La lotta di classe nel XXI secolo

Il libro qui presentato analizza le trasformazioni socio-economiche degli ultimi decenni che hanno visto la scomparsa del conflitto dal panorama collettivo e il consolidarsi della supremazia del capitale sul lavoro.


La lotta di classe nel XXI secolo

Recensione a: Lidia Undiemi, La lotta di classe nel XXI secolo. La nuova offensiva del capitale contro i lavoratori: il quadro mondiale del conflitto e la possibile reazione democratica, Ponte alle Grazie, A. Salani Ed., Milano 2021.

Comincio col presentare l’autrice di un libro che mi è parso molto importante e che a mio parere chiarisce molti aspetti della regressione politico-sociale che ha riguardato negli ultimi 50 anni le società capitalistiche avanzate, le quali dopo la crisi degli anni ’70 si sono ristrutturate dando vita a quello che viene chiamato con un termine ormai classico “tardo capitalismo”. 

Lidia Undiemi è una giovane ricercatrice, “consulente tecnico” in vertenze di lavoro in favore di dipendenti coinvolti in esternalizzazioni (outsourcing), societarizzazioni e altri eventi inerenti strategie aziendali che modificano o mettono a rischio la stabilità occupazionale. È autrice di pubblicazioni scientifiche e libri divulgativi inerenti il tema del lavoro, dell’economia e della politica internazionale, tra i quali appunto La lotta di classe nel XXI secolo. La nuova offensiva del capitale contro i lavoratori: il quadro mondiale del conflitto e la possibile reazione democratica, di cui qui parleremo. È una specialista di un settore molto interessante e alquanto sconosciuto ai più, che coniuga diritto ed economia, ha conseguito il dottorato in diritto dell’economia e mette in pratica le sue conoscenze nella sua attività a sostegno dei lavoratori. Con questo suo nuovo libro ci propone una visione d’insieme del mondo economico contemporaneo molto interessante e che completa le analisi già disponibili della fase economico-sociale che stiamo vivendo, delineando allo stesso tempo possibili strategie di lotta contro tale regressione.

Lidia Undiemi è stata interpellata a proposito del Mes (Meccanismo europeo di stabilizzazione) dal Movimento 5 Stelle, il quale le aveva richiesto una consulenza per comprendere meglio il funzionamento di questo al fine di eliminarlo, come era stato promesso evidentemente – come si ricava dagli eventi successivi – per scopi esclusivamente elettorali.

Come afferma la stessa studiosa, la collaborazione con il M5s è stata un fallimento e lei sarebbe stata solo stata usata dagli spregiudicati ma anche incompetenti seguaci di Grillo. Attaccando senza mezzi termini il M5s sul tema Mes, la Undiemi così ricostruisce la vicenda: dato che lei sin dal 2012 era una convinta assertrice della pericolosità di tali procedure che avrebbero solo danneggiato i paesi europei più indebitati, era stata contattata dopo le lezioni del 2013 da personaggi come Nicola Morra, poi espulso dal movimento per non aver votato la fiducia al governo Draghi. In un’intervista a La 7 del dicembre del 2019 la specialista palermitana dichiara che il M5s intendeva inserire nel programma elettorale politiche opposte a quelle inerenti l’austerità impostaci dal governo tecnico presieduto da Monti. Purtroppo per ragioni, che la Undiemi asserisce di non conoscere, questa politica è stata abbandonata e accettata invece l’idea di procedere alla riforma, non più allo “smantellamento” del Mes. 

A questa ferma dichiarazione, aggiunge che i grillini hanno finito con l’accettare tutto e il contrario di tutto e proprio per questo hanno profondamente deluso il loro elettorato avviandosi alla estinzione da molti non rimpianta, in particolare da coloro che li hanno sempre considerati una versione dell’Uomo Qualunque, condito dalle grossolanità del loro sedicente garante. In conclusione, la Undiemi accusa esplicitamente questa forza politica di tradimento.

Da parte nostra aggiungiamo che sono queste pratiche e i comportamenti contraddittori, in particolare relativi alle ultime decisioni sul contenimento della pandemia, che hanno completamente delegittimato agli occhi della maggioranza questi ultimi governi, nonostante alcuni media continuino a elogiare il presunto salvatore della patria.

Passiamo ora al libro che ho intenzione di presentare in questa sede, intitolato, come già detto La lotta di classe nel XXI secolo. Esso parte dalla convinzione ben argomentata che il mondo contemporaneo si trovi dinanzi a un pericoloso declino dei sindacati, del potere contrattuale dei lavoratori, dovuto al fatto che è stata attuata in tutte le latitudini la stessa strategia fondata sulla “rimozione ideologica dalla scena politica della persistenza della conflittualità di classe tra capitale e lavoro”. A questo assunto, che aveva orientato in precedenza i partiti dei lavoratori, è stato sostituito quello del perseguimento di un’ipotetica “terza via”, con la quale si è sostituita la “pace sociale”, la “concertazione” alla lotta di classe, lasciando questa pratica politica ai grandi capitalisti, come del resto loro stessi riconoscono.

Uno dei primi interrogativi cui cerca di rispondere il libro è questo: dopo i grandi avanzamenti del secondo dopoguerra, che avevano significato il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle masse popolari almeno nei paesi a capitalismo avanzato, come si è sviluppato e per quali ragioni questo processo involutivo? A parere della Undiemi, nella fase di crescita del dopoguerra si era rafforzato il potere contrattuale dei lavoratori grazie all’approvazione di norme loro favorevoli e grazie alle loro rivendicazioni. Purtroppo – come sostengono molti studiosi – alla fine degli anni ’70 la situazione si è ribaltata e il capitale si è rinvigorito, la crescita si è dimezzata, l’Unione Sovietica è implosa e con essa è scomparso il mondo bipolare, la quota salari si è ridotta a vantaggio della quota profitto, i diritti conquistati dai lavoratori sono messi in discussione “in nome di interessi superiori di mercato, il sindacato abbandona la conflittualità, viene normalizzato” (2021: 36-37).

Naturalmente non possiamo soffermarci su tutti gli argomenti trattati dal libro che è molto ricco di temi e di dati, pertanto ne abbiamo scelto alcuni che ci sembrano interessanti e dovrebbero essere ampiamente dibattuti.

Il capitolo IX del libro è dedicato a “Globalizzazione e lotta di classe nel XXI secolo” e in esso si mette in evidenza che c’è una correlazione tra la globalizzazione economica e l’istituzionalizzazione del potere politico sovranazionale del capitale, ossia detto in altri termini il neoliberismo ha imposto un nuovo ordine giuridico che garantisce al capitale la produzione di maggiori profitti. In questa ottica l’attuale economia di mercato è il risultato di precise scelte politiche che hanno favorito l’espansione delle grandi multinazionali, le quali sono in grado di esercitare pressioni politiche sugli Stati anche grazie alla creazione di strutture sovranazionali rappresentative dei loro interessi.

Entrando più nel dettaglio la Undiemi analizza la struttura attuale delle imprese, la quale si fonderebbe su una holding che governa e dirige le imprese subordinate e con cui stabilisce contratti di fornitura nella prospettiva di massimizzare il profitto dell’impresa centrale, anche se ciò avviene a danno delle seconde. In questa situazione i lavoratori delle società controllate sono costretti ad accettare salari sempre più bassi e, dal momento che la competizione tra le imprese è inesistente perché tutte fanno parte di quello che nel libro viene definito sistema a contraente unico, la holding sollecita con insistenza i governi affinché cambino il diritto del lavoro agitando lo spettro della disoccupazione. Questa forma di organizzazione viene definita “uno dei principali ingranaggi della disuguaglianza del XXI secolo”, che utilizza a suo vantaggio il cosiddetto outsourcing. Basandosi su questo pilastro: “Il nuovo sistema economico mondiale tende… a svilupparsi non sul commercio tra imprese indipendenti ma sulla concatenazione di società – controllanti e controllate – che operano in uno spazio sovranazionale, tutte riferite a un’unica impresa «globale», il cui centro direttivo viene individuato nella capogruppo (società «madre»)” (2021: 357).

Da ciò consegue che il sistema a contraente unico genera una serie di scambi fittizi in cui di fatto non c’è contrapposizione tra società controllante e società controllata. “Lo scambio avviene nella dimensione legale, mentre in quella economica reale vi è un’impresa unica” che vuole dare il meno possibile per ricevere il massimo. Secondo la Undiemi le distorsioni prodotte dagli scambi intra-firm debbono essere risolte sul piano del diritto e quindi con una riforma giuridica oppure nei tribunali, in cui le società controllate o i lavoratori chiamano in causa la società controllante, la quale con queste frammentazioni scarica le sue responsabilità per esempio dei licenziamenti.

Questa è solo una strada per far tornare al centro delle strategie dei lavoratori il conflitto, costituendo quest’ultimo l’unico strumento per “calibrare interessi contrapposti” e per garantire la persistenza e il rafforzamento delle istituzioni democratiche. Al contrario, scrive la studiosa palermitana, l’Europa ha intrapreso una strada pericolosa, avviando trasformazioni istituzionali, che “mirano a istituzionalizzare la supremazia del capitale sul lavoro” (2021: 307). La conclusione, pertanto, non può essere che questa: tornare alla lotta di classe.

13/08/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Alessandra Ciattini

Alessandra Ciattini insegna Antropologia culturale alla Sapienza. Ha studiato la riflessione sulla religione e ha fatto ricerca sul campo in America Latina. Ha pubblicato vari libri e articoli e fa parte dell’Associazione nazionale docenti universitari sostenitrice del ruolo pubblico e democratico dell’università.

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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