Una piazza per Ipazia a Roma

La donna e la resistenza: è questo il tema unificante della vicenda, solo apparentemente lontana, di una donna sapiente e libera, martire della intolleranza e dell’oscurantismo religioso, che un Comitato propone ora di celebrare intitolandole una piazza a Roma.  


Una piazza per Ipazia a Roma

 

La donna e la resistenza: è questo il tema unificante della vicenda, solo apparentemente lontana, di una donna sapiente e libera, martire della intolleranza e dell’oscurantismo religioso, che un Comitato propone ora di celebrare intitolandole una piazza a Roma.  

di Gabriella Pandinu

Conoscevo già il libro di Adriano Petta (1), leggere la storia di Ipazia mi provocò una commozione fino alle lacrime, e nessun racconto fino ad allora mi aveva provocato tale effetto.
A distanza di cinque anni si è ripresentata l’occasione di riavvicinarmi a questa straordinaria storia e ad un’immagine femminile di rara bellezza, per tutto ciò che rappresenta.
Tutto è iniziato a Settembre, quando un nostro compagno della sezione ANPI Trullo-Magliana ci ha proposto di intitolare una Piazza ad Ipazia e subito sono iniziate le domande…
Come riportare all’attualità il valore simbolico di un personaggio così lontano nella storia? Quale aspetto si doveva sottolineare della sua vita? La laicità? La violenza subita? La lotta contro chi da secoli vuole impedire la conoscenza?
Mi fu subito chiaro che era molto difficile isolare un solo aspetto della vita di Ipazia per motivare la scelta di intitolarle una Piazza.
Ipazia è stata filosofa neo-platonica, astronoma, matematica, nata ad Alessandria d’Egitto intorno al 360 d.C. Fu l’ultima discepola alessandrina dopo la distruzione della biblioteca e della scuola filosofica di Alessandria voluta dall’imperatore Teodosio nel 391. Ipazia continuò a insegnare e studiare sino al marzo del 415, quando su istigazione del vescovo Cirillo fu catturata dai monaci Parabolani, sue guardie personali e guidate dal vicevescovo Pietro il Lettore, accecata, lapidata, fatta a pezzi e bruciata.
Certamente lei è “martire della laicità”, vittima della violenza dell’uomo sulla donna che non può sopportare che essa sia libera, portatrice di una sapienza che ha saputo utilizzare per raggiungere conoscenze che andavano oltre ciò che le era stato insegnato.
Insomma, Ipazia è una figura poliedrica simbolo di una peculiare resistenza ad un potere violento, perché da sempre il potere, che esso risieda nello Stato o nella Chiesa, ha cercato di impedire agli esseri umani di progredire nella conoscenza della natura e del funzionamento della mente umana, infatti è attraverso la conoscenza che l’uomo realizza la propria libertà e identità.
Il fatto che l’essere umano in questione fosse una donna non ha fatto altro che acuire la ferocia verso queste dimensioni umane più evolute che nel mondo ellenico evidentemente potevano svilupparsi.

Ipazia non volle mai convertirsi al Cristianesimo perché la sua ricerca, che avrebbe portato a realizzare l’identità della donna, non sarebbe potuta avvenire al suo interno”, dal momento che la donna per quest’ultimo è detentrice del peccato originale. “Dopo Ipazia, salvo rare eccezioni, filosofia e scienza furono sempre pensate e gestite dal maschio della specie umana” (2) . 

La caccia alle streghe non è ancora finita…non è da molto che il papa, rivolgendosi ai medici cattolici, ha affermato che “aborto, eutanasia ed eterologa sono espressioni di falsa compassione” e ancora: “Se il giuramento di Ippocrate vi impegna a essere sempre servitori della vita, il Vangelo vi spinge oltre: ad amarla sempre e comunque”. Tali affermazioni violano in modo evidente due principi. Il primo, espresso dall’Articolo 33 della nostra Costituzione, che afferma: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. Il secondo è contenuto nell’Articolo 12 della legge 194: “La richiesta di interruzione della gravidanza (…) è fatta personalmente dalla donna”. Il papa, il capo di un altro Stato, in nome del Vangelo, parla di un concetto generico di vita che va difeso ad ogni costo a scapito dei diritti acquisiti dalla donna e in barba al nostro Codice Civile. Nell’Articolo 1 possiamo leggere infatti: “La capacità giuridica si acquista al momento della nascita. I diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all’evento della nascita”.
Ipazia era una donna libera ed una libera pensatrice, lei ci indica quale deve essere la strada da percorrere per difendere la ricerca della conoscenza, perché solo la conoscenza libera l’uomo dalle oppressioni. Ecco perché vorremmo intitolare una Piazza ad Ipazia (3).  

(1) Il testo a citato è: A. Petta, A. Colavito, Ipazia, vita e sogni di una scienziata del IV secolo, La Lepre Edizioni, Roma 2009
(2) Si fa riferimento all’articolo di Massimo Fagioli, Ipazia in Left 2009, pp. 249 – 253, L’asino d’oro edizioni, Roma 2012
(3) Potete firma la richiesta di intitolarle una piazza all’indirizzo https://www.change.org/p/roma-capitale-una-piazza-per-ipazia 

 

20/12/2014 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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