Impressionismo: le ragioni di una moda

Riflessione sui motivi del successo dell'Impressionismo non solo tra la borghesia.


Impressionismo: le ragioni di una moda Credits: Auguste Renoir, Bal au Moulin de la Galette, 1876

Da tempo ormai in diversi Paesi occidentali vi è un proliferare di mostre sull’Impressionismo, offerta che risponde sicuramente a un’ingente domanda di questo genere d’arte, soprattutto da parte del pubblico borghese. In questo articolo indagheremo i motivi di tale successo non solo tra la borghesia, dal momento che l’ideologia dominante è l’ideologia della classe dominante.

di Renato Caputo e Rosalinda Renda

Sono in corso ben due mostre a Roma che sin dal titolo si richiamano all’Impressionismo [1]. In entrambi i casi il titolo si riferisce solo a una parte delle opere esposte, trattandosi di opere provenienti da un’importante collezione statunitense e da un celebre museo francese. Questa sovrabbondante offerta, caratteristica da tempo di diversi Paesi occidentali, risponde a una ingente domanda di questo genere d’arte da parte del pubblico soprattutto borghese che affolla tali esposizioni. Quali sono le ragioni per le quali l’Impressionismo riscuote tale successo?

L’impressionismo costituisce la prima e tra le più influenti espressioni artistiche dell’epoca storica che va dagli anni settanta del Diciannovesimo secolo ai primi anni del Ventesimo, generalmente definita belle époque o età dell’imperialismo. L’Impressionismo si afferma in particolare nelle arti visive e nella musica nella Francia della Terza Repubblica, per poi diffondersi e influenzare in profondità il gusto dei Paesi in cui si veniva affermando il modo capitalistico di produzione. Come osservava già Gramsci, è proprio con la Terza Repubblica che il processo di conquista del potere politico da parte della borghesia, inauguratosi con la Rivoluzione Francese nel 1789, trova il suo compimento in una forma di governo liberal-democratico più o meno stabile, “dopo 80 anni di rivolgimenti a ondate sempre più lunghe: 89-94-99-1804-1915-1830-1870”. In effetti “solo nel 1870-71, col tentativo comunalistico si esauriscono storicamente tutti i germi nati nel 1789, cioè non solo la nuova classe che lotta per il potere sconfigge i rappresentanti della vecchia società che non vuole confessarsi decisamente superata, ma sconfigge anche i gruppi nuovissimi che sostengono già superata la nuova struttura sorta dal rivolgimento iniziatosi nel 1789 e dimostra così di essere vitale e in confronto al vecchio e in confronto al nuovissimo” [2]. Sono gli anni in cui, a partire proprio dalla Francia, si diffonde in tutto il mondo occidentale il positivismo, che diviene l’ideologia dominante in quanto funzionale alle esigenze della borghesia triumphans. Sono gli anni in cui il modo di produzione capitalistico, affermatosi con la rivoluzione industriale, aveva consentito un enorme sviluppo delle forze produttive, assolutamente imprevedibile nelle epoche precedenti.

L’Impressionismo segna una netta cesura con la pittura tradizionale dell’Accademia, del Salon ufficiale, che rappresentava a livello delle sovrastrutture ancora la cultura dell’Ancién Regime, ormai definitivamente sconfitto, ma rompeva anche con la pittura realista che con Courbet e poi Daumier era divenuta l’espressione pittorica di quelle classi nuovissime, il cui fantasma la borghesia credeva allora di aver esorcizzato con lo spaventoso bagno di sangue con il quale aveva chiuso la breve esperienza della Comune di Parigi nel 1871. I pittori impressionisti appartengono alla borghesia e sono della generazione successiva a quella di quei pittori realisti che, guidati da Courbet, si erano battuti in prima persona per gli ideali comunardi e di quei Poètes maudits la cui opera è egualmente segnata da questa tragica esperienza. Siamo ormai in un’epoca che considera definitivamente conclusa sia la fase rivoluzionaria apertasi nel 1789, sia il tentativo di Restaurazione dell’Ancien Régime inauguratosi nel 1815, al punto che la borghesia tende ormai a naturalizzare a tutti i livelli il proprio dominio.

Nella pittura impressionista viene meno la critica sociale e politica dei Courbet e Daumier. Non sono più opere di denuncia né della corruzione della classe dominante, né delle sofferenze e dello sfruttamento delle classi subalterne. Anzi, queste ultime sono scarsamente rappresentate nelle opere degli impressionisti che si dedicano essenzialmente a immergersi nella natura, a studiare gli effetti della luce e a ritrarre senza nessuno spirito critico la classe borghese in cui, del resto, si riconoscono. Si tratta di una pittura dove sono essenzialmente banditi il passato, la storia e il futuro con il suo principio speranza. È una pittura immersa in un eterno presente, tutta tesa a godere l’attimo.

La soggettività dell’artista, che si mantiene in primo piano come in tutta l’arte moderna post-romantica, non è affatto interessata a cogliere le contraddizioni del reale, a ricercarne l’essenza al di sotto delle apparenze, ma mira a riprodurre proprio queste ultime negli effetti che producono sulla sensibilità raffinatissima dell’artista. Come della cultura positivista di cui risentono l’influenza, anche se non nel modo diretto del post-impressionista pointilliste, si limitano a riprodurre la realtà fenomenica, disinteressandosi della realtà noumenica, metafisica o religiosa. Anzi, a differenza del posteriore puntinismo o del coetaneo naturalismo letterario, gli impressionisti non subiscono il fascino dello scientismo dominante nella cultura positivista, non mirano a riprodurre la realtà in modo esatto, scientifico, ma sono interessati essenzialmente a come quest’ultima è avvertita da quel soggetto per antonomasia che è l’artista. All’oggettivismo naturalista, in cui l’artista tende a sparire nell’opera, al realismo che mette in primo piano la realtà sociale, gli impressionisti contrappongono una prospettiva essenzialmente individualista e soggettiva, anche se non si tratta dell’individualismo e del soggettivismo esasperato che si affermerà con l’espressionismo.

Il pittore impressionista è un artista ingenuo e non sentimentale come erano i romantici e come saranno gli espressionisti, da qui il suo interesse per il mondo naturale più che per il mondo morale o storico e sociale. L’elemento apollineo e l’elemento dionisiaco sembrano aver trovato in loro un nuovo e avanzato punto di equilibrio, nella vita presente, e non con lo sguardo rivolto a un passato classico ormai definitivamente tramontato. Negli impressionisti è del tutto assente lo spirito antimoderno del coetaneo Nietzsche, che solo negli anni seguenti si affermerà nella borghesia, quando gli effetti della crisi romperanno definitivamente lo splendido ma fragilissimo equilibrio di questa espressione artistica della belle epoque. Negli impressionisti è inoltre assente anche lo spirito conservatore che diverrà in seguito la caratteristica essenziale della classe borghese, sempre più occupata dalla difesa del proprio dominio, progressivamente messo in discussione dalle sue intime contraddizioni e dalla sfida lanciatagli dalle forze socialiste e, oggi, reazionarie.

L’impetuoso sviluppo economico e la violenta repressione dei comunardi hanno, per il momento, fatto dileguare il fantasma del comunismo e gli stessi socialisti tendono ad abbandonare lo spirito rivoluzionario delle origini e, fortemente influenzati dal clima positivista, ritengono lo sviluppo e l’affermazione del progresso un qualcosa di oggettivamente necessario, che qualsiasi forzatura soggettiva rischierebbe unicamente di rallentare. Così anche il solo pittore impressionista simpatizzante socialista, Camille Pissarro, è per certi versi il più fedele e meno innovativo interprete dell’impressionismo, non riscontrando alcuna contraddizione fra l’ottimismo di questa corrente e l’ottimistica visione del mondo del socialismo positivista allora dominate. Al contrario, decisamente più critico è lo sguardo di un grande pittore reazionario come Edgar Degas che, al contrario, non può riconoscersi nell’eterno presente dell’impressionismo, che assume nella sua pittura molto più sofferta, tragica e sentimentale le fattezze inquietanti della tenebra del quotidiano. Nell’opera di Degas vi è quell’effetto di straniamento che consente di cogliere tutte le contraddizioni dell’esistente, di coglierne la natura transeunte, di metterne in luce anche il lato oscuro, la potenza del negativo assente nello spirito positivo dell’impressionismo classico. Come l’opera del progressista Zola è meno critica e meno in grado di mettere in evidenza le contraddizioni del proprio mondo storico rispetto all’opera del reazionario Balzac, a cui non a caso è rivolta l’ammirazione di Marx, così oggi a noi appare molto più viva e significativa l’opera di un Degas piuttosto che l’opera di un Pissarro, opera che possiamo anche ammirare come ammiriamo un tempo definitivamente passato.

Proprio per questo l’Impressionismo oggi, in particolare, trova un consenso quasi unanime nella borghesia. Dinanzi alle avanguardie e alle neoavanguardie l’Impressionismo ha perso quei tratti che lo rendevano troppo innovativo per il gusto necessariamente conservatore della classe dominante del tempo. Oggi esso appare un giusto mezzo fra il modernismo radicale delle avanguardie, o esasperato delle neoavanguardie, e un’arte troppo classica, appartenente a un modo ormai completamente passato come l’arte pre-impressionista. Nella pittura impressionista l’odierna borghesia è in grado di riconoscersi in pieno e non è costretta a considerarla nella prospettiva storica che rende meno immediato il godimento estetico per l’arte delle epoche precedenti ai non addetti ai lavori o ai non appassionati. Così, anche un pubblico dal gusto non troppo raffinato e ricercato può godere delle opere d’arte impressioniste.

Tanto più che quest’arte ha per l’odierna borghesia il fascino che hanno i ricordi della propria giovinezza. Essa rispecchia infatti un’epoca dominata, come oggi, dalla borghesia ma da una borghesia ancora giovane, piuttosto progressiva, non intimorita dal futuro, ma piena di aspettative. Una borghesia ancora in salute, priva dello spirito conservatore e ripiegato su se stesso della vecchiaia, non ancora resa ottusa dall’attitudine abitudinaria che ottunde, propria della fase di decadenza. Dunque l’Impressionismo ha oggi il fascino che hanno gli anni giovanili considerati dal punto di vista della terza età. E questo giustifica anche, rendendolo in qualche modo naturale e inoffensivo in quanto confinato nel passato, il suo spirito progressista. Anche perché si tratta di un progressismo evoluzionista, positivista e non certo rivoluzionario.

Protagonista dell’arte impressionista è una borghesia priva degli attuali sensi di colpa e della vena di malinconia che dà il presentimento, per quanto spesso incosciente, della necessaria finitezza del proprio dominio. Questo attenersi alla bellezza della superficie, senza indagare nelle oscurità dell’inconscio e senza il pungolo del super-io presenti in correnti artistiche seguenti e antecedenti, rende così apollinea e rassicurante la pittura impressionista.

Note

[1] Dal Musée d’Orsay, IMPRESSIONISTI. Tête à tête e Impressionisti e moderni. Capolavori dalla Phillips Collection di Washington sono le due mostre in corso a Roma già recensite in questo giornale: Una significativa mostra nell’autunno romano e Dal Musée d’Orsay al Vittoriano: i "fuoriclasse" dell'impressionismo.

[2] Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, edizione critica dell’Istituto Gramsci, a cura di V. Gerratana, 4 voll., Torino 1975, Quaderno 13, pp. 1581-82.

19/12/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: Auguste Renoir, Bal au Moulin de la Galette, 1876

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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