Controstoria della filosofia, VIII incontro: cristianesimo e filosofia

Versione cartacea dell’introduzione al VIII incontro del corso controstoria della filosofia in una prospettiva marxista: cristianesimo e filosofia, relatore prof. Renato Caputo per l’Università popolare Antonio Gramsci, mercoledì 26 ottobre dalle 18 alle 20,15 a via Goito 35 b, metro Stazione Termini Roma. Gli iscritti all’Unigramsci potranno partecipare anche attraverso google meet. Il video dell’incontro sarà disponibile sul canale youtube, sul sito web e la pagina facebook dell’Unigramsci.


Controstoria della filosofia, VIII incontro: cristianesimo e filosofia

La Patristica: caratteri generali

Per difendersi dalle critiche e garantire l’unità dottrinaria il cristianesimo ha dovuto chiarire i propri presupposti teorici. A tale scopo il cristianesimo si è presentato come il compimento e la verità della filosofia greca. Per fondare filosoficamente il cristianesimo ci si è serviti dei concetti della filosofia greca, in primo luogo dello stoicismo. Tale elaborazione dottrinale del cristianesimo è nota come patristica, ossia come opera dei padri della chiesa. Per i latini la patristica si chiude alla morte di Beda il Venerabile nel 735, mentre per la chiesa greca ortodossa nel 754.

Periodizzazione della patristica

Si suole distinguere tre periodi della patristica: Il primo fino al 200 è rivolto alla difesa della propria interpretazione del cristianesimo contro pagani e gnostici. Il secondo, che va dal 200 al 450 è dedicato alla formulazione dottrinale delle credenze cristiane. Il terzo, dal 450 al 735, è caratterizzato dalla rielaborazione e sistemazione delle dottrine formulate nei periodi precedenti.

1. Apologisti cristiani e gnostici

I padri del I secolo sono autori di lettere che spiegano singoli punti del cristianesimo e regolano questioni di ordine religioso. Solo con i padri del II secolo, gli apologisti, inizia una rielaborazione filosofica del cristianesimo, preso in giro per la sua rozzezza dagli intellettuali pagani.

Giustino e la fondazione della patristica

Il più grande dei padri apologisti, considerato il fondatore della patristica, è Giustino. Dopo aver a lungo studiato la filosofia greca diviene cristiano, presentando il cristianesimo come la vera filosofia. Per Giustino il cristianesimo è il risultato definitivo a cui deve giungere la ragione nella sua ricerca della verità. La ragione, il logos, è il Verbo di dio, del quale partecipa tutto il genere umano. Così anche i grandi uomini razionali, vissuti prima di Cristo, debbono essere considerati anticipatori del cristianesimo, anche se la loro razionalità non era ancora compiuta.

2. Lo gnosticismo

Gnostici sono detti i gruppi di cristiani che davano molta importanza alla conoscenza (in greco gnosìs), come via eminente per la salvezza. Dunque nella loro concezione gli aspetti filosofici tendono a prevalere su quelli religiosi. Gli gnostici riprendono l’impostazione dualistica di Platone e degli stoici, opponendo al principio divino dello spirito, la materia. Nell’uomo i due principi confliggono, l’anima è infatti spirito, è il dio incarnatosi nell’uomo, mentre il corpo è la sua prigione. Per gli gnostici la fede nella rivelazione è una scelta propedeutica alla conoscenza intellettiva, la sola che può elevare l’uomo all’unione salvifica con dio.

3. Tertulliano (circa 155-225): la condanna della filosofia

Al contrario degli apologisti greci, che pongono il cristianesimo quale culmine della filosofica greca, i padri latini tendono a contrapporre la speculazione filosofica alla natura pratica e immediata della fede. Nato a Cartagine, Tertulliano è avvocato a Roma. Si converte al cristianesimo intorno al 195. Al centro della sua apologetica c’è la polemica con la filosofia. Le verità cristiane si fondano sulla tradizione della chiesa, mentre la libera interpretazione filosofica porta all’eresia. Paradossalmente anche Tertulliano sarà condannato come eretico. Per Tertulliano cercare (ricercare filosoficamente), dopo che si è giunti alla fede, significa cadere nell’eresia.

4. La patristica del III e IV secolo

Vinta la polemica con i pagani, i padri della chiesa si dedicano a costituire la dottrina cristiana in un organismo unico e coerente, dandogli una base logica. Il cristianesimo viene presentato come l’autentica filosofia che assorbe e porta alla verità il sapere antico, da cui trae gli elementi della sua giustificazione. Fra il 200 e il 450 i fondamenti del cristianesimo ottengono una stabile definizione. Anche perché l’atteso ritorno del Cristo, che la avrebbe dovuta rendere superflua, era stato vanamente atteso.

4.1 Clemente Alessandrino

Nel 180 la scuola catechetica di Alessandria diviene un’accademia, in cui la filosofia greca è utilizzata come base per la fondazione della dottrina cristiana. Flavio Clemente, ateniese, diviene capo della scuola. A suo avviso, in tutti gli uomini è presente una scintilla del Logos divino, che ha fatto raggiungere a ognuno una parte della verità, anche se la verità completa sia ha solo con la rivelazione del Cristo. Clemente è il primo a definire il dio cristiano infinito.

4.2 Origene

Origine è stato autore del primo sistema di filosofia cristiana. Nato a Alessandria nel 185, ne guida la scuola. Deve lasciarla per le persecuzioni di Caracalla e fonda una nuova scuola a Cesarea in Palestina. I suoi moltissimi scritti vanno perduti dopo la condanna di Giustiniano e la scomunica della chiesa. 

La fusione fra platonismo e cristianesimo

Secondo Origene i discepoli ci hanno tramandato le dottrine fondamentali del cristianesimo, si tratta ora di dedurre con la scienza da esse le dottrine particolari. Origene interpreta allegoricamente le scritture per eliminare l’antropomorfismo del vecchio testamento e dare una concezione di dio puramente spirituale e trascendente. Dio corrisponde al bene in senso platonico, superiore persino alle idee. Riprendendo il Fedro di Platone, Origine interpreta la creazione del mondo come la caduta delle sostanze intellettuali che precipitano nei corpi, e in essi sono condannate a reincarnarsi sino alla compiuta liberazione mediante un processo di espiazione. Il cristianesimo deve perciò rieducare l’uomo alla vita spirituale. La ragione o logos sosterranno gli uomini lungo la strada che li riporta al mondo intelligibile. Alla fine tutti saranno tornati in dio e dio sarà tutto in tutti.

4.3 Gregorio di Nissa

Origine fu assimilato ad Ario, che non considerava il logos, ossia il Cristo, della stessa natura del padre, ma da esso creato. Questa tesi fu condannata al Concilio di Nicea del 352. Le tesi che divengono ortodosse, sono difese filosoficamente da Gregorio di Nissa (335-94), che è il primo a cercare di spiegare concettualmente il dogma trinitario stabilito in quel concilio. Scarso è stato il contributo della patristica latina alla fondazione filosofica del cristianesimo.

1. La caduta dell’impero romano

Dopo cinque secoli di vita, la caduta dell’impero romano fu causata dall’avanzata degli unni che sospinge le popolazioni germaniche verso occidente. Così, nel 410 Alarico, re dei Visigoti, fa saccheggiare Roma per tre giorni (evento che provoca sgomento e costernazione in tutto l’impero, Agostino ne ravvisa la fine della città terrena); poi i visigoti si stanziano in Gallia, gli alamanni nel medio reno, i vandali in Spagna e Africa settentrionale, gli Angli e i Sassoni in Britannia. Nel 476 Odoacre, re degli eruli, depone l’imperatore giovinetto Romolo Augustolo, si proclama protettore dei romani, ma riconosce l’imperatore d’oriente Zenone. Dal 476 all’anno mille si data l’alto medioevo, mentre il basso medioevo dura sino al Quattrocento, o alla “scoperta” dell’America da parte dell’occidente cristiano nel 1492. Con il Cinquecento e il Rinascimento nasce il mondo moderno. Quattrocento e Cinquecento sono secoli di passaggio fra Medioevo e mondo moderno.

2. Economia e società nell’età tardo-antica

L’unità imperiale si disintegrava a vantaggio dell’Oriente bizantino, mentre l’occidente gravitava verso la Gallia. La fine dell’impero corrispose a una fortissima regressione economica e demografica, significò altresì la ruralizzazione dell’economia (con la riduzione dei traffici e commerci, lo spopolamento delle città, dalla moneta si ritorna al baratto. Nelle campagne scompare la piccola proprietà e subentra la concentrazione fondiaria dei grandi proprietari (potentiores), quasi sempre assenteisti che demandano la produzione a grandi affittuari o intermediari, poi ci sono i coltivatori della terra cioè i coloni, legati alla terra di padre in figlio (ciò è la base della servitù della gleba che sostituisce il lavoro degli schiavi). Si accrescono i poteri signorili e si configura il rapporto di fedeltà (fidelitas, che prefigura il rapporto feudale) mentre si allentano i legami di cittadinanza imperiale. Si rafforzano i legami clientelari, locali, personali: l’uomo non dipende più dalla impersonale sovranità della legge, ma torna a essere l’uomo di un altro uomo.

3. I regni romano-barbarici

Tale regni si formarono nel corso del V e del VI secolo, dalla compenetrazione tra società tribale germanica e istituzioni romane necessarie per l’amministrazione. Abbiamo così il regno dei vandali in Africa, il regno ispanico dei visigoti, il regno dei franchi in Gallia (fondato dal re Clodoveo), il regno degli ostrogoti in Italia (fondato dal re Teodorico). Nelle campagne si formò un’aristocrazia di proprietari, differenziati dalla massa dei contadini poveri. Nei regni si diffuse il cristianesimo (anche se, spesso, nella forma semplificata ariana), nei visigoti e nei franchi nella forma cattolica. 

La lotta fra Longobardi e bizantini per il controllo dell’Italia

Tra il 527 e il 554 l’imperatore d’Oriente Giustiniano strappò ai barbari Africa, Spagna e Italia. Mentre Clodoveo si impossessò di Borgogna e Provenza (fondando la dinastia merovingia, la cui sovranità diviene ben presto solo nominale). Sull’Italia nel 568 si affacciarono dalla Pannonia (Ungheria) i Longobardi (che occuparono la pianura padana), i bizantini si ritirarono nelle città costiere, inizia il nostro medioevo. L’Italia è divisa in due aree Romània, sotto sovranità imperiale e Longobardia, dominata dai nuovi barbari. Si spezza così l’unità della penisola creata da Roma fino al risorgimento.

L’impero d’Oriente nell’alto Medioevo

Mentre l’occidente si ruralizzava, l’oriente conservò il suo carattere urbano (non mancavano nelle metropoli masse di poveri e disoccupati), i livelli demografici rimasero inalterati, il latifondo era poco diffuso, si afferma la piccola proprietà contadina; i ceti medi alimentano l’enorme apparato burocratico e al vertice c’era l’imperatore magistrato romano e rappresentante di Dio sulla terra. Era presente l’idea dell’impero cristiano destinato ad attuare nel mondo l’ordine divino. L’imperatore Giustiniano voleva instaurare nel Mediterraneo un rinnovato impero romano cristiano, ma riuscì a influenzare anche i popoli slavi che gravitavano intorno alla chiesa di Costantinopoli: si delinearono le caratteristiche della Chiesa ortodossa: stessi dogmi di quella romana, ma rifiuto dell’autorità del pontefice di Roma, un chiesa che resterà soggetta al potere politico dell’imperatore (cesaropapismo).

Il Corpus iuris civilis

Per realizzare il suo progetto Giustiniano intraprese la riforma dell’amministrazione e delle finanze e pose mano all’antica legislazione romana cercando di metterla in ordine; dopo un lungo lavoro di revisione e di cernita la commissione di giureconsulti presieduta da Triboniano consacrò il corpo definitivo di leggi, il Corpus iuris civilis (raccolta del diritto civile) nel 534, che è ancora oggi uno dei fondamenti della scienza giuridica europea. La restaurazione di Giustiniano ebbe breve durata: nel 568 i longobardi invadevano l’Italia, persiani e slavi premevano a est. Nel 633-643 avvenne l’inattesa avanzata dell’Islam; l’impero di Bisanzio è ridotto al nucleo anatolico, più pochi possessi nell’Egeo e nell’Italia del sud. Nel 717 l’imperatore Leone III Isaurico riuscì a rompere l’assedio di Costantinopoli da parte degli arabi. Ma Bisanzio, grazie all’opera dei missionari evangelizza nell’VIII e IX secolo i popoli slavi.

Le origini dello Stato pontificio

Nella Chiesa, già nei primi secoli, divenne sempre più marcata la distinzione tra clero e popolo, crebbe l’autorità dei vescovi e in questo contesto emerse la tesi del primato del vescovo di Roma (non riconosciuta dalle chiese di Bisanzio, Africa e Asia), designato con il nome di papa, solo dalla metà del V secolo. L’indebolimento degli interessi imperiali in Italia favorisce l’indipendenza della Chiesa romana. 

Gregorio Magno

Particolarmente importante è stato il pontificato di Gregorio Magno, divenuto papa nel 590, che non esitò a prendere la direzione delle operazioni militari fermando i longobardi che si avvicinavano minacciosamente a Roma. La chiesa da Costantino in poi si era arricchita dei beni lasciati in eredità dalle presone pie (patrimonium sancti petri). Gregorio pose le premesse del potere civile e politico della chiesa su Roma e sul territorio circostante e difese l’autonomia della chiesa contro il cesaropapismo dichiarandosi successore di Pietro. Nel VII e nell’VIII secolo le aspirazioni all’autonomia della chiesa di Roma furono contrastate da Bisanzio.

Dalla donazione di Sutri alla donazione di Costantino

Nel 728 il papa Gregorio II ottenne dai Longobardi la cittadina laziale di Sutri (donazione di Sutri), simbolico inizio del potere temporale dei papi, che si arricchirono di fortezze e borghi nel Lazio settentrionale. Nell’VIII secolo papa Zaccaria dopo aver aperto trattative con i Longobardi (per moderarne l’espansionismo e ottenere territori), si avvicina a Pipino nuovo re dei Franchi, che nel 756 batte i longobardi e dona al papa Stefano II le terre del Lazio, dell’Umbria, della Pentapoli e dell’esarcato. Questo accordo dichiarava l’accettazione dei princìpi di un documento (dimostrato falso da Lorenzo Valla), la donazione di Costantino, dove si sosteneva che l’imperatore avesse donato al papa Silvestro tutte le terre d’occidente (per secoli tale falso legittimò le pretese del papato al potere temporale).

4. Il monachesimo

Dal termine greco monòs (solo, solitario), si presenta in due forme: individuale (anacoretismo) che si sviluppa già nel III secolo ed è fatto di preghiere, digiuni e ascetismo per raggiungere la pace nello spirito e collettivo (cenobitismo), che prevarrà, nato per merito di Pacomio (nel IV secolo), che prescrive vita in comune e regole condivise e anticipa quello di Benedetto da Norcia (480-543). 

Il monachesimo benedettino

Benedetto durante l’invasione degli ostrogoti si ritirò a vita solitaria; ma l’abbandonò presto e raccolse compagni intorno a sé, formando le prime comunità monastiche a Subiaco e Montecassino, dettando intorno al 543 la celebre Regola “ora et labora”: il lavoro sia manuale che intellettuale è un esercizio di vita, un dovere (lo scopo non è arricchirsi), mentre l’ozio è condannato come nemico dell’anima e causa di tentazione. Intorno al monastero si raggrupparono gruppi di contadini in cerca di protezione che iniziarono a dissodare le terre. Il monastero divenne ben presto una comunità autonoma formata da religiosi e laici e anche centro di rinascita non solo economica ma anche culturale, infatti i monaci più istruiti venivano dispensati dal lavoro dei campi e avevano il compito di trascrivere gli antichi scrittori pagani (amanuensi). Ogni monastero era retto da un abate, scelto dai monaci riuniti in un capitolo; i monasteri si diffusero in ogni parte perché rispondevano all’esigenza dei tempi di rigenerazione, anche se spesso anch’essi furono travolti dalla corruzione e gli abati lasciarono il cilicio per sottomettere le plebi agricole. Bisogna inoltre ricordare il monachesimo irlandese e anglo-sassone, che in accordo con Roma, evangelizzò l’Europa centro-settentrionale, soprattutto quella contadina, spesso trascurata dal clero secolare.

5. L’avanzata dell’Islam e la sorte dell’Occidente

Nel 622 ebbe successo tra le tribù dell’Arabia la predicazione di Maometto, eccezionale leader religioso e politico, che rifiutò il politeismo della tradizione e professò la fede in un unico dio onnipotente (Allah) verso cui i fedeli dovevano abbandonarsi con fiducia e accettarne la volontà (islam). Maometto predicava assistenza ai poveri, digiuni, pellegrinaggi e invocava la Jihàd, la guerra santa atta ad affermare la gloria di Allah nel mondo, che avrebbe portato una ricompensa non solo eterna, ma anche un successo sulla terra. Le tribù più aggressive abbracciarono questa religione perché gli serviva come giustificazione della violenza che venne convogliata dall’interno all’esterno. Tra il 622 e il 632 Maometto raccolse intono a sé tutte le tribù dell’Arabia, tra il 633 e il 643 le coste del mediterraneo caddero in mano araba; nel 655 distrussero l’impero persiano, nel 698 strapparono ai Vandali l’Africa settentrionale, varcarono lo stretto (che da loro prese il nome) di Gibilterra (711), tolsero la penisola iberica ai visigoti (713), tentarono l’invasione della Gallia, ma furono fermati a Poitiers dai Franchi guidati da Carlo Martello (732). Nel 717 l’espansione musulmana fu arrestata da Leone III Isaurico sotto le mura di Costantinopoli. Gli arabi proseguirono la loro avanzata verso oriente e si stanziarono in Asia centrale (fino al Caucaso e al Tibet, ma non proseguirono oltre). Gli Abbassidi trasferirono la capitale a Baghdad e allargarono i quadri della classe dirigente accettando la collaborazione delle élites dei popoli sottomessi e valorizzarono il patrimonio delle precedenti culture. L’espansione musulmana ruppe gli instabili equilibri del mondo tardo antico, determinando un nuovo quadro della storia economica e culturale; si ruppe l’unità euro-afro-asiatica; l’Europa si trovò in condizioni di incomunicabilità con l’oriente, da ciò ne seguì che le energie europee gravitarono intorno al nord del continente, verso l’area franca (passaggio della supremazia economica dalle regioni del sud a quelle del nord).

21/10/2022 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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