Cremaschi: “O c’è la rottura con UE ed euro o ci saranno solo sconfitte”

"La UE oggi è lo strumento delle borghesie europee. Dovunque si incrini la catena, là si deve agire per spezzarla."


Cremaschi: “O c’è la rottura con UE ed euro o ci saranno solo sconfitte”

Intervista a Cremaschi: "Siamo di fronte ad una dimensione globale della lotta di classe che viene esercitata da quella élite economico finanziaria manageriale internazionale che governa il mondo. La UE oggi è l'avversario organizzato, lo strumento delle borghesie europee per distruggere le conquiste sociali e democratiche del mondo del lavoro, dovunque si incrini la catena, là si deve agire per spezzarla."

di Andrea Fioretti e Francesco Fumarola

Giorgio, proviamo a inziare l'anno nuovo con una riflessione sui principali eventi del 2015. Facciamo partire un trenino di tag che da soli dovrebbero farci tornare alla mente alcuni momenti entusiasmanti o drammatici di portata storica vissuti negli ultimi 12 mesi:

#cambialaGreciacambialEuropa; #OXI; #dimissioniVarufakis; #terzoMemorandum; #Fraport [l'azienda tedesca controllata dal Land dell'Assia che si è aggiudicata, sottocosto, 14 aeroporti greci]

#AlleanzaBlocoPCP; #votaBloco; #alleanzaBloco-CDU-PS [CDU è la federazione che comprende Partito Comunista Porteghese e Verdi]; #GovernoCosta;

#Podemos; #UnidadPopular; #finealternanzaPPPSE [mentre scriviamo la scenario politico in Spagna è in fase di Stallo – nessun Partito o potenziale aggregazione di Partiti, se naturalmente si esclude la coalizione PP-PSE, gode della maggioranza assoluta - e si scorge all'orizzonte la possibilità di nuove elezioni]

Gli eventi che questi tag rappresentano sono legati, almeno in senso astratto, tanto alla volontà delle classi subalterne di resistere e trovare un’alternativa ai diktat imposti dalla Troika, quanto alle ripercussioni che si generano nella fase dello scontro con le classi dominanti in Europa.

DOMANDA. A tuo parere come dobbiamo inquadrare questo flusso di avvenimenti: si tratta di un unico grande scontro di classe transnazionale per la negoziazione e/o riscrittura radicale dell'impanto dell'Unione Europa, dei suoi Trattati e dell'Euro (dove in questa battaglia si vince, in quell'altra si perde, in quell'altra ancora si riprende fiato), oppure dobbiamo ragionare in termini di lotte nazionali - ognuna con la propria peculiarità, la propria “exit strategy” ed il proprio centro strategico - con connessioni e piattaforme internazionali ancora tutte da trovare?

RISPOSTA. Tutti questi eventi ci dimostrano che sicuramente siamo sempre di più di fronte ad una dimensione globale della lotta di classe. Che prima di tutto viene esercitata da quella élite economico finanziaria manageriale internazionale che governa il mondo. Quella che ha vinto la lotta di classe, secondo la oramai celebre battuta di Warren Buffet. La tendenza prevalente è ancora questa. Il capitalismo globale è all'offensiva e le lotte e le rotture che avvengono hanno ancora la dimensione della difesa, dimensione che non si può scegliere, è data dalla realtà dei rapporti di forza. Ho sempre considerato colossali sciocchezze, prodotto della cultura dei talk show, le affermazioni del tipo: basta difendersi bisogna attaccare. O altre più astute tipo: bisogna fare la mossa del cavallo. La mia esperienza sindacale mi ha insegnato che dietro queste affermazioni si nasconde sempre uno spirito di resa. Ti inventi l'offensiva astuta perché in realtà non vuoi più stare nella faticosa trincea partigiana dove ti han cacciato i rapporti di forza. Ma l'offensiva non si inventa. Il solo continente ove c'è stata una offensiva progressista contro il capitalismo globale è stata l'America Meridionale e lì ora è in atto una terribile controffensiva della solita banda di USA e classi reazionarie locali.

In Europa la rottura più importante è avvenuta in Grecia, ma si è conclusa con una terribile sconfitta che ha gelato tutta la ripresa del conflitto. Se a questo aggiungiamo la guerra permanente e la xenofobia, volutamente alimentata e dilagante, vediamo che all'offensiva sono loro. Il capitalismo liberista e guerrafondaio non è in ritirata, e la crisi economica è diventata una occasione per renderlo ancora più feroce. Io non credo che si possa aspettare una magica “ora X” quando tutto il mondo del lavoro si ribellerà contemporaneamente. Anche se vestite di radicalismo le posizioni che teorizzano questo sono opportuniste. Anche le sinistre socialiste contro la guerra che si trovarono a Zimmerwald nel 1915 furono attraversate dalla stessa discussione... Bisognava fermare la guerra tutti assieme per non favorire nessuna potenza o invece agire ognuno in casa sua? Non ci fu una posizione comune, ma la componente più radicale di quelle forze sostenne, con Lenin e Trotsky, che prima di tutto si dovesse combattere il nemico in casa propria, le proprie borghesie. Io sono ancora di quella opinione, la rottura si fa dove si può e se poi riesce si opera per estenderla. La UE oggi è l'avversario organizzato, lo strumento delle borghesie europee per distruggere le conquiste sociali e democratiche del mondo del lavoro, dovunque si incrini la catena, là si deve agire per spezzarla.

Qualche giorno fa su “La Città Futura” è intervenuto Stefano Fassina [economista, ex deputato PD oggi impegnato nella costruzione del nuovo soggetto politico “Sinistra italiana”], secondo il quale il cosiddetto Piano A (governare la crisi da sinistra democratizzando la UE, modello Tsipras) ed il Piano B (il modello proposto da Varoufakis: uscire dalla gabbia di ferro delle “regole” di governance dell’eurozona e dai Trattati vigenti) non devono essere visti in antitesi: “il Piano B è, innanzitutto, strumentale al Piano A, ossia ha come primario obiettivo la riscrittura dei Trattati e la ridefinizione dell'agenda politica”.

DOMANDA. Immaginiamo che tu non sia d'accordo con quanto afferma Fassina. Più che riscrivere dei Trattati nati con uno scopo preciso, forse bisogna ragionare su modalità di messa in discussione, da parte di ogni Stato possibile, dell'Unione Europea e dall'Eurozona stesse. A questo riguardo ci piacerebbe se esponessi sinteticamente alle nostre lettrici ed ai nostri lettori i motivi del perchè, a tuo parere, quest'Unione Europea e quest'Euro non possono funzionare, a prescindere da quale piano di ristrutturazione e democratizzazione si voglia applicare. In secondo luogo, visto che per Fassina il Piano B è concepito come “la via maestra per riconquistare un minimo di sovranità democratica”, ci chiediamo e ti chiediamo se, una volta fuori dalla gabbia dell'Unione Europea e dell'Euro, la riconquista della sovranità democratica è sufficiente e di quale modello di democrazia eventualmente ci sarebbe bisogno.

RISPOSTA. Trovo incredibile che le forze della sinistra che ancora oggi sostengono Tsipras non intendano trarre alcun insegnamento dalla sua esperienza. Non esiste una dialettica tra piano A e piano B come invece si propone Fassina. Il piano A, la riforma in senso anti liberista delle istituzioni europee è quello sul quale si è infranta la speranza del popolo greco. Le istituzioni europee o sono liberiste o non sono. Nel suo ultimo libro Luciano Gallino, che aveva posizioni diverse, ma che è stato uno scienziato sociale rigoroso, spiega perché la stessa costituzione europea stravolga i principi sociali delle costituzioni democratiche e antifasciste come la nostra. Il ministro delle finanze della Germania Schauble ha affermato che l'euro è una politica economica, non solo una moneta. Se si vuole quella moneta bisogna accettare quella politica economica. Questa è la brutale realtà che ha distrutto il tentativo di Syriza trasformandolo in un'altra cosa. Oggi il governo greco collabora con la Troika per realizzare misure antisociali vergognose, peggiori di quelle realizzate dai precedenti governi di destra e Pasok. Inoltre al popolo greco è stata data la lezione che o vota come vogliono i padroni europei e tedeschi, o il suo voto non conta nulla. La catastrofe greca insegna che il piano A non esiste o c'è il piano B, cioè la rottura con UE ed euro, o ci sono i memorandum, in mezzo ci sono solo confusione e opportunismo e drammatiche sconfitte. Tutte le forze europee che vogliono cambiare sono o saranno di fronte a questa tagliola. Il fatto che si faccia finta che non essa non esista e che si ignori l'insegnamento greco è un fatto negativissimo, che va combattuto. Come campagna Eurostop vogliamo fare questo, anche a costo di sembrare chi non vuole l'unità della sinistra. Noi siamo per unire le forze di sinistra e sindacali che sono contro e per rompere la gabbia europea, le altre si romperanno di fronte alla impossibilità di riformarla.

È ovvio che un paese che riuscisse a rompere con il sistema liberista europeo dovrebbe costruire una politica economica alternativa, io dico di indirizzo socialista, nazionalizzazioni a partire dal sistema bancario, controllo dei capitali, intervento pubblico per la piena occupazione e i diritti sociali. Non esiste il liberismo in un paese solo. Però non pensiamo ad un modello statico, la rottura avrebbe un effetto a cascata su tutti i paesi e popoli europei, il primo che dice no sul serio fa saltare la baracca... per questo non perdono Tsipras. Pensiamo come saremmo in Europa se non si fosse arreso... se la sinistra non crede che le lotte possano cambiare le cose e che le persone in carne ed ossa possano lottare, non ha ragione di esistere.

Benchè gli approcci su Euro ed Unione Europea siano i più disparati anche a sinistra (e lo verifichiamo costantemente) rimane spesso in “penombra” la questione dell'adesione di ciascuno Stato dell'Unione alla NATO (cosa sancita nell'art. 42 del Trat­tato sull'Unione Euro­pea). A volte tale adesione appare come una specie di diritto-dovere naturale, per cui sarebbe “impossibile” la sua messa in discussione. Eppure ci sarebbe molto da dire anche sulla NATO, e sui rapporti stretti tra UE, Washington e NATO: basti pensare al TTIP, alla messa al bando del Partito Comunista Ucraino, al sostegno ad Euromaidan ed ai nazisti di Pravy Sektor in funzione antirussa e alla quasi totalità delle aggressioni militari sul pianeta.

DOMANDA. Secondo te come si spiega che a certa parte della sinistra cosiddetta d'alternativa la questione NATO interessi molto meno della questione BCE o Commissione Europea? Per riconquistare la “sovranità” si può prescindere da affrontare la questione dell’uscita dalla NATO?

RISPOSTA. E come si spiega che la sinistra stia scomparendo in Europa, quando non diventa proprio un'altra cosa? Il non aver messo in discussione la NATO è una colpa ed un errore che oggi si ritorce contro. Dopo il crollo della Unione Sovietica si doveva lanciare una campagna per lo scioglimento della NATO. Che invece è rimasta ed è sempre più intrecciata con la UE. Con il TTIP si completa il quadro. La UE si fonde con il sistema delle multinazionali nordamericano per cui la NATO diventa anche formalmente un sistema economico. Potere economico e potere militare saranno sempre più fusi assieme, come guerra e liberismo: se si è contro la UE si deve anche essere contro la NATO e viceversa. Questo punto di vista smaschera le destre anti Europa che, in generale, sono fanatiche della NATO. E ancora una volta dimostra che o a sinistra le posizioni sono chiare... o c'è Renzi!

So bene che queste posizioni sono minoranza, ma non sono minoritarie. Sono il solo punto di vista alternativo al sistema dominante che oggi non ha nessuna disponibilità a riformarsi. La sinistra radicale e antagonista deve conquistare la classe operaia e il popolo passivizzati a questa necessità, questa è la sua funzione oggi altrimenti diventa un club di vecchie glorie e nuovi opportunismi.

Contro la guerra e la NATO Eurostop ha lanciato la mobilitazione del 16 gennaio proprio per affermare la indissolubilità di lotta al liberismo europeo e lotta alla guerra. E se posso aggiungere anche per ricordare che negli ultimi 25 anni tutti i governi e tutti i presidenti della repubblica hanno violato l'articolo 11 della Costituzione.

Molto probabilmente in autunno si terrà il Referendum per chiedere al Paese se approva oppure no la cosiddetta “riforma Boschi”, che, tra le altre cose, praticamente demolisce l'architettura bicamerale rendendo di fatto inutile il Senato della Repubblica. L'ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha già fatto sapere che voterà a favore. Renzi dice che su questo punto si gioca tutto, scommettendo sulla sua vittoria.

DOMANDA. Ci piacerebbe tuo parere sulla “riforma” Boschi, sull'endorsement di Napolitano e soprattutto, alla luce delle dichiarazioni di Renzi, se questo referendum può rappresentare un volano per far nascere una vera opposizione politica e sociale ai governi filo-BCE e a che condizioni.

RISPOSTA. La cosiddetta “riforma Boschi” è stata ispirata dalla lettera di Draghi e Trichet del 2011 e dal documento della banca JP Morgan del 2013, recuperando inoltre vecchi suggerimenti della Loggia P2. Se mettiamo assieme pareggio di bilancio costituzionale, votato prima anche da chi ora dice no a Renzi, riforma Boschi, Italicum e naturalmente Jobs Act abbiamo la distruzione completa della Costituzione antifascista. Che viene sostituita da un sistema di potere autoritario che serve a realizzare il programma liberista della Troika. Si conferma così che la nostra Costituzione e quella del sistema UE, euro, BCE,sono incompatibili. Napolitano è il nume tutelare di questa operazione politica e di chi la gestisce. La sua è la evoluzione finale del migliorismo nel PCI, la cui funzione devastante per la sinistra e per il sindacalismo confederale, secondo me andrebbe meglio focalizzata. Il referendum è un’occasione di rottura insperata che si presenta. È l'appuntamento più importante del 2016. È un referendum che si può vincere proprio se si accetta il terreno proposto da Renzi, quello della conferma o meno del suo potere personale e delle sue riforme volute dalla Troika. Per questo occorre partecipare al fronte del no con le posizioni del rifiuto del sistema UE e Nato. Non solo per dare valore ad esse in uno schieramento più ampio. Ma perché se il fronte del No dovesse identificarsi solo con le nostalgie del passato del dissenso PD e del gruppo dirigente della Cgil, un referendum che si può vincere sarebbe perso. Il terreno che vuole praticare Renzi è questo, lo scontro con la vecchia classe dirigente politica, la rottamazione... se si sta su quel campo gli si fa il più grande regalo possibile. Quindi dovremo inventarci una campagna per il No che parli alla rabbia popolare profonda e passiva, alla contestazione delle élites, ai tanti che pensano che votare non serve più a niente.

Bisogna unire costituzionalismo e opposizione popolare e di classe smascherando, come si diceva una volta, chi preferisce perdere che fare sul serio.

D. Ringraziandoti per essere intervenuto, un’ultima domanda secca finale come abbiamo fatto anche a Fassina: “Fuori dall'euro oppure no? "

R. A domanda secca risposta secca, come dovrebbe sempre essere: SI, fuori dall'euro. Aggiungo solo che, con noi fuori, l'euro non reggerebbe e in breve non esisterebbe più per nessuno!

15/01/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Andrea Fioretti

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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