Il processo della colonizzazione

Il saggio del 1925 di un gigante della lotta antimperialista, il comunista Ho Chi Minh, offerto per la prima volta al lettore italiano da MarxVentuno, mantiene intatta la sua attualità con le nefaste e tragiche politiche imperialiste e neo colonialiste ancora oggi perpetuate dalle grandi potenze europee e nordamericane.


Il processo della colonizzazione

Il quarto numero di MarxVentuno del 2021 è interamente dedicato alla traduzione, per la prima volta in lingua italiana, del significativo saggio del grande rivoluzionario vietnamita Ho Chi Minh, volto a una serrata critica, ancora oggi attuale, del processo della colonizzazione francese. Il saggio, pubblicato per la prima volta in francese nel 1925, è impreziosito dalla significativa introduzione di Guglielmo Pellerino e da una decisamente utile cronologia, che consente di collocare adeguatamente nel contesto storico gli importanti avvenimenti trattati in questo scritto. Ne esce fuori, come di consueto, un agile ed elegante volumetto, certamente utile anche ai nostri giorni per chi ha la grande ambizione non solo di interpretare in modo diverso dall’ideologia dominante l’esistente, ma di contribuire a trasformarlo in modo radicale. Obiettivo della serrata e vibrante denuncia del colonialismo in Vietnam e negli altri territori dominati dall’Impero francese è far emergere la contiguità della lotta contro il capitalismo francese condotta dal proletariato con la lotta condotta dai popoli oppressi contro la politica imperialista nelle colonie. Al saldo impianto internazionalista del saggio di Ho Chi Minh, si lega la rivendicazione della grande spinta propulsiva generata dalla Rivoluzione d’ottobre che agevolerà lo sviluppo delle lotte antimperialiste e anticolonialiste in tutto il mondo. Il saggio non ha perduto nulla del suo interesse proprio perché nonostante il grande impegno profuso da giganti della lotta antimperialista come il comunista Ho Chi Minh, ancora oggi le nefaste e tragiche politiche imperialiste e neo colonialiste non solo fanno sentire le loro drammatiche conseguenze, ma continuano a essere perpetuate dalle grandi potenze europee e nordamericane. Per acquistare il presente e i precedenti volumetti messi a disposizione dalla prestigiosa rivista MarxVentuno si invita a collegarsi al sito www.marx21books.com oppure scrivere a , oppure ancora a .

Significativo il dato di fatto, che emerge già nell’introduzione al saggio, della grande capacità del popolo vietnamita di aver saputo apprendere – dai tragici eventi del colonialismo e dalla lotta contro di esso – alcuni degli aspetti più significativi della cultura dei popoli che hanno vanamente creduto di poter soggiogare in modo prolungato questo grande paese. Come ha osservato acutamente a tal proposito l’introduzione al saggio, citando un importante storico vietnamita: “una delle nostre più belle tradizioni consiste, nel mezzo di una guerra di resistenza nazionale, nel rispettare e adattare ciò che vi è di meglio nella cultura dell’avversario per arricchire la nostra”. Si tratta di una sapiente e rivoluzionaria attitudine a saper apprendere dalla cultura di cui sono portatori anche coloro che in quella determinata situazione storica costituiscono i più feroci nemici che purtroppo, proprio oggi, non appare messa adeguatamente in pratica da diverse forze, di ispirazione prevalentemente religiosa che, nei paesi oppressi, sono comunque in grado di dare quantomeno filo da torcere alla grandi potenze occupanti o opprimenti. L'autentica cultura, peraltro, nonostante il contributo che possono dare di volta in volta i diversi popoli, è sempre un decisivo patrimonio collettivo dell’intera umanità, che ha in sé una natura universalista e una valenza intrinsecamente internazionalista. Altrimenti si corre sempre il rischio di buttar via insieme con l’acqua sporca anche il bambino, che è poi, guardando bene, uno dei più gravi e duraturi crimini di cui è sempre il principale responsabile l’aggressore, piuttosto che l’aggredito.

L’introduzione offre una essenziale contestualizzazione storica, in primo luogo dello straordinario autore del saggio. Nato a fine Ottocento in una famiglia di attivisti anticoloniali, in quella che era divenuta la colonia francese dell’Indocina, Ho Chi Minh decide di svolgere anche i mestieri più umili per accrescere la sua conoscenza dei diversi paesi del mondo e fare esperienza diretta delle differenti forme di oppressione. Finisce con lo stabilizzarsi in Francia, per prendere parte attiva al movimento anticolonialista che si stava proprio alla fine della Prima guerra mondiale sviluppando anche in questo paese.

La svolta decisiva nello sviluppo della sua formazione umana, culturale e politica avviene a seguito del profondo impatto che ebbero sugli oppressi di tutto il mondo i grandi eventi che avevano luogo in Russia al tempo della Rivoluzione. Così il giovane ex nazionalista aderisce alla sezione francese della Terza internazionale e inizia la sua collaborazione nei giornali della sinistra della potenza coloniale e opprimente, cercando di sensibilizzare i proletari francesi sull’importanza che poteva assumere anche per loro il movimento anticoloniale. Da ciò si coglie un altro spunto essenziale anche per l’attuale lotta anticoloniale e antimperialista, cioè il fatto che – al di là delle apparenze – tali conflitti non sono mai fra un popolo oppresso e un popolo oppressore, ma sono sempre il prodotto della classe degli oppressori che hanno il potere nel paese al momento più potente e che, in tal modo, non solo estendono il loro dominio sui ceti sociali oppressi di altri paesi, ma rendono ancora più forte il proprio dominio classista verso le masse popolari del loro stesso paese. Dunque la lotta anticoloniale e antimperialista veramente efficace è quella che si declina, sul piano teorico e possibilmente anche pratico, come un momento per quanto rilevante della più generale lotta di classe sul piano nazionale e internazionale.

Ben presto il giovane rivoluzionario autore del saggio si guadagna l’onere e l’onore di finire sotto il controllo degli apparati repressivo dello Stato imperialista francese. Il radicalizzarsi dell’impegno di Ho Chi Minh, nella allora ancora avanguardistica lotta anticoloniale, va di pari passo con il crescere della consapevolezza, all’interno della Terza Internazionale, della centralità che andava riconosciuta alla lotta per l’emancipazione dei popoli dal giogo imperialista.

Da parte sua, Ho Chi Minh offre un essenziale contributo a far comprendere, all’interno del Partito Comunista Francese, la crescente importanza che veniva assumendo la lotta anticolonialista e antimperialista, per favorire lo sviluppo delle quali il giovane rivoluzionario fonda un giornale a esse dedicato. Particolarmente significative e attuali sono le denunce di come i colonialisti utilizzino sistematicamente le droghe e l’alcol per tenere soggiogati i popoli oppressi e di come intervengono immediatamente per sopprimere chiunque all’interno dei popoli colonizzati cominci a sviluppare una qualche coscienza di classe.

Ben presto il giovane diviene delegato nel paese dei soviet e poi diviene rappresentante in Cina del suo popolo in lotta contro il colonialismo. Come cerca di mostrare esemplarmente Ho Chi Minh – in questa significativa opera per la prima volta tradotta in italiano – solo disvelando le distorsioni prodotte dall’ideologia dominante, sempre pronta a spacciare come una presunta missione civilizzatrice dei paesi imperialisti le avventure coloniali e imperialiste, sarebbe stato possibile far crescere la consapevolezza all’interno del proletariato europeo che gli sfruttati dei paesi coloniali sono parte integrante della loro classe e che solo sviluppando una forma di solidarietà di classe fra oppressi l’imperialismo avrebbe finito per rivelarsi un gigante dai piedi di argilla. Peraltro, come denuncia l’autore dell’introduzione, la menzogna ideologica della guerra di civilizzazione serve ancora oggi quale giustificazione per l’aggressione di paesi antimperialisti o non allineati, sebbene possa assumere diverse denominazioni, come guerra umanitaria o finalizzata all’esportazione della democrazia. 

Del resto, come denuncia acutamente la prefazione al saggio di Ho Chi Minh, chi si appella all’esportazione della civiltà per difendere colonialismo e imperialismo, non si interroga su chi ha pagato per la trasmissione ai popoli oppressi di tali presunti benefici e su chi ne gode realmente i dividendi. Allo stesso modo, occorre evidenziare come lo stesso popolo francese sia stato strumentalizzato per giustificare l’espansione coloniale del proprio paese, sebbene non abbia in verità goduto del benché minimo reale beneficio a causa dell’espansione imperialista, che non può non giovare e rafforzare i suoi stessi sfruttatori e nemici di classe.

Il saggio si apre con una serrata denuncia di come i popoli coloniali siano stati ridotti a carne di cannone, necessaria a portare avanti, a favore dei dominanti, la prima guerra imperialista mondiale. L’arruolamento forzato dei nativi, da parte dei colonizzatori – spacciato per volontariato – provoca in realtà fra gli arruolati a forza un elevatissimo numero di fuggitivi e di vittime di pratiche autolesioniste per cercare di sottrarsi alla quasi certa condanna a morte che li attendeva nelle trincee o in campi di battaglia in cui si trovavano sempre a dover combattere in prima linea. Venivano forzatamente arruolati con ogni forma di violenza e inganno e il loro calvario era trasfigurato dall’ideologia dominante come una crociata per difendere quel diritto e quella giustizia di cui erano completamente private le masse popolari dei colonizzati. Alle vedove e ai mutilati di guerra venivano “concesse” licenze per avvelenare, spacciando l’oppio dei colonizzatori, i loro stessi fratelli colonizzati. Paradossalmente i popoli colonizzati vengono costretti a uccidersi fra di loro nella guerra imperialista in nome – ironia della storia – di quel diritto dei popoli all’autodeterminazione che proprio a loro era costantemente negato. 

Lo spaccio della droga e dell’alcol di Stato, per meglio dominare i popoli coloniali, era la principale attività anche dei governatori appartenenti al partito dei democratici radicali francesi. Così gli spacci di alcool e droga – di numero infinitamente superiore al ridottissimo numero di scuole costruite dai colonizzatori – venivano aperti da questi ultimi quantomeno in ogni villaggio, sfruttando la sete di profitto della stessa classe dominante autoctona. Si imponeva – per vie “legali” – la quantità di droga e di alcol che avrebbe dovuto consumare ogni indigeno, obbligando così gli stessi genitori a dover consumare anche le razioni previste per i loro bambini e neonati. In questa situazione fra i governanti colonizzatori e i loro tirapiedi reclutati fra i malviventi indigeni si diffondeva la più feroce corruzione ai danni delle masse popolari locali, alle quali si impongono persino come direttori spirituali e religiosi degli impenitenti criminali autoctoni. Tali diffusissimi sistemi corrotti fino al midollo finivano per il rendere del tutto irrazionali le innumerevoli sevizie inflitte alla popolazione civile locale, a ulteriore dimostrazione che non c’era davvero nulla che potesse razionalmente giustificare i crimini contro l’umanità prodotti dal colonialismo.

Lo spaventoso scarto fra l’impegno a civilizzare i “selvaggi” – infarcito di belle parole enfaticamente riprese persino dalla Rivoluzione francese – e la pratica terroristica questa sì veramente barbara e selvaggia dei colonizzatori (generalmente del tutto impreparati a ricoprire posti di comando con poteri sostanzialmente illimitati sugli autoctoni, posti di cui si erano appropriati solo grazie a raccomandazioni) è denunciata con un efficacissima satira sociale che ricorda quella di Gogol e che non ci si aspetterebbe invece in un autore come Ho Chi Minh, considerata anche la portata tragica – vissuta in prima persona – di queste pratiche dispotiche. Concludiamo, a dimostrazione ulteriore dimostrazione dei tragici paradossi prodotti dal colonialismo, con una emblematica citazione tratta dal saggio qui recensito: “quando si ha la pelle bianca, si è automaticamente un civilizzatore. E quando si è un civilizzatore, si possono commettere atti selvaggi pur restando del tutto civili” [1].

 

Note:

[1] Ho Chi Minh, Il processo della colonizzazione francese, a cura di Alessia Franco, Marxventuno Edizioni, Bari 2022, p. 56.

30/07/2022 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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