A salario di merda, lavoro di merda!

Oggi, mentre scrivo questo articolo, la cronaca ci pone davanti un avvenimento sconcertante: la morte di un giovane studente 18enne, Lorenzo Parelli, colpito da una putrella mentre era in “alternanza scuola-lavoro”.


A salario di merda, lavoro di merda!

“A salario di merda, lavoro di merda!” 

Nel gennaio 1928, il giovane giornale comunista “l’Unità”, fondato 4 anni prima da Antonio Gramsci, titolava in questo modo per spingere all’insurrezione e allo sciopero i lavoratori che dovevano far fronte alla riduzione dei salari [1]. Oggi, mentre scrivo questo articolo, è il 22 gennaio, il giorno del compleanno di quel giovane rivoluzionario e intellettuale sardo che tuonava dal suo giornale, e la cronaca ci pone davanti un avvenimento sconcertante: la morte di un giovane studente 18enne, Lorenzo Parelli, colpito da una putrella mentre era in “alternanza scuola-lavoro” [2]. Non possiamo entrare nei dettagli della vicenda poiché molti dati non sono ancora chiari e molte risposte tardano ad arrivare, perciò ci limiteremo a riflettere sul concetto stesso di “alternanza scuola-lavoro”. Alessandro Barbero si è espresso riguardo a questo abominio spacciato per “possibilità di apprendimento sul campo”: “siamo arrivati al punto che questa grande conquista per cui si era detto «tutti devono avere davanti molti anni durante i quali studiano senza chiedersi a cosa mi servirà questo specificamente» non va più bene. Si è cominciato a pensare che per mandare la gente a scuola, però, la cosa poi deve essere spendibile sul mercato del lavoro, e si è arrivati adesso all’assurdità che si è tornati a dire ai ragazzi, come ai loro nonni analfabeti: «anche se avete soltanto 16 o 17 o 18 anni però un po’ di lavoro lo dovete fare; che è questo lusso di passare quegli anni solo a studiare a scuola? No no! Alternanza scuola-lavoro!»”. Com’era il titolo de “l’Unità”? A salario di merda? Be’, l’alternanza non è salariata, perché “è un’occasione”. Già! Perché nel sistema in cui viviamo bisogna prendere l’essere schiavizzati come “occasione”, perché dobbiamo abituarci sin da subito a concepire il lavoro come totale sottomissione a un padrone, perché dobbiamo abituarci all’idea che di lavoro non si vive, piuttosto si muore. Gramsci, sempre lui, ha scritto parole meravigliose dedicate agli studenti, a coloro che a piene mani attingono al sapere: “Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza” [3]. In questa frase del 1919 è evidente la carica rivoluzionaria derivata dalla conoscenza, dal sapere, dalla cultura, che troppe volte vengono accantonate perché fanno paura, perché sono un’arma, un metodo di autodifesa dall’alienazione, dall’appiattimento generale dipeso da un sistema in cui non scegliamo di nascere. Le strade dei rivoluzionari sono bagnate dal sangue dei lavoratori, vittime sacrificali della produttività. In un ribaltamento dell’ottica biblica le nostre vesti saranno lavate dal sangue versato di chi è caduto fino a renderle non candide ma vermiglie, del colore del cinabro. In un celebre discorso Togliatti citava “l’amaro verso di Virgilio”, ancor più amaro in quanto tristemente profetico, “Sic vos non vobis mellificatis apes” [4], “non per voi producete il miele, oh api!” (sottintendendo per altri che al posto vostro lo godono), allo stesso modo il lavoro non produce frutto per il lavoratore, alienato rispetto alla propria merce, ma per il padrone che al suo posto gode del plusvalore e del prodotto. A salario di merda, lavoro di merda; a sfruttamento, ribellione.

 

Note:

[1] Il testo dell’articolo in formato jpg della pagina storica di giornale è disponibile al seguente link: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/1/17/L%27Unit%C3%A0_%28gennaio_1928%29.jpg

[2] https://ilmanifesto.it/alternanza-scuola-lavoro-un-morto-e-tanti-feriti/

[3] https://quadernidelcarcere.wordpress.com/opere-di-gramsci-2/lordine-nuovo/

[4] https://www.youtube.com/watch?v=hJadKoGv4Tw

29/01/2022 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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