L’Henry Reeve, il fiore all’occhiello dell’internazionalismo solidale cubano

Il Contingente internazionale di medici specializzati in situazioni di disastro e gravi epidemie e la Scuola latino-americana di medicina in prima linea nella lotta al nuovo Coronavirus, anche in Italia.


L’Henry Reeve, il fiore all’occhiello dell’internazionalismo solidale cubano

Nella notte del 22 marzo, all'aeroporto di Milano ormai vuoto è atterrato un aereo cubano pieno di materiale medico e di coraggiosi operatori sanitari che, spinti da un grande senso solidaristico, hanno deciso di portare in Italia il loro prezioso contributo in questo difficile momento di crisi legata al Covid-19.

È la brigata Henry Reeve, il cui nome completo è “Contingente Internacional de Médicos Especializados en Situaciones de Desastres y Graves Epidemias”, famosa per essere intervenuta dove poche altre squadre hanno avuto il coraggio di farlo. La squadra è composta da 63 medici, virologi e operatori che vantano una lunghissima esperienza internazionale per ciò che concerne crisi, epidemie e situazioni di estrema emergenza.

Nonostante sia formata esclusivamente da operatori cubani, l’ironia vuole che la squadra porti il nome di un famoso cittadino americano, Henry Reeve. Quest’ultimo nacque a New York nel 1850 e morì a soli ventisei anni, sparandosi prima di venire catturato dagli spagnoli a Matanzas (Cuba). Reeve giocò un ruolo chiave nella prima guerra d’indipendenza cubana, tra il 1868 e il 1878, preferendo addirittura la morte ad uno stato di subordinazione ai colonialisti spagnoli. Antischiavista e profondamente internazionalista, in uno dei suoi scritti sostenne di provenire da ogni paese in cui si muore e in cui c’è sofferenza. Per questo, il 19 settembre 2005, Fidel Castro intitolò a lui la creazione di questo team di specialisti da inviare ovunque nel mondo si debba affrontare un grave periodo di crisi.

Dal 2005 ad oggi, L’Avana ha partecipato a numerose missioni umanitarie in tutto il mondo, organizzando e gestendo i lavori di soccorso con grande professionalità. L’intervento più noto dell’Henry Reeve fu senza dubbio quello del 2014 in Guinea, Liberia e Sierra Leone per la gestione e il contenimento del virus Ebola. Sul continente africano infatti, quell’anno arrivarono circa 500 medici e virologi ultra-specializzati nel trattamento di quella malattia. Un altro caso emblematico fu quello di Haiti, prima pandemia moderna di colera su larga scala, dove la letale combinazione di terremoti e virus mieté centinaia di migliaia di vittime. Ad Haiti, guidati dall’Henry Reeve, gli operatori cubani presenti erano circa seimila.

Oltre a questi due macroscopici esempi, il team in questione si è distinto anche in altri eroici episodi. Tra i tanti, è doveroso ricordare il disastro delle piogge torrenziali provocate dalla tempesta “Stan” in America centrale e il terremoto del Kashmir nel 2005. Attualmente Cuba coopera con la W.H.O. (Oms) e con 66 paesi, mandando all’estero 50.731 operatori di cui più della metà donne. Tra questi, 25.412 sono medici. Non è quindi un caso che L’Avana si sia guadagnata l’appellativo di first responder quando si tratta di concreta solidarietà internazionale. Per avere un quadro più completo, è sufficiente considerare che la Repubblica Cubana, in totale, ha partecipato e promosso circa 595.482 missioni umanitarie in 158 paesi del mondo.

Sotto le armature di cotone bianco, negli operatori cubani scorre uno spirito umanista e internazionalista molto fervente, caratteristica che, tra le altre cose, ha anche portato alla fondazione dell’ELAM (Escuela Latino-americana de Medicina). Questa struttura universitaria internazionale è attiva da molti anni nella periferia de L’Avana, e conta oltre 18.000 studenti da 93 paesi del mondo. La scuola permette di frequentare le lezioni in quattro lingue diverse e di ottenere una laurea in medicina, con successive specializzazioni, in maniera totalmente gratuita.

Internazionalismo medico solidale, è così che Castro lo volle immaginare. Egli infatti decise di fare della sanità una delle colonne portanti del socialismo cubano e, avendola combinata ad uno spiccato senso intercomunitario, rese Cuba una delle potenze medico-sanitarie più attive del secondo dopoguerra.

In questo senso, la solidarietà internazionale cubana trova la sua realizzazione nella massima di José Martì, uomo simbolo della storia rivoluzionaria cubana, che scrisse che la sua patria fosse l’umanità intera e che fare fosse il miglior modo per dire.

Dal 22 Marzo 2020, il mondo e l’Italia ne sono un’altra volta testimoni.


Fonti:

18/04/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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