Controstoria della filosofia e della storia - I incontro: l’alto medioevo

Mercoledì 6 settembre, dalle ore 18 alle 20,15, prima lezione del corso di storia e filosofia: Controstoria del medioevo, introdotto dal prof. Renato Caputo per l’Università popolare Antonio Gramsci. Nell’incontro (diretta facebook https://www.facebook.com/unigramsci/, in videoconferenza per i membri dell’Unigramsci e gli interessati, in differita su youtube) si affronterà, in un’ottica marxista, l’alto medioevo.


Controstoria della filosofia e della storia - I incontro: l’alto medioevo

Mercoledì 6 settembre, alle ore 18, riprendono i corsi dell'Università popolare A. Gramsci. Il primo corso (di storia e filosofia), introdotto dal prof. Renato Caputo, è intitolato Controstoria del medioevo da un punto di vista marxista. Per una introduzione al corso in cui si chiariscono le motivazioni che hanno portato alla scelta del tema rinvio all’articolo: Le ragioni di una controstoria del medioevo pubblicato sull’ultimo numero di questo settimanale. Di seguito potete leggere una versione sintetica dei temi che saranno affrontati e discussi nel primo incontro, al quale si potrà partecipare in diretta facebook https://www.facebook.com/unigramsci/, in videoconferenza per i membri dell’Unigramsci o per chi ne farà richiesta. Il video del corso sarà disponibile nei giorni successivi sul canale youtube dell’Università popolare Antonio Gramsci, sulla pagina facebook e sul sito.

Introduzione

Il medioevo inizia nel 476 a seguito della caduta dell’Impero romano d’occidente. Ciò comporta un lungo periodo di sostanziale regresso della civiltà nel mondo occidentale che dura fino all’anno mille con cui si conclude l’alto medioevo. Con la ripresa dello sviluppo in occidente nel secolo XI ha inizio il basso medioevo. Il modo di produzione feudale raggiunge il suo apice nel XIII secolo. In seguito inizia una lunga fase di crisi, in quello che è stato denominato l’autunno del medioevo, che si prolunga fino al 1492, quando ha inizio l’era moderna. Naturalmente si tratta solo di una, forse la più accreditata e comune, fra le molte proposte di periodizzazione. In effetti, le periodizzazioni sono necessariamente “artificiali”, ma sono altrettanto utili. Occorre però considerare che non tutti gli aspetti della società cambiano sincronicamente, ma vi sono significative differenze innanzitutto spaziali.

Il concetto di medioevo

Indica a partire dal XV secolo l’età di mezzo, caratterizzata da secoli bui, segnati dalla miseria, dall’analfabetismo, dall’arretramento culturale, dall’assoggettamento e dalla superstizione. D’altra parte anche i barbari hanno portato un rinnovamento, anche se la rottura con il mondo antico, in avanzato stadio putrescente, non è stata certo una frattura rivoluzionaria. Inoltre la stessa età moderna è anche il risultato di una lunga e lenta elaborazione svoltasi nel corso del medioevo. 

D’altra parte bisogna altresì considerare anche gli aspetti del medioevo che non muoiono anche nell’età moderna e, persino, in quella contemporanea! 

Con l’Impero di Carlo Magno nasce l’occidente cristiano

1. L’affermazione della dinastia dei carolingi

Nei secoli VI e VII si disgrega l’unità statale dei franchi realizzata da Clodoveo; a causa della regionalizzazione, emerge il potere delle grandi famiglie di proprietari terrieri. Il patrimonio della corona merovingia è amministrato dai maestri di palazzo o maggiordomi; nel 623 assume la carica di maggiordomo Pipino, detto il vecchio, esponente di una grande famiglia che possiede vaste terre. I discendenti di Pipino (i pipinidi) si impossessano rapidamente degli affari del regno. Fra essi occorre ricordare Carlo Martello che arresta gli arabi a Poitiers (cingendosi l’aureola di salvatore della cristianità) e suo figlio, Pipino il Breve, che depone l’ultimo re della dinastia dei merovingi, rinchiudendolo in un convento, in tutto ciò legittimato da papa Zaccaria che può contare sull’appoggio dei Franchi contro i Longobardi. Pipino è consacrato dal Papa (con una solenne unzione) a sottolineare il mistico rapporto tra corona e sfera oltremondana (secondo la nuova concezione della legittimazione del potere regio, che precedentemente scaturiva dalla legittimazione dei Grandi del regno).

Il figlio Carlo, dal 768, si rivela un grande comandante militare: nel 774 pone fine al dominio del Longobardi sull’Italia e assume il titolo di re dei Franchi e dei Longobardi, ma cede gran parte delle terre conquistate alla Chiesa. Sottomette i sassoni a oriente fino alla loro completa evangelizzazione (compiendo devastazioni, eccidi di massa e imponendo la scelta tra battesimo o morte), la guerra termina nel 804 (la frontiera del regno franco si sposta a est, dopo l’Elba ci sono le terre degli slavi). Carlo piega anche Bavari e Avari e si impadronisce del loro bottino. All’ideologia dominante occidentale, quasi completamente egemonizzata dalla chiesa, pare che la sua missione sia quella di diffondere il cristianesimo nel mondo, così il papa Adriano I gli attribuisce l’epiteto di magnus. Carlo è coronato imperatore da papa Leone III a Roma nella notte di natale dell’800: l’Europa occidentale ha nuovamente un imperatore da cui sorgerà l’ideologia dell’Occidente cristiano.

2. Le caratteristiche peculiari dell’impero carolingio

Ma le differenze tra Impero romano e carolingio sono molteplici: l’antico impero era unitario, il nuovo è una federazione di regni con proprie leggi e istituzioni, che l’alta autorità di Carlo tiene insieme. L’impero antico è accentrato e governato attraverso funzionari, il nuovo è governato da compagni d’armi di Carlo legati a lui da un giuramento di fedeltà personale a cui assegna singole circoscrizioni territoriali (contee) e aree più vaste di confine (marche). Pari autorità dei conti e marchesi hanno i vescovi. Conti e marchesi vivono dei proventi delle terre assegnate loro in usufrutto (il feudalesimo è alle porte). I missi dominici sono i funzionari inviati dal sovrano, che ascoltano le lagnanze dei sudditi e puniscono gli abusi. Carlo ogni anno presiede un’assemblea generale con i Grandi (conti, marchesi, vescovi) per decidere di questioni di comune interesse. Queste assemblee promulgano i capitolari: norme alle quali tutti dovranno attenersi.

3. Le condizioni di vita nell’VIII e nel IX secolo: le campagne, le città, i traffici 

Nasce la signoria rurale: un dominus (laico o ecclesiastico) possiede una villa (possedimento fondiario, elemento base della produzione dell’alto medioevo), il cui nucleo, amministrato direttamente dal signore, è la riserva o pars dominica, mentre le terre cedute ai contadini sono le terre mansionarie. Il dominus ha il diritto di comando (banno) su quanti vivono e lavorano sulla sua terra. La villa si integra in un insieme più vasto: il fiscus governato dallo iudex (amministratore che dipende dalla corte, dall’abbazia o dal dominus).  Probabilmente tra villa e villa ci sono scambi, nelle campagne si svolgono mercati settimanali. L’età carolingia (750-850) costituisce una fase di rinascita, per quanto limitata, delle attività economiche. Le vie privilegiate delle comunicazioni sono i fiumi (le strade erano troppo degradate e insicure), lungo i quali sorgono nuovi empori (portus). Le città in diversi casi si spopolano e si trasformano in fortezze, ma in alcune aree italiane, franche e germaniche si sviluppa una significativa vita urbana.

Il tramonto dell’impero carolingio

Alla morte del figlio di Carlo Magno, Ludovico il Pio, dopo una lunga lotta l’impero, considerato patrimonio personale, secondo l’antico costume franco, è diviso tra gli eredi con il trattato di Verdun (843): al figlio maggiore Lotario va il titolo imperiale e il possesso dell’Italia; a Carlo il Calvo la Francia; a Ludovico la Germania (dalla crisi dell’impero sorgeranno, in un processo secolare, le nazioni europee). Al momento si afferma la nobiltà laica ed ecclesiastica che ottiene da Carlo il Calvo l’ereditarietà dei feudi maggiori, mentre l’impero cede non solo alle lacerazioni interne, ma agli attacchi esterni: nei primi decenni del IX secolo ci sono le terribili scorrerie dei saraceni e degli scandinavi, che l’impero non è in grado fronteggiare. Negli anni ottanta del secolo i Normanni assediano Parigi (885) e l’imperatore Carlo il Grosso, abbandonato dai Grandi, è costretto a deporre la corona. Così nel 887 tramonta la dinastia carolingia.

Introduzione alla Scolastica

Il termine filosofia scolastica è introdotto dagli umanisti con un significato deteriore, per connotare una filosofia non rispondente ai dettami della ragione, ma asservita alle finalità della teologia. Il nome scholasticus indicava, invece, nei primi secoli del Medioevo l’insegnante delle arti liberali, ossia quelle discipline che costituivano il trivio (grammatica, logica o dialettica e retorica) e il quadrivio (geometria, aritmetica, astronomia e musica). In seguito scholasticus si chiama anche il docente di filosofia e teologia, che tiene lezioni prima nel chiostro e nelle cattedrali, poi nelle università. Quindi l’origine e lo sviluppo della scolastica si collegano strettamente alla funzione dell’insegnamento. 

Lectio, disputatio e commentari

Le forme di insegnamento erano due: la lectio (commento di un testo) e la disputatio (esame di un problema attraverso gli argomenti a favore e quelli contro (pro e contra cercati sia tra autorità della Chiesa o tra le “ragioni” addotte dalla filosofia greca). L’attività letteraria degli scolastici assume prevalentemente la forma dei commentari (alla Bibbia, a Boezio, alle Sentenze di Pietro Lombardo, ad Aristotele) o di raccolte di questioni (Questiones, Summae).

Il principio di autorità

Il procedimento della disputatio si rifaceva al trattato di Abelardo Sic et non, ma mentre Abelardo privilegia i diritti della ragione sull’autorità ritenendo che non si possa credere se non a ciò che si intende, gli scolastici danno in genere la preminenza alle posizioni dell’autorità.

La centralità della formazione dei chierici

Il legame con l’insegnamento non è accidentale: il problema della scolastica è quello di portare l’uomo alla comprensione della verità e questo è un problema di scuola, ossia di educazione, il problema della formazione dei chierici.

La filosofia ridotta ad ancilla theologiae

La scolastica non è come la filosofia greca una ricerca autonoma, ma ha il suo fondamento nella tradizione religiosa (sacre scritture, dogmi, padri della Chiesa) e nell’autorità. Si tratta, quindi, di accedere a questa verità e di comprenderla (quindi non si tratta di elaborare nuove dottrine), cosa che difficilmente è possibile raggiungere con le proprie forze, necessari a tale scopo sono gli organi della chiesa e la loro funzione illuminatrice. Non si tratta infatti di trovare la verità, ma di far comprendere la verità già data nella “rivelazione”. La filosofia prima platonico-agostiniana e poi aristotelico-tomistica fornisce lo strumento per questo scopo. Perciò essa è ridotta ad Aancilla theologiae.  

Fede e ragione

Il problema dominante della scolastica è di natura teologico-filosofica ed è il rapporto fra fede e ragione, che implica anche quanta autonomia ha la ragione umana dai dogmi. La scolastica non è, dunque, una scuola filosofica, né è omogenea.

Periodizzazione:

  • La pre-scolastica si sviluppa ai tempi della rinascita carolingia, nella quale è presupposta e ammessa l’identità tra ragione e fede. Il principale esponente è Scoto Eriugena.
  • L’alta scolastica si sviluppa dalla seconda metà dell’XI secolo alla fine del XII, nel quale si affaccia il problema del rapporto ragione e fede e comincia a essere affermata la potenziale antitesi tra i due termini. Principali esponenti di tale fase sono Anselmo e Abelardo.
  • La fioritura della scolastica si ha nel XIII secolo. Ragione e fede vengono considerate distinte, ma in armonia e conducenti agli stessi risultati. Il principale esponente di questo periodo è Tommaso d’Aquino.
  • Il dissolvimento della scolastica si compie nel XIV secolo, quando ragione e fede sono considerati domini eterogenei. Principali esponenti di quest’ultima fase sono Duns Scoto e Occam.

L’accezione più ampia del termine scolastica: tarda scolastica e neoscolastica

In senso più ampio la scolastica si riferisca al tipo d’insegnamento filosofico che anche in tempi successivi si svolgerà nelle scuole e nelle università caratterizzato dal costante riferimento alla teologia e che predomina fino a tutto il Seicento. In questo periodo della tarda scolastica notevoli sono le elaborazioni del pensiero di Tommaso d’Aquino da parte dei gesuiti. Altre rielaborazioni si hanno nella metà dell’ottocento (“neoscolastica”) per l’esigenza della Chiesa di contrapporre una propria visione cristiana del mondo a minacce che le venivano dal pensiero moderno (indirizzo che dura tuttora).

Il significato concettuale e deteriore della scolastica

Da un punto di vista concettuale generale, al di fuori di riferimenti cronologici specifici, il termine scolastica si usa per designare un pensiero caratterizzato da un eccesso di formalismo o dalla tendenza a fermarsi a tesi e questioni come si erano formulate una volta, ripetendole senza rinnovarle a contatto con le nuove esperienze. In questo senso peggiorativo qualunque filosofia e sistema di pensiero può diventare una scolastica.

La filosofia dell’alto medioevo

La rinascita carolingia

I secoli VIII e IX vedono un timido tentativo di rinascita culturale in occidente durante la breve Rinascita carolingia, mentre raggiunge la massima fioritura filosofica la civiltà araba, da cui risorgerà in seguito la stessa filosofia in occidente. Per garantire l’unità e l’amministrazione dell’impero, che richiede funzionari con una certa cultura, Carlo Magno promuove gli studi. Così, se nell’epoca precedente gli studi erano stati coltivati solo nelle fiorenti città del sud Italia e nei monasteri irlandesi e inglesi, ora lo sviluppo avviene nelle grandi abbazie. L’inizio della ricostruzione intellettuale dell’Europa è segnato dall’inglese Alcuino che, nel 781, Carlo Magno chiama a dirigere la Scuola Palatina e a riordinare gli studi nell’impero.  

Giovanni Scoto Eriugena

Il primo significativo pensatore in occidente dai tempi di Boezio è Giovanni Scoto (810-70) detto Eriugena, dall’Irlanda, che Carlo il Calvo pone a capo della scuola Palatina. Giovanni traduce in Latino e inserisce nella tradizione del cristianesimo occidentale lo Pseudo Dionigi l’Areopagita.

Le quattro nature fondamentali

Nella sua opera principale: La divisione della natura, individua quattro nature fondamentali: 1. la prima crea e non è creata ed è la causa di tutto: dio padre; 2. la seconda è creata e crea ed è l’insieme delle cause primordiali, il Lògos o il figlio; 3. La terza natura è creata e non crea ed è l’insieme di tutto ciò che si sviluppa nello spazio e nel tempo: il mondo; 4. la quarta non crea e non è creata ed è Dio come fine ultimo della creazione, al quale tutte le cose devono tornare. Le quattro nature costituiscono il circolo della vita divina. Il mondo è considerato un momento della vita divina in quanto teofania, ossia manifestazione di dio.

La teologia: il rapporto fra dio, mondo e uomo

L’esistenza delle creature è dovuta alla loro partecipazione all’essere divino. Perciò il mondo è identico a dio, ma dio non è identico al mondo, ma lo trascende, nonostante viva nel mondo, che esiste solo come manifestazione divina.

La teologia negativa e la mistica medievale

Dio, seguendo lo Pseudo Dionigi, è ineffabile, il nostro pensiero e linguaggio si articolano in predicati particolari che non possono descrivere dio in quanto infinito. Dunque, non si può parlarne e averne conoscenza. Il concetto di deificazione dell’uomo, ossia del suo ricongiungersi a dio nell’estasi, avrà significativi sviluppi nella mistica medievale.

01/09/2023 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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