Il Brasile bloccato dallo sciopero generale contro il golpista Temer

La lotta continua anche in Argentina.


Il Brasile bloccato dallo sciopero generale contro il golpista Temer Credits: Wilson Dias/ABr - Agencia Brasil

35 milioni di lavoratori e lavoratrici hanno aderito – secondo le fonti sindacali – allo sciopero generale del 28 Aprile convocato in Brasile contro le riforme del lavoro e delle pensioni del governo Temer.

Temer – arrivato al potere con una manovra parlamentare molto simile a un golpe – sta cercando di portare a termine una serie di riforme neo liberiste prima delle elezioni del 2018. Tra queste, l'abolizione della contrattazione collettiva tra sindacati e imprese e l'innalzamento secco dell'età della pensione per uomini e donne fino ai 65 anni.

Si tratta del primo sciopero generale da vent'anni a questa parte, nel gigante sudamericano. Su una forza lavoro stimata attorno ai 105 milioni di lavoratori, hanno aderito 35 milioni, paralizzando le principali città del paese. Un risultato ancora più impressionante se si considera che- secondo i dati dati dell'Asian Development Bank - circa il 39% dell'economia è “sommersa” e che comunque la stragrande maggioranza dei lavoratori è impiegata nel settore dei servizi, tradizionalmente difficile da mobilitare.

Al blocco delle città ha contribuito, oltre all'adesione dei sindacati degli operai, la convinta adesione dei sindacati degli insegnanti e degli autotrasportatori.

Anche in Argentina - dove le elezioni sono state vinte nel 2015 dal neoliberale Macri – si è svolto uno sciopero generale contro le politiche del governo. Il 6 Aprile lo sciopero ha paralizzato la capitale Buonos Aires – dove il sindaco è dello stesso partito di Macri – anche qui grazie all'adesione dei sindacati dei trasporti pubblici e dei sindacati operai.

Verso le elezioni

Il risveglio del conflitto di classe nei due paesi più moderni dell'America Latina appare autonomo dalle dinamiche più prettamente politiche. In Brasile addirittura hanno partecipato allo sciopero anche alcune organizzazioni sindacali che avevano originariamente sostenuto Temer.

In ogni caso, entrambi i paesi vanno verso elezioni. Nel 2017 l'Argentina affronterà il ricambio parziale della Camera e del Senato, occasione in cui Macri dovrà affrontare per la prima volta il malcontento popolare, pur senza rischiare di perdere immediatamente il potere.

Soprattutto, il 2018 sarà l'anno delle elezioni presidenziali in Brasile. Temer sa di non avere la minima possibilità e deve quindi svolgere il lavoro sporco prima delle elezioni in cui difficilmente potrà sperare di andare oltre il 4%. Per le elite brasiliane, il vero pericolo è il ritorno di Lula. Il Partito dei Lavoratori è infatti intenzionato a ricandidare il suo leader storico e i sondaggi lo danno in ampissimo vantaggio rispetto ai possibili avversari. Una candidatura di Lula arriverebbe di sicuro al secondo turno e potrebbe contendere la vittoria a Aecio Neevs (nominalmente socialdemocratico, di fatto liberale), a Marina Silva (ambientalista già ministro di Lula) e Jair Bolsonaro (destra cristiana). Il governo è ovviamente consapevole di questo e cerca infatti di impedire a Lula di presentarsi alle elezioni.

In un momento di grande crisi per la sinistra sud americana, la ripresa del conflitto nei due paesi già passati al controllo neoliberale è un dato importante, anche per smentire la narrativa per cui alle nuove classi medie formate dalle politiche inclusive dei governi di sinistra converrebbe tornare al Washington Consensus. Se nel 2018 Lula riuscisse a tornare alla presidenza del Brasile, potrebbe fornire una boccata di ossigeno a tutto il movimento progressista sudamericano, una boccata utile anche per correggere gli errori.

06/05/2017 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: Wilson Dias/ABr - Agencia Brasil

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L'Autore

Paolo Rizzi

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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