Film “da vedere” (ma anche no!) 2020

I film senza infamia e senza lode del 2020, al limite piacevoli o interessanti, ma non certo belli. I link nei titoli rinviano alle recensione complete in questo giornale.


Film “da vedere” (ma anche no!) 2020

Criminali come noi di Sebastián Borensztein, commedia, avventura, Argentina e Spagna 2019, voto: 6; film abbastanza godibile con un contenuto apertamente anarchico. Tocca alcuni aspetti significativi: l’organizzazione di cooperative per dare impiego a disoccupati e sottoccupati e la tragica crisi economica. D’altra parte la concezione di fondo ispirata a un socialismo utopista tende a idealizzare la soluzione ai problemi della società capitalista con l’autorganizzazione di cooperative, con l’obiettivo di riconquistare un tenore di vita da piccolo borghese.

Fabrizio De Andrè & PFM – Il concerto ritrovato di Walter Veltroni, docu-fiction, Italia 2020, voto 6; Veltroni avrebbe fatto meno danni dandosi subito al cinema. Il materiale proposto ha una qualità mediocre. L’introduzione ha spunti significativi quando contestualizza la tournée nei tardi anni Settanta, quando era presente una radicalità che oggi inimmaginabile.

Chiamate un dottore! di Tristan Séguéla, commedia, Francia 2019, voto: 6; divertente commedia francese, mai volgare o postmoderna, sfiora delle questioni di una certa sostanza. In gamba anche gli attori, anche se da un punto di vista cinematografico, il film non ha molto da dire. 

Palladio di Giacomo Gatti, documentario, Italia 2019, voto: 6; interessante documentario per l’importanza della tematica affrontata e per l’indubbia elevata qualità estetica dell’oggetto d’indagine. Interessante anche lo sguardo internazionale sui profondi effetti dell’arte di Palladio in diversi paesi del mondo. Purtroppo il documentario, non volendo essere didattico, finisce con l’essere poco organico.

18 Regali di Francesco Amato, Italia 2020, voto: 6; film ben orchestrato che affronta in maniera brillante i rapporti interfamiliari dinanzi a una problematica sostanziale come la dialettica fra la morte e la nascita di una nuova vita.

L’ospite di Duccio Chiarini, Italia e Francia 2018, valutazione: 6; film ben girato e recitato, senza sbavature, indaga in modo interessante le dinamiche della vita di coppia, anche in relazione al mondo del lavoro. Manca, come al solito, qualsiasi prospettiva di reale superamento dei problemi della società contemporanea, di cui si ignorano le cause.

Atlantique di Mati Diop, Belgio, Francia e Senegal 2019, Netflix, voto: 6; film che tocca temi essenziali quali lo sfruttamento disumano dei lavoratori africani, che li costringe a tentare di emigrare, abbandonando i propri cari e morendo in mare. Inoltre il film critica a ragione l’oppressione che vive la donna, venduta dai genitori a un uomo ricco che non ama e che può prendere altre mogli. Infine si denuncia il ruolo negativo delle tradizioni mitologico-religiose che favoriscono il controllo sociale, l’oppressione delle donne, la diserotizzazione, la repressione della ricerca del piacere. Purtroppo la forma con cui sono trattate queste problematiche è discutibile, visto che consegna un parziale riscatto degli oppressi a fenomeni puramente fantastici per altro legati alla visione mitologico religiosa. Quindi la catarsi del film lascia a desiderare, finendo per riabilitare quelle credenze irrazionali che si erano, a ragione, criticate. 

First Cow di Kelly Reichardt Drammatico, Usa 2020, voto: 6; film d’autore e impegnato statunitense che, purtroppo, confonde il naturalismo con il realismo. Così, se certamente buone sono le intenzioni di denunciare il sogno americano, il risultato è un film scarsamente godibile esteticamente.

Klaus: I segreti del Natale di Sergio Pablos, animazione, Spagna 2019, voto: 6; candidato Oscar come miglior film di animazione, il film è divertente, autoironico ed esprime la necessità di stabilire rapporti solidali e non conflittuali. Resta la struttura conservatrice della commedia che mira, in ultima analisi, a consolidare l’ordine costituito, occultandone le contraddizioni reali.

Sole di Carlo Sironi, Italia 2019, voto: 6; opera prima significativa nel deserto dell’attuale cinema italiano. Vi è una rappresentazione alquanto realista dello sfruttamento del sottoproletariato da parte della borghesia. C’è anche un accenno di riscatto. La conclusione del film presenta una prospettiva di superamento della condizione di sottoproletario in quella di proletario, attraverso una storia d’amore fra due subalterni. Il film non decolla in quanto la prospettiva realista decade in una rappresentazione naturalistica.

Tolo Tolo di Checco Zalone, Italia 2020; voto: 6; Zalone ha la brillante idea di farsi aiutare nella sceneggiatura del film da Virzì e il film ne risente in modo decisamente positivo, marcando una netta discontinuità con l’insostenibile film precedente. Certo anche in Tolo Tolo rimangono le cadute di stile, qualche luogo comune alquanto becero, ma il film è decisamente migliore sotto tutti i punti di vista. Particolarmente efficace è lo scarto fra il trailer, che sembra preannunciare un film pesantemente razzista, e il film vero e proprio che cerca di fare una sana satira sui luoghi comuni del razzismo.

Antropocene – L’epoca umana di Jennifer Baichwal, Edward Burtynsky, Nicholas de Pencier, documentario, Canada 2018, voto: 6; documentario degno di nota per le immagini suggestive che offre e per le questioni sostanziali che solleva. Mancando di una visione del mondo autonoma da quella dominante e di una pur vaga conoscenza del materialismo storico, si parla in generale delle responsabilità umane nell’attuale disastro ambientale, senza cogliere le reali responsabilità di classe e gli effetti distruttivi che ha il modo di produzione capitalistico sull’ambiente. 

Diamanti grezzi di Benny Safdie e Josh Safdie Usa 2019, voto: 6; il film è ben recitato, girato e montato, ha ritmo, è piacevole, tiene con il fiato sospeso, ma lascia davvero poco su cui riflettere allo spettatore.

Promare di Hiroyuki Imaishi, animazione, avventura e fantascienza, Giappone 2019, voto: 6; il melenso contenuto dei cartoni animati di robot è in parte significativa rovesciato, a partire dalla intollerabile bipartizione manichea tra buoni senza macchia e cattivissimi. Peccato rimanga il superomismo e l’individualismo, per cui le masse popolari divengono vittime da salvare o spettatori attoniti delle gesta dei supereroi.

Il mistero Henri Pick di Rémi Bezançon, Francia e Belgio 2019, voto: 6; godibile commedia francese che denuncia come l’industria culturale condizioni anche i bisogni culturali del pubblico, ridotto a consumatore surdeterminato dalle esigenze del profitto. Questa, che è la tematica più significativa del film, resta piuttosto sullo sfondo, portando in primo piano i destini particolari dei protagonisti.

Western Stars di Bruce Springsteen, documentario Usa 2019, voto: 6-; in questo film, a tratti noioso, Springsteen ci presenta il suo nuovo album, tutto acustico e con l’accompagnamento di una orchestra. Il tono è intimista, elegiaco e nostalgico, quasi rivolto a chiudere il cerchio di una brillante carriera. Certo l’individualismo, l’egoismo e i tratti peggiori della società capitalista statunitense sono superati, siamo in una dimensione più ampia, collettiva e tendenzialmente universalista, ma priva di spirito d’utopia, di principio speranza e grandi ambizioni.

Palm Springs: Vivi come se non ci fosse un domani di Max Barbakow, commedia, fantastico, Usa 2020, voto 6-; commediola statunitense a tratti godibile, ma priva di aspetti sostanziali, vivendo tutta intorno a una trovata che, per quanto intrigante, alla lunga finisce con l’annoiare. 

On the Rocks di Sofia Coppola, commedia, Usa 2020, voto: 6-; commediola al solito sostanzialmente conservatrice dell’ordine esistente, ma che con il suo effetto oppiaceo ti costringe a vederla fino in fondo, in quanto risulta, almeno nella prima parte, alquanto gradevole. Alla lunga la sua inconsistenza dal punto di vista decisivo del plot finisce con l’annoiare. 

Aspromonte – La terra degli ultimi di Mimmo Calopresti, Italia 2019, voto: 6-; nella conclusione, al quanto inverosimile, il film finisce per dilapidare i buoni intenti iniziali di rappresentare in modo realistico il disagio sociale. Così anche quando l’odierno cinema italiano tenta di riallacciarsi alla grande stagione del neorealismo fallisce, per timore di portare fino in fondo la critica sociale anche in casi limite, come quello rappresentato. 

Gli anni più belli di Gabriele Muccino, commedia, Italia 2020, voto: 6-; i sedicenti anni più belli sarebbero i terrificanti anni Ottanta, il decennio in cui le classi dominanti riprendono il controllo della situazione e con il neoliberismo intraprendono l’opera di restaurazione, azzerando progressivamente le grandi conquiste storiche del movimento dei lavoratori. Il problema è che di tutto ciò nel film non c’è praticamente traccia. C’è solo l’infantile e romantico rimpianto per i perduti anni giovanili, per altro privi di ideali e grandi ambizioni.

Non odiare di Mauro Mancini, drammatico, Italia e Polonia 2020, voto: 6-; pur partendo da una questione complessa e contraddittoria il film si sviluppa in modo sempre meno credibile. Inoltre termina senza una reale conclusione e, quindi, senza una prospettiva di superamento del dramma messo in scena, che non può che lasciare perplesso lo spettatore.

Il mio capolavoro di Gastón Duprat, Spagna e Argentina 2018, voto: 6-; commedia a tratti divertente con qualche spunto significativo di critica alla mercificazione delle opere d’arte.

Estate di morte serie creata da Harlan Coben, prima stagione, 6 episodi, Polonia 2020, Netflix, voto 6-; nella serie emerge l’antisemitismo che, nella società polacca, appare ampiamente diffuso, offrendo un facile capro espiatorio che, peraltro, impedisce di affrontare le contraddizioni profonde apertesi nella società a partire dal compimento della transizione al capitalismo. Acquista anche rilievo il dramma del patriarcato, del sessismo e del maschilismo della cattolica società polacca. Le soluzioni proposte alle diverse problematiche della serie sono alquanto insoddisfacenti. Il delitto al centro della vicenda viene risolto in modo poco verosimile. Peraltro le questioni sostanziali finiscono sostanzialmente in secondo piano.

Dentro Caravaggio di Francesco Fei, documentario, Italia 2019, voto: 6; l’argomento scelto è naturalmente eccellente, ma il modo di affrontarlo molto discutibile. Manca un inquadramento storico dell’opera di Caravaggio. Il personaggio principale che fa da guida è quasi intollerabile e non mancano cadute nel postmoderno e, a tratti, un ostentato papismo.

Gamberetti per tutti, di Maxime Govare e Cédric Le Gallo, commedia, Francia 2019, voto: 6-; commedia francese, tratta da una storia vera, contro l’omofobia. Ci sono troppi luoghi comuni e il film è un peana al disimpegno nella lotta per l’emancipazione delle minoranze sessuali.

L’assistente della star di Nisha Ganatra, drammatico e sentimentale, Usa 2020, voto 6-; commediola statunitense godibile, senza cadute nel postmoderno. Il film non decolla in quanto i suoi protagonisti non riescono ad andare al di là delle piccole ambizioni del successo personale. In tal modo, il conflitto sociale, reale motore della storia, è anestetizzato.

Permette? Alberto Sordi di Luca Manfredi, biografico, Italia 2020, voto 5,5; il film non fa apparire le reali contraddizioni del personaggio. Per esempio la contraddizione fra la sua attitudine apologetica verso la chiesa cattolica e l’arrivismo ultra-individualista.

Doppio Sospetto di Olivier Masset-Depasse, drammatico, Francia e Belgio 2018, voto 5,5; thriller ben costruito, anche se alla fine la ricerca del colpo di scena diviene fine a se stessa e la soluzione appare non realistica e priva di catarsi. Il film resta una merce ben preparata dell’industria culturale che mira all’evasione dello spettatore dai problemi del mondo reale. 

Van Gogh e il Giappone di David Bickerstaff, documentario, Gran Bretagna 2019, voto: 5,5; il tema dell’importanza della scoperta dell’arte giapponese per l’Occidente e i suoi artisti è un tema significativo e in grado di contrastare l’eurocentrismo. D’altra parte un intero film volto esclusivamente a sottolineare le influenze del Giappone su Van Gogh annoia.

I predatori di Pietro Castellitto, drammatico, Italia 2020, voto: 5,5; il film è una ripresa di America oggi di Altman, di cui si dà una interpretazione reazionaria. Se nel film di Altman vie era la denuncia del fascismo quotidiano, ne I predatori viene rivalutato come possibilità per vivere una vita autentica.

Buñuel – Nel labirinto delle tartarughe di Salvador Simó, animazione, Spagna, Paesi Bassi, Germania 2018, voto: 5,5; il film è sostanzialmente privo di spirito critico, portando lo spettatore a impersonarsi nella figura piuttosto discutibile del giovane regista anarcoide e avanguardista. Tanto che il film realizzato da Buñuel non crea problemi al franchismo, che si limita a proiettarlo senza il nome del produttore, un noto esponente anarchico.

Nel Nome Della Terra di Edouard Bergeon, drammatico, Francia 2019, voto 6-; film che fra il naturalismo e il realismo denuncia la condizione di perpetua crisi della piccola borghesia, sempre sull’orlo di precipitare nel proletariato e spesso pronta persino al suicidio pur di evitarlo. Anche se nel film non si coglie né l’impossibilità dei piccoli capitalisti di reggere la concorrenza con i grandi capitalisti, né le condizione di ultra sfruttamento che impongono ai loro lavoratori salariati per sopravvivere.

05/02/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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