Metodo e sistema nel giovane Hegel

Nel contesto delle opere di Francoforte l’oscillazione di Hegel tra la consapevolezza delle opposizioni insite nella realtà e l’impulso a conciliarle idealisticamente  rappresenta per Lukács la prima manifestazione del contrasto tra metodo e sistema.


Metodo e sistema nel giovane Hegel

A parere di Nicolao Merker, l’esigenza di unificazione tra i viventi soddisfatta dall’amore, di cui Hegel discorre nel Frammento del 1797, prefigura il “bisogno della filosofia” espresso nella Differenza, con il quale ha in comune la necessità logica che gli opposti siano unificati; lo schema triadico della dialettica è qui interamente dispiegato dall’unità originaria, immediata, si giunge, attraverso il travaglio delle molteplici determinazioni dell’intelletto, all’unità mediata e completa, all’intiero[1].

Le opposizioni fissate dall’intelletto sono la duplicazione dell’unità originaria, ma è poi per necessità logica e non reale che esse sono destinate a essere conciliate nell’unificazione completa: “le opposizioni, i termini della «scissione», non sono perciò opposti reali, contraddizioni reali che per il loro essere inserite in un reale contesto storico-determinato hanno una problematica reale-specifica da proporre, ma opposti che sono puri, sciolti dalla problematica del loro contesto reale-materiale, opposti che sono cose del pensiero. Ma [...] questi opposti [...] da Hegel vengono trattati non come contraddizioni scaturite da situazioni oggettive reali, ma come manifestazioni della propria necessaria conciliazione, fenomeni della auto-scissione o duplicazione dell’unità” [2].

La mistica speculativa hegeliana, denunciata dal giovane Marx nella Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico (1843), sarebbe quindi secondo Merker interamente contenuta già nel Frammento: lo schema dialettico precostituito è pronto ad accogliere contenuti e fatti concreti di qualsivoglia natura, a sussumerli sotto di sé, attribuendo loro un “significato altro da sé”. 

Gli aspetti conservatori e “conciliativi” di Hegel e il suo stravolgimento idealisticopiù volte rilevati da Lukács e da lui fatti risalire ai condizionamenti storici dell’arretratezza tedesca o attribuiti al vizio sistematico, in ciò seguendo la tesi dei Giovani hegeliani e di Engels sulla contraddizione tra metodo e sistema – avrebbero secondo Merker la loro radice nella costitutiva struttura speculativa del metodo dialettico hegeliano. Perciò, la spiegazione di György Lukács non può che apparire a Merker esteriore, una mera giustapposizione che gli preclude di cogliere la necessità logica, interna al metodo, di ricorrere all’unificazione speculativa.

Una conseguenza della concezione lukacciana del periodo hegeliano di Francoforteinterpretato come periodo di crisi e di trapasso contraddittorio verso la fondazione del metodo dialetticoè l’assegnazione alla religione di una funzione decisiva nell’economia del pensiero di Hegel. La tendenza a conciliarsi con la religione cristiana, di contro alla negazione radicale di essa nel periodo di Berna, porta Hegel a trovare nel principio religioso l’unità vivente delle contraddizioni, fino a sfociare nel superamento della filosofia nella religione, come avviene compiutamente nel Frammento di sistema (1800). Nel contesto delle opere di Francoforte l’oscillazione di Hegel tra la consapevolezza delle opposizioni insite nella realtà e l’impulso a conciliarle idealisticamenteun’ulteriore conferma, questa, della tragicità di un pensiero che cerca un soluzione senza abbandonare il terreno storico-concreto, ma indagando nel “letame delle contraddizioni” – rappresenta per Lukács la prima manifestazione del contrasto tra metodo e sistema [3]: il ruolo che svolgerà il soggetto-oggetto identico nell’idealismo oggettivo compiuto di Hegel è lo stesso che svolge qui la religione, con la differenza che nell’unificazione mistica della fede scompaiono le determinazioni riflessive e viene abolita l’oggettività in generale. Per illustrare questo punto, Lukács riporta un passo de Lo spirito del cristianesimo e il suo destino [4], commentandolo in questo modo: “qui dunque, in opposizione al suo punto di partenza, Hegel contrappone fra loro, in forma esclusiva, riflessione e verità. Con ciò la riflessione cessa di essere un momento necessario dell’ascesa dialettica alla verità, e come sarà sempre, a partire da Jena, nella sua dialettica: un momento che solo in quanto è falsamente assolutizzato si capovolge in falsità. Ora essa sparisce, come assoluta opposizione alla verità, dalla sfera suprema della conoscenza, dalla conoscenza di sé dello spirito. Non è quindi un caso che qui Hegel, in netta opposizione al suo sviluppo ulteriore, chiami fede, e non sapere, questa conoscenza di sé del soggetto cosmico” [5].

Ma è corretta questa lettura dello Hegel francofortese che misticamente tende all’unificazione delle scissioni a opera dell’amore e/o della religione? Arturo Massolo, in contrasto con questa tesi, ha avanzato una diversa interpretazione. Secondo il suo parere, Lukács è caduto in errore perché ha identificato tout court fede e religione; in realtà Hegel non si è mai servito negli scritti di Berna del primo termine fede (Glaube) per indicare la religione greca; al contrario “fede indica a Francoforte e prima ancora a Berna, come poi a Jena, la religione dell’uomo estraneato” [6]. Per Massolo, questo concetto di fede è chiaramente espresso da Hegel all’inizio del frammento Fede ed essere: “la fede è il modo in cui ciò che è unificato, ciò in cui un’antinomia è unificata, è presente nella nostra rappresentazione. L’unificazione è l’attività che, riflessa come oggetto, è il creduto” [7].

A questa conciliazione prodotta dalla fede [8] – con la quale non si esce dalla positività, per il semplice motivo che è questo il suo modo tipico di operareHegel non contrappone la religione, “ma la riconciliazione dell’uomo con il mondo”, e cioè una soluzione sul piano etico-politico e non religioso. Infatti, argomenta Massolo, il contenuto dello Spirito del cristianesimo consiste nel tentativo di Gesù di superare la situazione storica di scissione in cui si trova il popolo ebraico, a opera della positività della sua religione. Alla scissione tra uomo e natura, uomo e Dio, introdotta fin dall’origine dal suo fondatore Abramo, Gesù contrappone la forza unificante dell’amore; ma, appunto, il grande tema dello scritto di Hegel “è il riconoscimento dell’impossibilità dell’amore come riconciliazione con il destino del mondo. L’amore, che è quello storico di Gesù (Hegel ignora le analisi e le possibilità astratte), in quanto elevazione al di sopra di tutto il destino, subisce come suprema innocenza il destino supremo e il più tragico” [9].

Lungi dal rappresentare una soluzione, la tentata unificazione tramite l’amore si rivela essere un fallimento e, se le cose stanno così, allora cadono anche le interpretazioni che individuano nell’amore la prima forma di mediazione dialettica nell’iter filosofico di Hegel; tanto più che non solo Gesù va incontro al proprio tragico destino, ma l’impotenza dell’amore nel sanare le opposizioni si rivela nello stesso cristianesimo storico il cui destino è “che chiesa e stato, culto e vita, pietà e virtù, agire spirituale e agire mondano giammai possano fondersi in uno” [10].

Il destino di positività della religione coinvolge, nella lettura di Massolo, anche il supposto ruolo di unificazione attribuito da alcuni interpreti alla religione nel Frammento sistematico di Hegel. Anche per Lukács si attua in questo scritto il superamento della filosofia nella religione e ciò rappresenta il culmine del misticismo francofortese di Hegel; contro Lukács e a favore della tesi di Massolo si schiera Edoardo Mirri nel commento introduttivo al Frammento sistematico [11]. La stessa argomentazione è riscontrabile in Leo Lugarini: “l’Objektivmachen, l’oggettivare, è riconosciuto «destino» della vita religiosa: un’altra espressione per significarne il destino di positività. Perciò Hegel rileva che la religione può anche introdurre fra gli uomini un alto grado di unificazione, mai però unificarli compiutamente” [12].

Note:

[1] Merker, Nicolao, Le origini della logica hegeliana. Hegel a Jena, Feltrinelli, Milano 1961, p. 79.

[2] Ivi, p. 86.

[3] In disaccordo con questo criterio interpretativo di Lukács, Ernst Bloch propone una spiegazione diversa dei limiti idealistici e conservatori di Hegel, incentrata sulla nozione di anamnesi e cioè lo sguardo rivolto al passato, in funzione della sua giustificazione. Questa interpretazione esclude la contraddizione di origine engelsiana tra sistema e metodo: “Engels ha completamente ragione quando afferma che vi è un’intima contraddizione nel sistema di Hegel, ma la contraddizione non è fra il metodo e il sistema bensì tra rovesciamento e ciclicità tanto nel metodo quanto nel sistema: contraddizione tanto nella forma del metodo quanto nel contenuto del sistema. Nel metodo, in quanto la stessa dialettica di Hegel implica essenzialmente solo una “interpretazione” dell’essere in sé del fondamento-alfa verso l’in sé e per sé nell’omega del “fondamento che si volge in se stesso”. Nel sistema però, in cui la dialettica trova veramente il suo posto, il suo esercizio, la sua esistenza, la contraddizione non è più rilevante che nel metodo-ciclo; essa muove dalla anamnesi – comune al metodo come al sistema.” Bloch, Ernst, Distinzione del “metodo” di Hegel dal “sistema”, in Id., Dialettica e speranza, Vallecchi editore, Firenze 1967, pp. 39-61, p. 50.

[4] Il passo citato da Lukács è il seguente: “Il figlio di Dio è anche figlio dell’uomo: il divino appare in una figura particolare, come un uomo; la connessione del finito con l’infinito è certamente un sacro mistero, poiché questa connessione è la vita stessa. La riflessione che separa la vita può distinguerla in infinito e finito e soltanto la limitazione, il finito considerato per sé, ci dà il concetto dell’uomo come opposto al divino. Ma al di fuori della riflessione, nella verità, tale limitazione non ha luogo.” Hegel, Georg Wilhelm Friedrich, Scritti teologici giovanili, traduz. di Vaccaro N. e Mirri E., Guida editori, Napoli 1977, p. 422.

[5] Lukács, György, Der junge Hegel und die Probleme der kapitalistischen Gesellschaft (1948), Il giovane Hegel e i problemi della società capitalistica, traduz. di Solmi, R., Einaudi, Torino 1975, p. 281.

[6] Massolo, Arturo, Prime ricerche di Hegel, in Id., La storia della filosofia come problema, Vallecchi editore, Firenze 1973, p. 75.

[7] Hegel, G.W.F., Scritti teologici, op. cit., p. 532.

[8] Massolo cita, a questo proposito, un passo del frammento di Hegel Amore e religione: “laddove nella natura vi è eterna separazione e pur tuttavia viene unito quel che non si può unire, là c’è positività.” Ivi, p. 528.

[9] Massolo, A., Prime ricerche…, op., cit., p. 76.

[10] Hegel, G.W.F., Scritti teologici, op. cit., p. 457.

[11] In ivi, pp. 461-472.

[12] Lugarini, Leo, Hegel. Dal mondo storico alla filosofia, Armando Editore, Roma 1973, p. 68.

08/04/2023 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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