Le uova del serpente – dall’Unità 731 a Fort Detrick

Seiichi Morimura, con il successo del suo libro La Gola del Diavolo, svelò al grande pubblico giapponese le atrocità commesse durante la Seconda guerra mondiale dall’Unità 731, punta di diamante del programma di guerra biologica del Giappone imperiale.


Le uova del serpente – dall’Unità 731 a Fort Detrick

 Seiichi Morimura è morto a Tokyo all’età di 90 anni lo scorso 24 luglio. Fu grazie alla sua opera Akuma no Hoshoku (“La Gola del Diavolo”), pubblicata prima a puntate sul giornale comunista “Akahata”, quindi in forma di libro nel 1981, che le atrocità commesse dall'Unità 731 dell’Esercito Imperiale Giapponese durante la Seconda guerra sino-giapponese (1937-1945) divennero note al grande pubblico giapponese.

Se in Occidente basta pronunciare il nome di Josef Mengele per suscitare immediatamente un senso di orrore e paura, la maggioranza di noi invece ignora chi fossero l’ufficiale medico Shiro Ishii e l’Unità 731. Non così in Cina.

L’Unità 731, istituita dall’ufficiale medico Shiro Ishii nei pressi della città cinese di Harbin poco dopo l’invasione giapponese della Manciuria nel 1931, rimase operativa fino alla fine della Seconda guerra mondiale e poté contare su una grande installazione autonoma in grado di produrre allevamenti di insetti e germi sofisticati, che era dotata di una prigione per gli esperimenti umani, campi di prova, un arsenale per fabbricare bombe batteriologiche, un campo d’aviazione, aerei speciali privati e un crematorio per liberarsi delle sue vittime.

L’Unità non si impegnava solo in sadici esperimenti medici sui prigionieri a disposizione, ma, sotto le mentite spoglie di un reparto per la prevenzione delle epidemie e per la purificazione delle acque, testava vari vettori di guerra biologica. Migliaia di persone, denominate “marutas”, o “tronchi di legno”, principalmente cinesi, ma anche coreani, russi e prigionieri di altre nazionalità vennero infettati da tifo, colera, antrace e peste con l’obiettivo di perfezionare le armi biologiche. Alcuni prigionieri vennero poi vivisezionati senza anestesia in modo che i ricercatori potessero osservare gli effetti della malattia sul corpo umano.

Da quell’installazione Ishii lanciò vari attacchi biologici, non sappiamo quanti. Qui ne citiamo due che all’epoca furono denunciati dai nazionalisti cinesi, che accusarono i giapponesi di aver lanciato la peste prima su Ningbo, una città nella Cina orientale vicino Shanghai, il 27 ottobre 1940, poi su Changde, una città nella provincia di Hunan, il 4 novembre 1941.

Quando i carri armati sovietici attraversarono il confine fra Siberia e Manciuria a mezzanotte dell’8 agosto 1945, mancava meno di una settimana alla resa incondizionata del Giappone. I giapponesi passarono i pochi giorni rimanenti a distruggere le loro installazioni biologiche in Cina, uccidendo le restanti cavie umane (“ci sono volute 30 ore per ridurli in cenere”), e spedirono la maggior parte del loro personale e alcune delle attrezzature più preziose in Sud Corea. La maggior parte degli scienziati giapponesi nel Manchukuo riuscì a sottrarsi alla cattura da parte dei sovietici e fuggì in Giappone.

I sovietici catturarono solo alcuni membri del personale dell’Unità 731 in fuga dal Manchukuo e istituirono un processo per crimini di guerra contro dodici ufficiali dell’esercito giapponese del Kwantung (unità di élite dell’esercito giapponese) e personale medico che erano stati incaricati della fabbricazione e uso di armi biologiche e della sperimentazione umana. Al processo, che si svolse tra il 25 e il 31 dicembre 1949 nella città sovietica di Khabarovsk, furono prodotte le prove del programma di guerra batteriologica portato avanti dall’Unità 731, che era in grado di produrre enormi quantità di germi ogni mese.

Altri due esperimenti portati avanti nel distaccamento dall’Unità 731 e rivelati al processo di Khabarovsk furono quello sulla sifilide, in cui vennero volutamente infettate diverse “donne di conforto” cinesi, e il “progetto di congelamento”, per cui le braccia delle cavie umane venivano fatte gelare e successivamente scongelate - un resoconto descrisse uomini e donne vittime dei test di congelamento con mani in putrefazione da cui sporgevano le ossa.

L’Occidente liquidò il processo di Khabarovsk come un caso di “propaganda comunista”, ma sia le memorie pubblicate in seguito da ex ufficiali giapponesi, sia il lavoro di ricerca indipendente di vari studiosi confermarono le accuse.

Che ne fu di Shiro Ishii, fondatore e responsabile dell’Unità 731, e degli altri maggiori attori coinvolti?

Avviso spoiler: questa non è il tipo di parabola morale in cui un cavaliere intrepido trapassa con la sua spada scintillante il cuore del serpente degenerato, ma invece qui è proprio l’eroe senza macchia e paura che assicura la sopravvivenza alle uova del serpente e se ne aggiudica il retaggio.

L’Unità 731 non era stata l’unica a condurre quel tipo di esperimenti in Giappone e nelle zone occupate ed era anzi parte di una rete complessiva a cui partecipavano anche università, ospedali militari e aziende farmaceutiche. Gli scienziati dell’Unità 731 avevano pubblicato dettagli sugli esperimenti umani e sulle loro scoperte in riviste mediche e scientifiche in Giappone sotto la debole copertura di esperimenti su animali. A guerra finita, molti alti ufficiali delle varie unità ritornarono in Giappone, rientrarono nel sistema universitario, e svolsero ruoli di primo piano nella comunità medica e accademica del Paese.

Entra ora in scena l’attore principale: il governo statunitense, non più alleato dell’URSS contro il nazifascismo bensì implacabile nemico dell’URSS e del socialismo mondiale, iniziatore e protagonista della cosiddetta guerra fredda.

Mentre il governo degli Stati Uniti era edotto della dotazione giapponese di armi chimiche ben prima che la Seconda guerra mondiale iniziasse, pare che originariamente avesse invece scarsa contezza delle prime ricerche giapponesi sulle armi biologiche. C’erano alcune indicazioni che il Giappone stesse conducendo ricerche sulla guerra biologica alla fine degli anni ’30, ma in generale gli USA erano convinti che il Giappone fosse incapace di tale ricerca.

Già nel 1944, però, gli USA erano ormai al corrente della guerra biologica condotta dai giapponesi in Manchukuo e nutrivano grande interesse per il programma giapponese. Ecco perché, a guerra appena finita, il tenente colonnello Murray Sanders di Fort Detrick nel Maryland, che rimane ad oggi la principale struttura di ricerca sulla guerra biologica degli Stati Uniti, fu inviato immediatamente in Giappone ed iniziò i suoi colloqui/interrogatori con membri dell’Unità 731.

All’inizio poco propensi a collaborare, i giapponesi cambiarono atteggiamento di fronte alla minaccia di doversi difendere di fronte una commissione mista composta anche da sovietici e offrirono piena collaborazione quando ricevettero la garanzia di immunità per le azioni passate.

La maggior parte dei subordinati di Ishii vennero intervistati da Sanders, incluso il famigerato Kitano che per un breve periodo era stato comandante dell’Unità 731. Catturato dalle forze cinesi alla fine della guerra, fu liberato dagli USA e riportato in Giappone con la complicità del governo di Chiang Kai Shek.

Ishii Shiro riuscì a nascondersi fino al 1946, ma dopo aver ottenuto l’immunità si fece avanti e cominciò a collaborare con il gruppo di Sanders.

Il 13 marzo 1948, il generale MacArthur ricevette istruzioni di garantire ufficialmente la piena immunità agli scienziati dell’Unità 731 in cambio di informazioni sulla loro guerra biologica. Come sintetizzato in modo eloquente da Daniel Barenblatt, autore di A Plague upon Humanity: The Hidden History of Japan’s Biological Warfare Program “il «segreto dei segreti» del Giappone imperiale era diventato il grande segreto dell’America”.

Il governo degli Stati Uniti si era così impegnato a coprire i crimini degli scienziati giapponesi, e non solo degli scienziati militari, ma anche di quelli civili, delle università e delle aziende farmaceutiche, perché a tali crimini essi erano associati. Il governo giapponese avrebbe fatto lo stesso, negando che gli esperimenti umani fossero mai avvenuti.

La politica perseguita nei confronti dei criminali di guerra giapponesi non è stata dissimile da quella tenuta nei confronti di quelli tedeschi. Basti pensare all’Operazione Paperclip, che proseguì fino al 1973, con la quale oltre 1600 scienziati, tecnici ed ingegneri tedeschi vennero portati in America a lavorare per il governo statunitense. Allo stesso modo, gli esiti della ricerca biologica dell’Unità 731 sono ora custoditi a Fort Detrick nel Maryland.

Le uova del serpente non sono andate perdute: ex membri dell’Unità hanno fondato o hanno collaborato al successo di grandi compagnie farmaceutiche, sono entrati in prestigiose facoltà universitarie e in varie istituzioni governative. Basti pensare che ogni singolo direttore dell’Istituto Sanitario Nazionale giapponese, a partire dalla sua creazione nel maggio 1947 fino al 1983 (con una sola eccezione), aveva prestato servizio in un’unità di guerra biologica durante la guerra. Ishii Shiro non fu mai sottoposto a processo e morì di cancro nel 1959.

Anche se alcuni studiosi quali Barenblatt, William e Wallace, Sheldon Harris e altri avevano documentato le attività dell’Unità 731, il loro lavoro era rimasto confinato fra gli specialisti. La Gola del Diavolo di Morimura riuscì invece finalmente a raggiungere il grande pubblico ed ebbe l’effetto di una valanga.

Lo stesso anno – 1981 – in cui fu pubblicato il libro di Morimura, il giornalista americano John W. Powell sostenne nel “Bulletin of the Atomic Scientists” che il governo degli Stati Uniti aveva concesso l’immunità ai membri dell’Unità 731 in cambio dei registri di laboratorio della loro ricerca, confermando le rivelazioni di Morimura.

Solo dopo la pubblicazione del libro, il governo giapponese ha riconosciuto pubblicamente le attività dell’Unità 731.

Una lunga causa intentata dai familiari sopravvissuti delle vittime dell’Unità 731 ha portato un tribunale di Tokyo a confermare nel 2002 che il Giappone si era impegnato in una guerra batteriologica durante la Seconda guerra mondiale – nessun risarcimento però è stato riconosciuto dal tribunale ai querelanti cinesi.

Seiichi Morimura, autore di oltre 300 romanzi, era nato a Kumagaya, nella Prefettura di Saitama, Giappone, il 2 gennaio 1933. Si dice che fosse diventato pacifista dopo essere sopravvissuto ai bombardamenti che incendiarono Tokyo durante la Seconda guerra mondiale.

Bibliografia:

[1] Emily Langer, Seiichi Morimura, who exposed Japanese atrocities in WWII, dies at 90.

[2] Vanderbrook, Alan, Imperial Japan's Human Experiments Before And During World War Two (2013). Electronic Theses and Dissertations, 2004-2019. 2589.

[3] John W. Powell, (1980) Japan's germ warfare: The U.S. cover-up of a war crime: Bulletin of Concerned Asian Scholars: Vol 12, No 4, 2-17, DOI: 10.1080/14672715.1980.10405225 (tandfonline.com).

04/08/2023 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Stefania Fusero

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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