Parisi, Ignazio La Russa e Giorgio Napolitano. I reati contestati vanno dall’omissione aggravata di cautele contro infortuni e disastri, passando per il falso ideologico aggravato in atto pubblico e ostacolo aggravato alla difesa, per l’omissione di atti d’ufficio dovuti per ragioni di sanità e igiene, l’omissione dolosa aggravata di cautele contro infortuni e disastri, l'omissione di atti d’ufficio dovuti, fino all'ostacolo aggravato alla difesa da un disastro e favoreggiamento aggravato.

Il processo soprannominato "veleni di Quirra" appare dunque quanto mai strategico innanzitutto perché, per la prima volta nella storia della Repubblica Italiana, sono stati imputati i vertici militari, i generali ed i colonnelli dell’esercito: dall’analisi dei capi d’imputazione e degli atti emessi anche dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sugli effetti dell'utilizzo dell’uranio impoverito, presieduta dal senatore PD Gian Piero Scanu, emerge come questi abbiano anteposto gli interessi dell’apparato militare e del comparto bellico a quelli, anch’essi costituzionalmente garantiti, della tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini.

L’importanza giuridica dello stesso, invece, si fonda su un cortocircuito istituzionale non nuovo alla storia repubblicana (basti vedere, su tutti, i drammatici casi di Ustica e dell’Istituto Salvemini): è infatti lo Stato, rappresentato dai Pubblici Ministeri e dalla Procura Generale, ad accusare un altro pezzo di esso, ovvero gli otto generali alla sbarra, per aver commesso reati gravissimi contro l’ambiente e le persone. Gli imputati sono rappresentati e difesi dall’Avvocatura di Stato e l’arduo compito di emettere una sentenza spetta sempre a quest'ultimo, nella fattispecie di Quirra al giudice Serra, sul cui operato sono riposte le speranze delle parti civili, degli attivisti e di una buona parte dell’opinione pubblica.

La sentenza che, per estensione, riguarderà anche i molteplici casi correlati e spesso sconosciuti agli stessi cittadini interessati, non spetterà solamente ad un settore ben preciso dello Stato il quale, come già sottolineato, sarà chiamato ad esprimersi sull’operato di un altro ambito dello stesso: bensì, sarà anche un verdetto politico che interesserà la società sarda ed italiana tutta secondo criteri di giustizia popolare, priva di provvedimenti di grazia e prescrizione, diversa dallo stringente legalitarismo statale che si piega alle bieche logiche del potere.

L’importanza sanitaria della cosiddetta "sindrome di Quirra", paragonabile a quelle del Golfo, dei Balcani e di Mogadiscio, la quale colpisce sia i soldati che lavorano all’interno del Poligono sia i civili con la sola colpa di abitare nelle zone militarizzate, alimenta il comprovato sospetto che, all’interno della base, siano stati usati missili vietati al torio e radon, munizioni all’uranio impoverito ed altre che, con le esplosioni, abbiano rilasciato nano-particelle di metalli pesanti, radioattivi e cancerogeni.

Numerose ricerche ed inchieste, a partire dalla relazione dell'Agenzia Regionale per la protezione dell’ambiente della Sardegna risalente al 2016, hanno dimostrato un incremento di decessi, aborti, malformazioni fetali e patologie oncologiche anche sul territorio limitrofo, oltre ad un inquinamento ormai irreversibile esteso all’aria, alle falde acquifere ed alla catena alimentare, quindi incalcolabile perché su vastissima scala.

Inoltre il comparto bellico, in barba alle dichiarazioni dei difensori dei benefici diretti ed indiretti dell’indotto, produce inceneritori, discariche e depositi di scorie nucleari, armi chimiche e batteriologiche, ovvero funzioni indesiderate che lo Stato concentra in Sardegna, facendo leva sul suo scarso livello di densità abitativa.

Le ‘’polveri della morte" emesse dai Poligoni - soprattutto Quirra e Teulada, il secondo più grande d'Europa - sono metaforicamente descritte nel corso dello spettacolo L’Avvoltoio: ‘’Sembrava la neve, ma senza il freddo. Sembrava il deserto, ma senza la sabbia".

Il rigoglioso ambiente sardo, interessato da una strage silenziosa cominciata con la cessione del suolo pubblico già dai tempi della Guerra Fredda in funzione strategica nello scacchiere internazionale, appare oggi di fatto deturpato da un’attività civile che militarizza il territorio "sottraendolo a qualsiasi controllo ed espressione della volontà popolare mediante recinzioni, leggi speciali e segreti di Stato", secondo quanto dichiarato dal deputato sardo di Articolo 1-MDP Michele Piras, membro della IV Commissione Difesa fino all'8 marzo 2017. [4]

Alla luce dei fatti, risulta necessario l'incontro tra la trasposizione teatrale, l'ottima recitazione degli interpreti e la società civile, in modo tale da abbattere la barriera di silenzi opposti dallo Stato e caduti, come una cupa cortina, anche sulla popolazione più fragile dal punto di vista socio-culturale, ovvero quella che accetta per paura, tacendo per preservare un posto di lavoro anche a scapito della salute propria, della famiglia e dell’intera comunità. Il teatro civile diretto con maestria e delicatezza da Cesar Brie narra le vicende di Quirra come archetipo dei drammi ambientali e politico-sociali legati alle guerre, all’ecologia, alla corruzione che si nutre di verità colposamente falsate dall’azione degli uomini dello Stato, dal tempo e dall’inerzia, di indagini insabbiate, testimoni corrotti ed analisi manomesse o secretate.

Il "teatro nel teatro" si compie nella penombra del palco, spoglio di sedute e suppellettili e pieno di plastica, rifiuti e cumuli di terra polverosa: in esso si muovono sette personaggi i cui ruoli, fisicamente coinvolgenti con le loro tradizionali danze sarde e gli eloquenti cori, si definiscono nel corso dello svolgimento dello spettacolo. Si tratta del soldato Luigino, che sembra fare un macabro ballo di lotta contro gli spasmi provocati dal linfoma di Hodgkin, un tumore devastante che colpisce il sistema immunitario per poi estendersi rapidamente, in forma metastatica, al resto dell’organismo, di una madre straziata dal dolore per la perdita di una figlia avvelenata dalla stessa natura che l’ha vista nascere, crescere e nutrirsi ma l'ha poi brutalmente tradita, della tenacia di un procuratore che continua ad indagare nonostante le macchinazioni avverse dei gerarchi militari, dei medici corrotti e dei pastori i quali si ostinano a negare l’evidenza delle malattie che colpiscono loro stessi ed il proprio sostentamento, ossia i prodotti della terra ed il loro bestiame, ripetendo la scioccante considerazione secondo la quale sarebbe "meglio un figlio morto che disoccupato”.

Al termine della rappresentazione, quando i protagonisti rovistano tra le macerie prodotte dal falso mito del progresso che distrugge l’umanità, il pubblico viene chiamato a riflettere sull’impatto del "vantaggio competitivo”, così come dichiarato ufficialmente dalla Regione sarda, realmente offerto dal comparto bellico.

Infatti i Poligoni e le Basi militari, ovunque si trovino, hanno lasciato tracce inevitabili ed irreversibili, oltre ai danni inestimabili sull’ambiente e sulla salute della popolazione, solo apparentemente ripagata da irrisori risarcimenti ed indennizzi per le terre espropriate attraverso un assistenzialismo basato su trattamenti iniqui al pari delle briciole Laboétiane.

Perciò ci si domanda se le conseguenze della Difesa dello Stato possano ancora ricadere interamente sulle Regioni, già gravate dal loro carico di colpe inerenti la mancanza di politiche produttive e l’assenza di lungimiranti scelte industriali di rilancio del territorio, continuando a provocare danni non quantificabili alle loro bellezze e patrimoni naturali, lasciando sempre aperte annose questioni legate alla salute collettiva ed al sottosviluppo di enormi estensioni di territorio.

Considerando il danno d’immagine che gli apparati militari italiani ed atlantici potrebbero subire a causa dei processi in corso, delle inchieste parlamentari e giornalistiche, si può comprendere appieno quanto queste ultime servano anche e soprattutto ad evidenziare la verità sui disastri compiuti ai danni dello Stato stesso, nei confronti di settori pubblici interessati dall’operato doloso e fraudolento dei dipendenti infedeli, della salute pubblica e delle generazioni future.

Infatti, come sottolineato dall'onorevole Piras, "un cartello che ogni bambino nella mia terra (la Sardegna) ha incontrato almeno una volta [è] ‘Zona militare. Limite invalicabile’. Sarà forse un sogno, ma spero che mio figlio possa crescere con l’idea di chi ritiene valicabile ogni divieto d’accesso”. [5]

Questo obiettivo si dovrebbe realizzare, seguendo il messaggio veicolato da un miracolo di arte e bellezza prestata alle cause sociali come L'Avvoltoio, a tutela del diritto di difendere la propria terra simbolo della vita, con tutto ciò che ne consegue tanto a livello socio-sanitario, quanto a livello culturale e politico.

 

Note:

[1] Citazione tratta dalla canzone ''Dove vola l'avvoltoio'', con testo di Italo Calvino e musiche di Sergio Liberovici, 1961.

[2] ''L'Avvoltoio. Sembrava la neve'', basato sull'indagine e sul testo di Anna Rita Signore, anche assistente-regista, per la regia di Cesar Brie. Con Emilia Agnesa, Agnese Fois, Daniel Dwerryhouse, Valentino Mannias, Marta Proietti Orzella, Luca Spanu e Luigi Tontoranelli. Musiche di Luca Spanu, costumi di Adriana Geraldo, scene di Sabrina Cuccu, luci di Loïc François Hamelin, tecnico di compagnia Fabio Piras. Prodotto dal circuito Sardegna Teatro.

[3]. L'intero articolo, comprensivo di dati, analisi e riflessioni, è stato realizzato grazie all'imprescindibile contributo tratto da due dossier elaborati dal movimento sardo ''A Foras! Contra a s'ocupatzione militare de sa Sardigna''. Trattasi di ''un'assemblea nata il 2 giugno 2016 a Bauladu e composta da comitati, collettivi, associazioni, realtà politiche e individui che si oppongono all'occupazione militare della Sardegna''.
I due dossier, primi lavori di indagine riassuntivi di molteplici dati e fonti attendibili, sono reperibili online: si tratta de ''Il PISQ- Poligono Interforze del Salto di Quirra: storie, ricadute su popolazione, economia, salute, ambiente e le nuove prospettive di utilizzo'' e de ''Il Poligono Militare di Teulada: storie, ricadute sulla popolazione, economia, salute e ambiente''.

[4] Dichiarazione tratta dall'intervista di Andrea Maggiolo al deputato sardo Michele Piras, apparsa su Today.it il 4 maggio 2014 ed intitolata ''Sardegna, il lato oscuro di un paradiso: è l'isola più militarizzata d'Europa''.

[5] Ibidem.

03/03/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Eliana Catte
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