Perché la lista Santoro è “invotabile”

pubblichiamo un articolo che ci arriva da un nostro ex membro della redazione. In premessa specifichiamo le ragione per cui pubblichiamo un articolo in netto contrasto con la nostra linea politico editoriale.


Perché la lista Santoro è “invotabile” Credits: ilriformista.it

Premessa necessaria

Pubblichiamo questo articolo per il rispetto a uno degli ex membri del collettivo, Alessandro Bartoloni, che consideriamo un valido compagno per le sue capacità politiche ed analisi economica, pur sapendo che difficilmente un’altra redazione avrebbe fatto altrettanto. Inoltre, il compagno si è adoperato negli anni per la pubblicazione de La Città Futura con disinteresse (nessun rendiconto personale, anzi solo tante rogne) e la sua fuoriuscita dal collettivo politico ha lasciato un vuoto difficile da colmare. Tale articolo può servire anche come valido esempio per meglio comprendere una tendenza - a dire il vero minoritaria-  che accomuna diversi compagni in questa fase e dunque ci pare istruttivo darne conto  in questo settimanale nato per la ricomposizione. Per il rispetto dell'autore e del lettore comunista, dobbiamo fare le necessarie precisazioni, poiché il testo è in netto contrasto con le posizioni del collettivo politico La Città Futura nella nuova fase politica italiana. L’articolo rappresenta una provocazione che purtroppo è tipica in molti compagni in una fase di riflusso, di smarrimento e di perdita di lucidità politica. Per tali compagni, attualmente fare politica significa attaccare con tutte le proprie forze intellettuali chiunque stia leggermente alla propria destra o sinistra, senza più distinguere l’avversario politico dal nemico di classe. Spesso, tali compagni e organizzazioni politiche che si richiamano al comunismo ritengono più urgente sminuire altre organizzazioni comuniste finendo in tal modo per inasprire la frammentazione invece di ricucire e cercare di promuovere l’unità. Rompere l’unità possibile per cercare di reclutare il maggior numero possibile di compagni dalle altre organizzazioni è un atteggiamento che, in realtà, intensifica la smobilitazione e l’allontanamento di molti compagni delusi dalla politica.

Il collettivo politico La città Futura si contraddistingue proprio per la pratica opposta. La sua azione politica si concentra sulla formazione politica interna ed esterna, sulla  formazione di altri quadri; sull’entusiasmo dei compagni nel partecipare e nell’abilità di costruire mobilitazioni di massa, come quelle ambientali del Friday for Future, la lotta contro il patriarcato e la violenza di genere e la protesta contro la guerra e il genocidio in Palestina. Inoltre si impegna nell’organizzazione di cellule comuniste e consigli del proletariato moderno per saper conquistare quelle casematte tipiche della società civile, al fine di costruire un nuovo umanesimo che sarà possibile solo quando le lavoratrici e i lavoratori dirigeranno lo Stato.

Il collettivo politico La Città Futura dedica massima attenzione all’opposizione politica al governo dell’imperialismo italiano e non si lascia distrarre dalla lotta interna tra fazioni politiche irrilevanti nel contesto del nostro paese. La sua principale preoccupazione è individuare e comunicare ai lettori l’opposizione al principale nemico di classe: l’imperialismo italiano, che delega parte del suo potere decisionale all’imperialismo europeo e alla sua alleanza internazionale di attacco: la NATO, egemonizzata dall’imperialismo statunitense.

 In questa fase, ciò che ci interessa politicamente non è la lotta interna tra diverse fazioni politiche, fare il pelo e il contro pelo, andando a vedere su quale punto nel programma politico si sta leggermente più avanti o leggermente più dietro. Bensì utilizzare il contesto delle elezioni europee come tribuna politica per sollevare questioni cruciali e sensibilizzare la classe operaia su tematiche fondamentali come il contrasto  alla guerra imperialista. Pertanto, sosteniamo la Lista Pace, Terra e Dignità, anche se in maniera critica, e ci impegniamo nella raccolta delle firme necessarie per la presentazione della lista. Facciamo un appello a tutti i compagni affinché si impegnino in questa difficile militanza, soprattutto nelle regioni della Valle d'Aosta, del Molise e della Sicilia.

 

Il collettivo politico sostiene attivamente le candidature di Angelo D’Orsi, di Gianni Fresu e Maurizio Acerbo e tutti gli altri validi candidati nelle diverse circoscrizioni. Non si tratta di evitare la battaglia delle idee, ma riteniamo che in questa fase di elezioni europee sia fondamentale impegnarsi nel contesto politico, prendendo posizione, mettendoci la faccia, considerando sempre che gli esiti delle elezioni rappresentano il grado di maturità politica della classe che attualmente è molto scarsa. Infatti, al contrario, riteniamo sia doveroso criticare altre frazioni (parrocchie) comuniste che, a causa della mancanza di forze sufficienti, del mancato coinvolgimento politico e delle criticità nel programma di Pace Terra e Dignità, si astengono dal partecipare alle elezioni europee. Questo comporta una mancanza di impegno politico e una rinuncia alla tribuna politica offerta dalle elezioni, in assenza di una lotta di classe adeguata contro gli oppressori nel nostro paese.

 

Infine chiediamo al compagno Alessandro Bartoloni di esprimersi maggiormente nel giornale sui punti che ci uniscono piuttosto che farci perdere inutili forze su quelli che ci dividono, poiché conosciamo le sue grandi capacità umane e di critica del modello capitalistico. 



Articolo 

L’articolo «Perché sì, perché no» di Stefano Paterna ci restituisce un quadro della lotta di classe in questo paese desolante per i motivi oggettivi e soggettivi che ben tratteggia. Per l’autore, dati i rapporti di forza sfavorevoli, dobbiamo accontentarci di poche parole d’ordine: pace, terra, dignità. Per questo la consegna sarebbe di votare Santoro e la sua lista quale alternativa meno-peggio. Un posizionamento errato, per almeno cinque motivi. Il primo ce lo fornisce, forse involontariamente, proprio Paterna quando riconosce «l’assenza di prospettive politico-organizzative immediate». Non a caso, sull’adesione alla lista Santoro Unione popolare si è spaccata, con Rifondazione comunista che ha deciso di accodarsi non senza malumori interni, Potere al popolo che si è sfilato e Luigi De Magistris che ha deciso di mollare tutto in attesa delle elezioni partenopee. Insomma, dell’entusiasmo e della convinzione che accompagnò la nascita di PaP alla vigilia delle elezioni del 2018 neanche l’ombra. Ma se non si è chiamati a votare per un progetto che abbia la testa, il cuore e le gambe per andare oltre la scadenza elettorale, per che cosa ci si dovrebbe recare alle urne? Forse per fornire alle organizzazioni politiche che appoggiano Santoro la possibilità di rilanciarsi mediante l’accesso ai finanziamenti del due per mille e la partecipazione alle prossime consultazioni senza dover raccogliere le firme? O magari per offrire una tribuna di prestigio ad alcuni intellettuali che hanno ampiamente dimostrato di essere organici all’ala progressista della classe dominante e per questo incapaci di fornire alle classi subalterne un punto di vista autonomo e alternativo sulle grandi questioni del momento? Domande retoriche che ci portano dritti al secondo motivo per il quale la lista Santoro è invotabile: il «programma elettorale». Incapace di «distinguere fra aggressioni imperialiste, guerre di popolo, guerre per difendere l’indipendenza nazionale, guerre partigiane e guerre civili rivoluzionarie» - come tutti i pacifisti già criticati su questa rivista da Renato Caputo - Santoro finisce per mettere sullo stesso piano «la strage del 7 ottobre» e il «massacro in corso» a Gaza. Un apparente cerchiobottismo che serve a portare acqua al mulino sionista in due modi. Il primo, perpetrando la leggenda del massacro compiuto da Hamas a danno di civili inermi, smentita persino dal New York Times che ha riconosciuto come la maggior parte delle vittime israeliane siano state causate da fuoco “amico”; il secondo, celando che persino l’Assemblea generale delle Nazioni Unite «riafferma la legittimità della lotta dei popoli per l’indipendenza, l’integrità territoriale, l’unità nazionale e la liberazione dalla dominazione coloniale e straniera e dall’occupazione straniera con tutti i mezzi disponibili, compresa la lotta armata» (Risoluzione 37/43 del 3 dicembre 1982). Ma c’è di peggio. «L’inaccettabile invasione russa dell’Ucraina» implica la «solidarietà all’aggredito» (neonazista) e la critica a Giorgia Meloni per aver osato siglare un patto militare con Kiev addirittura «fuori dalla stessa NATO»! Un atteggiamento che rivela il posizionamento strategico atlantista funzionale a celare alle masse popolari i motivi del conflitto in corso: per conservare l’ordine mondiale basato sul Washington consensus e il predominio del dollaro, per rilanciare l’economia degli Stati Uniti a danno di quella dell’Unione europea, per la liberazione e l’autodeterminazione dei popoli russi e russofoni da anni impossibilitati a vivere nello stato multinazionale ucraino, per impedire lo smembramento della Federazione russa come già successo con l’Unione Sovietica. Il terzo motivo per il quale la lista Santoro è invotabile ha a che fare con la coerenza tra la teoria e la prassi. Sulla carta, Santoro si esprime contro l’invio delle armi in Ucraina ma durante la raccolta firme organizzata da Enzo Pennetta e Ugo Mattei per indire un referendum popolare contro l’invio delle armi non si è speso in alcun modo per la riuscita dell’impresa. I motivi che lo hanno spinto a quello che è stato un boicottaggio di fatto purtroppo non si conoscono, dato che i suoi colleghi giornalisti si guardano bene dal metterlo in difficoltà con qualche domanda scomoda (segno evidente che al sistema di potere vigente un tale pacifinto non dispiace). Ma forse si possono intuire, dal momento che ad appoggiare quella raccolta firme c’erano le organizzazioni della galassia del cosiddetto “dissenso”. Un termine che dal 2021 è servito a etichettare tutti coloro che, per i più svariati motivi, si sono opposti alle politiche di gestione della pandemia da COVID-19. Un mondo ipso facto “infetto”, da cui occorreva stare alla larga per non farsi contagiare dal morbo del negazionismo e del complottismo e per non vedersi affibbiare l’etichetta di collaborazionista di gente che l’ideologia dominante (purtroppo fatta propria anche da molti compagni) ha presentato come ignorante, egoista, retrograda e fascista. Un posizionamento che ci rivela il quarto motivo per il quale la lista Santoro è invotabile: le alleanze che ha stretto (o provato a stringere) e le simpatie che nutre. Invece di “sporcarsi le mani” con chi, tra mille limiti e contraddizioni, si stava (e ancora si sta) muovendo contro la guerra e per il multipolarismo, Santoro ha scelto la “comfort zone” della sinistra ZTL politicamente corretta, cercando di raggiungere un accordo con l’Alleanza verdi-sinistra già sostenitrice del governo Draghi (in modo da evitare lo scoglio della raccolta firme) e arrivando addirittura a dichiarare di «non essere nemico di PD e M5S». Un’amicizia che gli consente di conservare la propria reputazione di fronte al ceto medio riflessivo perbenista e benpensante ma che rivela a chi non lo è tutta la propria ipocrisia e inadeguatezza. Infine, il quinto motivo per cui la lista Santoro è invotabile ha a che fare le opzioni realmente in campo. Data «l’assenza di prospettive politico-organizzative immediate», se non si vuole votare il nemico meno-peggio si potrebbe comunque onorare la memoria di chi ha lottato ed è morto per conquistare il diritto di voto recandosi al seggio per annullare la scheda. Si dà il caso, invece, che per queste elezioni europee un’alternativa c’è (firme permettendo) e si chiama Democrazia Sovrana Popolare. Si tratta di un neonato progetto politico-organizzativo di fase, un’alleanza tra marxisti-leninisti e cattolici-sociali che vede nel multipolarismo, nella sovranità popolare e nelle nazionalizzazioni dei settori strategici i tre cardini su cui poggiare, qui e ora, la tutela degli interessi delle classi subalterne. Un’alleanza coerentemente per la pace (ma non pacifista) ed esplicitamente contro la NATO e l’Unione europea, senza se e senza ma. Certo, per votare DSP occorre uscire dal ghetto tranquillo e autoreferenziale nel quale i comunisti e i sinceri democratici si sono rinchiusi. Ma questa è un’altra storia.

20/04/2024 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: ilriformista.it

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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