Greco Antico, soltanto simbologia d’élite?

La Riflessione pragmatica e propositiva su nuove questioni della didattica del greco antico per i media non è stata d’interesse, anche se per il nostro passato classico è un tema cruciale per la diffusione della cultura classica. Nell’attesa della pubblicazione degli Atti si presentano alcune osservazioni.


Greco Antico, soltanto simbologia d’élite?

Venerdì 15 dicembre 2023, dalle ore 9 presso l’Aula 18 del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Roma Tre in Via Ostiense 236, si è tenuto un convegno dal titolo «L’insegnamento del greco antico: aspetti e nuove prospettive» che ha presentato una serie di riflessioni intorno alle questioni critiche, problemi, risorse e prospettive dell’insegnamento del greco nei licei classici. Sono state presentate varie esperienze, alcune in corso, che secondo me vanno approfondite perché il greco antico è una componente importante della cultura classica, che mostra continuamente le dinamiche dei progressi degli studi sull’origine e sul focus delle vicende dei popoli del Mediterraneo. La comprensione di queste vicende è importante anche per la fase in corso dominata, soprattutto, da violenze in tutti i campi, caratteristiche del capitalismo e dell’imperialismo. Pertanto è importante il suo rilancio. 

Presento alcune note che penso possano far meglio cogliere il quadro delle osservazioni che si presentano. Ciò fa da sfondo a quelle che sono le delineazioni delle aspettative dei cultori del nostro passato classico. Com’è noto tra l’Italia e la Grecia si è formato l’alfabeto greco. Nella figura si presenta la versione che viene utilizzata correntemente, che presenta 24 lettere, 7 vocali che sono state postate in rosso e 17 consonanti. 

Grazie agli scavi archeologici abbiamo ottime documentazioni dell’era più antica di quest’alfabeto che aveva già inglobato l’alfabeto fenicio. Queste documentazioni risalgono all’VIII secolo a. C. e si trovano ben in mostra su una brocca  ritrovata in una tomba della necropoli del Dipilo, presso la doppia porta che immetteva nel quartiere dei vasai ad Atene, e su una coppa, denominata di Nestore, che  proviene dagli scavi archeologici di Pithecusa, necropoli di Lacco Ameno nell’isola d’Ischia. La scrittura greca era già apparsa in epoca micenea in una forma di scrittura sillabica, in cui ciascun segno indicava un suono costituito da una sillaba: si tratta della cosiddetta lineare B. È evidente che nell’VIII secolo a. C. era diventata una forma di comunicazione ordinaria.

Brevissime note per la pronuncia consentono di avvicinarsi a questa lingua. Il greco antico si legge come è scritto. Lettere e vocali hanno lo stesso suono che hanno in italiano. È stato diffuso così da Erasmo da Rotterdam (1467 - 1536) ed è chiamato etacismo, perché la lettera η, chiamata eta, si pronuncia ē, come è indicato nella figura dell’alfabeto che correda quest’articolo. Questo sistema di pronuncia del greco antico è chiamato anche dei dittonghi sciolti in quanto i dittonghi si pronunciano come suoni doppi. Ci sono però delle regole:

γ ha sempre suono duro, cioè gutturale, anche davanti alle vocali e ed i, non esistono i suoni palatali ge e gi;

il gruppo γν ha il suono duro di ghn, e ad esempio γίγνομαι, divengo, è pronunciato Ghighnomai;

γ davanti ad un altro  γ, o davanti a κ, χ, ξ, prende il suono di n nasale;

ζ si pronuncia z dolce, come nelle parole italiane zero e zona;

κ ha sempre suono duro, anche davanti alle vocali e ed i, non esistono i suoni palatali ce e ci;

υ si pronuncia stretto, come l’u lombardo o francese;

 ϑ, φ, χ si pronunciano come nel greco moderno, cioè ϑ come il nesso th inglese (quasi tz), φ come f, e χ come il c aspirato fiorentino, ad esempio ϑεόλογος (latino theologus), teologo, è pronunciato tzeólogos;    

i dittonghi si leggono come sono scritti, ad eccezione di ου che si legge ū, e ad esempio οὐρανός, cielo, è pronunciato uranós;

in finale, ma non per ordine di importanza, la regola degli spiriti, cioè dell’aspirazione, il suo segno viene premesso a tutte le parole che cominciano per vocale o per dittongo e può essere di due specie: 

dolce, che si rappresenta mediante un semicerchietto con le punte volte a sinistra (᾿) e indica che la vocale deve essere pronunciata con la sua naturale aspirazione (Es. ἔρως, in latino eros, amore; ἀνήρ, uomo);

aspro, che si rappresenta mediante un semicerchietto  con le punte volte a destra () e indica che la vocale deve essere pronunciata con una forte aspirazione, perciò i latini, nelle parole derivate dal greco lo resero con un h iniziale (Es. ἕρως, in latino heros, eroe; ὑπό, sotto; ὑπέρ, sopra; ἅλς. sale);

l’accento si scrive su tutte le parole e può essere di tre specie:

accento acuto (ʹ) che indica l’elevazione del tono della voce (Es. ὁδός, strada);

accento grave (`) che indica l’abbassamento del tono della voce in fine parola, quando ad essa seguono altre parole, è lo stesso accento acuto che in fine di parola, a cui non segua altro segno di interpunzione, si smorza da acuto in grave (Es. ὁδός kaλή);

accento circonflesso (~) indica l’elevazione e il successivo abbassamento del tono della voce sopra vocale lunga o dittongo, la forma dell’accento risulta dalla fusione di un accento acuto e di uno grave. 

La pronuncia di Erasmo è la più usata, almeno a livello scolastico, poiché più simile al suono originario del testo, sebbene presenti maggiori difficoltà di pronuncia rispetto al greco moderno, in quanto nello stesso suono ci sono alcune lettere e dittonghi diversi fra loro. Quest’ultimo usa il sistema di pronuncia diffuso da Giovanni Reuchlin (1455-1512), detto metodo del iotacismo, perché il suono ι, iota, prevale su tutti gli altri (υ=ι; ε=ι; ει, οι= ι). Questo metodo è anche chiamato dei dittonghi chiusi perché i dittonghi si pronunciano come suoni semplici. 

Non è impossibile imparare il greco antico da autodidatta, anche se è complicato, ed è una scelta che in genere si presenta quando vengono acquisite le articolazioni minime della cultura classica. L’obiettivo che si raggiunge con un discreto impegno è quello di leggere i testi, e poco non è. Al riguardo in Rete ci sono diversi siti che aiutano, quello del prof. Giuseppe Frappa è ottimo ed è corredato da esercizi con le loro risoluzioni. Bisogna fare comunque dei distinguo. L’apprendimento da autodidatta obiettivamente è in condizioni d’incertezza, anche se non assoluta. In assenza di dialogo con il docente, è finalizzato ad acquisire uno strumento, umile di certo, di lettura mirata a livello di interpretazione di epigrafi e testi, e, con l’ausilio delle traduzioni, consente di cogliere il quadro dei significati principali e di fare anche discrete osservazioni di critica testuale. 

Si tenga conto che le traduzioni sono importanti e possono presentare per alcuni testi versioni diverse. Ormai gli epigrafisti le presentano quasi in tutte le loro pubblicazioni e sono affidabili. Se non si è autodidatta e si vogliono fare scelte per un percorso di studio per diventare professionalmente grecisti e quindi specialisti del greco antico, e logicamente anche di quello moderno e del latino, il percorso di studi è alquanto complicato. Sempre per quanto ne so io. In teoria tutti possono percorrerlo ma in pratica no. Fra le varie motivazioni c’è la limitata disponibilità di risorse finanziarie per condurre gli studi, che è un grosso limite. Nella fase sociopolitica in corso, la peggiore di tutte, con tutti i governi avuti in Italia non si è fatto quasi nulla per il rilancio della cultura classica. Questo ha avuto un forte impatto sula possibilità di intraprendere questi studi e il risultato è che il greco antico è di fatto fruibile in modo sistematica solo da una ristretta classe di élite. 

Gli atti di questo convegno, com’è stato dichiarato, verranno pubblicati tra qualche mese e farò una recensione mirata su alcune questioni, che sono state poste, che penso possano essere d’interesse per i cultori di antichistica e, in particolare, per quelli di storia greca; tuttavia ci sono anche materiali didattici davvero innovativi per tutti gli altri cultori. Va chiarito che il greco antico non è affatto una lingua morta, in quanto linguisticamente vive alla grande non solo nei testi della letteratura, come l’epica e le fasi letterarie successive. Quindi, è fondamentale proprio per fare ricerca sul nostro passato classico, ma, pur non essendo lingua colloquiale ordinaria, è soprattutto nelle pieghe delle documentazioni testuali della storia greca che il greco antico gioca un ruolo importante. Ricordo le fonti letterarie di Erodoto, Tucidide e Senofonte.

Il convegno ha presentato una panoramica obiettivamente completa delle innovazioni della didattica del greco antico. Diciotto sono state le relazioni che hanno approfondito vari aspetti da parte di insegnanti e docenti universitari, ma essenzialmente sono state relazioni e comunicazioni mirate esclusivamente per l’insegnamento nei licei classici e non ho rilevato neanche un umile riferimento per dare risposte alle aspettative di coloro che desiderano conoscere il greco, ma per età o per condizioni economiche non possono iscriversi ai licei classici. L’Italia è la patria della cultura classica e non fa niente per la sua diffusione, anche se qualche volta assistiamo  a pseudo-celebrazioni e cerimonie con forti componenti farsesche che non servono a nulla. Sono soltanto autocelebrazioni della borghesia d’ordine, fiore all’occhiello dei vari governi che si sono succeduti in Italia.

Il convegno è durato circa dieci ore, e personalmente l’ho seguito in streaming, e ringrazio gli organizzatori e l’università Roma Tre di avermelo permesso. Essendo molto lungo e avendolo seguito in questo modo, non mi è stato possibile cogliere in profondità tutte le pieghe interne delle varie tematiche presentate che, assicuro, sono cruciali per un rilancio, possibilmente sistemico, della cultura classica. Quindi, quando verranno pubblicati gli atti farò una recensione mirata e articolata sulle relazioni scritte e non sulle comunicazioni verbali ascoltate.     

Il convegno è stato organizzato per un confronto tra specialisti, anche perché le iscrizioni nei licei classici sono in diminuzione e, quindi, forse si pensa che intervenendo sulla didattica del greco antico sarebbe possibile invertire questa tendenza. Ciò è un’illusione, perché se questa didattica non si apre e coinvolge cultori e cittadini che poi, essendo stati coinvolti a livello culturale, potranno maturare quella scelta di iscriversi al liceo classico. Quest’ultima considerazione, ovviamente, riguarda i giovani. La diminuzione delle iscrizioni ai licei classici è in funzione del fatto che le altre tipologie di studi presentano uno sbocco occupazionale non solo più sicuro ma anche più immediato. 

Il mancato rilancio della cultura classica, che non comprende soltanto il greco antico ma anche il latino, filosofia, arte, storia antica, epigrafia e archeologia, ha contribuito a far formare in Italia una cultura generale di basso profilo. Tanto che oggi si è quasi azzerata quella capacità critica che nei decenni passati aveva caratterizzata l’Italia non solo a livello culturale in generale ma soprattutto nell’agire politico e nelle lotte sociali. Un recupero della cultura classica non è negli obiettivi né dell’attuale governo né degli operatori culturali. Per loro esiste soltanto la deificazione degli specialisti conclamati, che sono quelli che fanno le conferenze. In queste conferenze non c’è quasi mai dibattito e quando è consentito si può fare una domanda, ma soltanto di due minuti al massimo. Quindi per loro va benissimo che il greco antico sia soltanto per una ristretta classe di élite, con un alto valore simbolico solamente per apparire in alcuni incontri in presenza. Questi incontri sono le uniche occasioni partecipate della cultura in Italia, e da sole non servono a nulla per invertire la tendenza. 

La cultura classica appartiene all’umanità e, purtroppo, la didattica del greco antico, che ne è una leva importante, appartiene in questa fase storica soltanto agli insegnanti e ai docenti universitari, i quali per il rilancio complessivo della cultura classica hanno fatto fino ad oggi pochissimo o quasi nulla a parte quei pochissimi insegnanti e docenti universitari che si sono sempre impegnati per far conoscere il greco antico a tutti. Vanno ricordati gli epigrafisti, che svolgono un ruolo base, e senza di loro saremmo tutti veramente, a livello di cultura classica, ignoranti funzionali. 

Se non si vuole conclamare in via definitiva che l’apprendimento del greco antico è soltanto a livello di élite, non si possono avere sedi di studio conclamate esclusivamente nei licei classici oppure nelle università. Gli insegnanti non possono essere soltanto loro i depositari dei fenomeni dell’evoluzione della didattica. La didattica è ricerca, ricerca scientifica, e non può essere riservata soltanto a pochissimi, anche perché questi storicamente hanno fallito. 

Per come la penso io, s’intende, i cicli di studio debbono essere autonomi dalle evoluzioni della politica corrente, ma non da quelle politiche che sono esplicitamente contro lo sviluppo del capitalismo e dell’imperialismo, tanto selvaggio quanto tossico, che sta caratterizzando sempre più la fase in corso. Una fase caratterizzata, come conclamato, dalle guerre.

La cultura classica non viene valorizzata, neanche ad intermittenza, dalle scelte che si fanno a livello di governo e di parlamento. Nell’insieme entrambi non hanno mai fatto nulla per una fruizione concreta e non astratta della cultura classica. Le classi dirigenti sono state formate seguendo esclusivamente le direttive del capitalismo e, in particolare, dei conservatori, che complessivamente hanno sempre privilegiato sistemi sociali con gerarchie e divisioni in classi della società, soprattutto in relazione al peso del prestigio sociopolitico delle famiglie della borghesia italiana. Oggi in Italia a livello sociale abbiamo cittadini di serie A e di serie B. Si coglie, anche se mascherato e molto bene dai media, un odio di classe che si taglia con il coltello.        

Ho presentato in quest’articolo alcune delle tensioni che fanno da cornice al convegno.   È stato interessante leggere i titoli delle relazioni, ma, al di là di quanto ho ascoltato, penso che sia stata fatta la scelta di non considerare coloro che hanno aspettative di conoscere il greco antico e non fanno parte degli addetti ai lavori. Ovvero coloro che,  pur non essendo insegnanti e docenti, sono cultori di arte e di storia antica e i semplici cittadini. Al riguardo dei cultori il convegno non ha offerto proprio niente, ma sono pronto a modificare l’opinione se la lettura degli atti me lo consentirà. 

Ci si chiede: può il greco antico avere prospettive soltanto in funzione dell’insegnamento del greco nei licei classici? È una domanda a cui il convegno non ha dato risposta, anche se ha presentato quattro sessioni molto articolate. Ho colto che i docenti intervenuti che gestiscono la didattica del greco antico, con metodi innovativi,  hanno limitato il loro ruolo; infatti nell’insieme la loro missione professionale e socioculturale si è fermata al fatto che il greco antico è stato, e si vuole che resti ancora, soltanto una sorta di simbologia chiusa agitata nella società, mostrandosi sempre come una specie di caratteristica delle classi d’élite. Purtroppo è stato, sempre secondo me, s’intende, l’obiettivo del convegno, chiaramente non dichiarato, che è stato organizzato ottimamente dalla Consulta Universitaria del Greco, con il patrocinio dell'Ambasciata di Grecia e della Fondazione Scuola dell’Accademia Nazionale dei Lincei.

In Italia la borghesia d’ordine gestisce ormai in toto quasi tutti i processi culturali, compresi quelli effimeri dell’apparenza, tranne quelli anticapitalistici e antimperialisti.  Questa ha capito benissimo che in una riforma della scuola, della quale se ne parla da tempo, se le ore di lezioni di latino e greco, a seguito di un calo delle iscrizioni nei licei classici, dovessero diminuire ancora, soprattutto per il greco, questa simbologia d’élite del greco antico potrebbe non essere più tanto visibile. Questo spiega il rilancio continuo sulla scena di certe performance, come ad esempio quella del teatro antico greco, che si vuole diventi spettacolo e, ovviamente, con spettatori passivi. Al di là degli importanti significati delle commedie greche c’è tutto un quadro culturale che bisognerebbe approfondire e una diffusione del greco antico come lingua attiva è necessaria. Ciò andrebbe fatto, ripeto, a livello soprattutto dei testi letterari ed epigrafici, ma non esclusivamente in onore di una simbologia di élite che la fa da padrona sempre e comunque e chissà per quanto tempo ancora.

12/01/2024 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Felice di Maro

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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