PKK e Bolscevichi, il 1° di novembre ed il 7 novembre: non sono finite le rivoluzioni

Cosa accomuna il PKK ed i bolscevichi? Entrambi i movimenti e partiti traggono i loro insegnamenti dalla scuola marxista-leninista e nonostante il partito curdo si sia spostato nell’ultimo ventennio su posizioni con sfumature più libertarie, con la sua adesione al Confederalismo democratico, le radici nella lotta anti-imperialista e per l’autoaffermazione dei popoli oppressi rimangono immutate. Dal XX° al XXI° secolo: due movimenti che provano come il rovesciamento del potere precostituito sia non solo possibile bensì, talvolta, necessario.


PKK e Bolscevichi, il 1° di novembre ed il 7 novembre: non sono finite le rivoluzioni Credits: Kurdishstruggle - CC BY 2.0

Partiya Karkerên Kurdistanê, il Partito dei lavoratori curdo (PKK) combatte per l’affermazione del popolo curdo fin dal 1980. Formatosi come partito leninista-marxista, con l’obbiettivo dichiarato della realizzazione di uno stato curdo, laico e socialista, nel corso dei decenni ha rinnovato la sua ideologia politica, allontanandosi dall’ortodossia marxista per avvicinarsi al socialismo libertario ed ecologico di Ocalan, basato su una costruzione democratica dal basso non dissimile dal modello dei soviet: “democrazia senza Stato”, direbbe Ocalan. Così come i bolscevichi e Lenin ispirarono intere generazioni nella loro lotta contro l’imperialismo zarista, da Rosa Luxemburg a Victor Serge, così fecero il PKK e i curdi nella loro Resistenza al fascismo sunnita dell’ISIS, da Lorenzo Orsetti a Maria Edgarda Marcucci. Nonostante le critiche ricevute e le vedute differenti sul miglior percorso verso la realizzazione d’una società socialista, entrambi i movimenti politici diedero la speranza che un nuovo mondo fosse non solo possibile, ma raggiungibile. Il burocratico parassitismo stalinista ha tradito le aspirazioni della rivoluzione d’Ottobre, ma ciò nulla toglie al valore storico del 7 novembre ed a come il lavoro verso l’Avvenire continui; a dispetto di tutti gli intellettuali da salotto che decantano una sedicente “Fine della storia”.

Il sussistere delle società capitalistiche rende inevitabile il fiorire di lotte popolari contro l’oppressione dei pochi sui più.

Esempio lampante e significativo nel panorama politico contemporaneo è il PKK con il suo zelo nella lotta armata accompagnato dalla ricerca, quando possibile, di una risoluzione pacifica che oggi sembra difficilmente raggiungibile. 

Dopo l’attacco del 23 ottobre contro la TAI (Turkish Aerospace Industry) il governo di Ankara ha ripreso con la soppressione violenta delle vie democratiche per l’affermazione del popolo curdo, non che il governo turco abbia mai voluto riconoscere le sue rivendicazioni.

Uno studio del 2020 della Fondazione İsmail Beşikçi sulla libertà di stampa in Turchia ha rilevato che sia la censura che l'autocensura sono frequenti quando si scrive sui curdi e sulla loro storia, geografia, cultura e lingua per paura di stigmatizzazione editoriale e di persecuzioni governative; parole come “Kurdistan”, “colonialismo” ed “anticoloniale” divengono illegali, se non nel diritto scritto, nel “buonsenso” e nell’asservimento alla dialettica dei padroni.

La lotta del PKK non parte solo dalla volontà rivoluzionaria di riorganizzazione della società ma anche da un profondo desiderio di emancipazione e da una necessità di affermarsi in quanto popolo.

A 10 anni dalla liberazione di Kobane e dalla fondazione della realtà autonoma del Rojava, la Turchia ha ricominciato a bombardare la regione del Kurdistan iracheno e, prendendo ispirazione da Israele, attacca le infrastrutture necessarie alla sopravvivenza del popolo nella regione e pratica, nel mentre, una politica di repressione dei partiti filo-curdi (o quanto meno non assoggettati alla volontà dell’AKP-MHP) in Turchia. Il regime di Ankara ha dimostrato più volte che ciò che non può ottenere con magistratura corrotta e broglio elettorale otterrà con la violenza di Stato. Le elezioni locali del 4 novembre l’hanno dimostrato ampiamente: quando la menzogna borghese fallisce vige la verità del manganello.

Diversi esponenti del Partito dell'Uguaglianza e della Democrazia dei Popoli (in turco Halkların Eşitlik ve Demokrasi Partisi, abbreviato: HEDEP oppure DEM; in curdo Partiya Wekhevî û Demokrasiya Gelan) sono stati arrestati, torturati e uccisi in seguito al tentativo del governo centrale di usurpare i rappresentanti scelti per via democratica dalla cittadinanza nelle elezioni locali.

All'usurpazione dei comuni di Mardin, Batman e Halfeti, posti sotto amministrazione forzata, non è mancata una forte risposta popolare che ha messo in crisi le forze di polizia turche, impedendo il pieno controllo della regione.

Tuttora le rivolte continuano per le strade delle città e, nonostante l’assedio delle forze di polizia e la loro violenza repressiva, gli esponenti del DEM hanno dichiarato che non ci sarà resa alcuna da parte loro e della popolazione curda fino alla fine dell’usurpazione fascista nelle varie municipalità curde.

Il momento è molto delicato e sembra segnare una fase storica di transizione per il movimento di Liberazione Curdo, con Ocalan che ha dichiarato di recente, dopo 43 mesi d’isolamento nelle prigioni turche, che, dovessero essere raggiunte le condizioni ideali, si potrebbe passare dalla lotta armata al dialogo politico per la risoluzione pacifica del conflitto. 

Il leader del Partito del Movimento Nazionalista turco ed alleato politico di Erdogan, Devlet Bahçeli, ha dichiarato di essere disposto ad accogliere Ocalan nel parlamento turco a condizione dello scioglimento del PKK.

Il controllo delle regioni curde è fondamentale per i progetti geopolitici di Erdogan, che vorrebbe realizzare una rotta commerciale diretta tra Ankara e Baghdad, ma l’inverno renderebbe ancora più difficile la situazione per l’esercito turco, che da più di 10 anni fallisce nei suoi tentativi di sottomettere la regione e di annichilire i guerriglieri curdi. 

Personalmente, vedo in questa iniziativa del governo fascista AKP-MHP un tentativo di dividere il movimento di liberazione curdo per facilitare poi la soppressione dei singoli nuclei di dissenso, siano essi democratico-istituzionali o rivoluzionari. 

Il governo Turco non ha mai fatto tentativi concreti di risolvere la questione in modo pacifico, nonostante le varie tregue indette dal PKK con lo scopo d’intavolare trattative con le forze reazionarie turche, l’ultima delle quali nel 2013, quando il PKK ed il YPG proteggevano il popolo Medio Orientale dai barbari dell’ISIS. 

I compagni e compagne del PKK sono considerati terroristi dall’Unione Europea e dagli USA ma il loro modello di costruzione dal basso d’una società inclusiva, paritaria, socialista, ecologica ed anti-imperialista, può fare paura solo a coloro che giovano dallo sfruttamento morboso del popolo e della Terra.

A prescindere da come si evolverà la situazione nel Kurdistan occupato qui si rivendica il diritto all’autodeterminazione dei popoli e si constata la necessità alla lotta armata, sia come strumento politico che per la protezione degl’innocenti e delle masse, nel momento in cui la via democratica ed istituzionale è resa impraticabile dal regime reazionario che pretende di mantenere un ordinamento sociale che condanna alla miseria ed all’avvilimento il popolo. 

Il popolo in senso socialista ed internazionalista non può essere che l’insieme delle masse oppresse, a prescindere dalla posizione geografica e culturale. 

La solidarietà socialista e la coscienza di classe non permettono il sacrificio d’un gruppo oppresso a favore di un altro.

Nessuno di noi sarà libero fintanto che non lo saranno tutti, per questo ogni serio socialista è dalla parte dei popoli di Palestina e Kurdistan, contro la pulizia etnica israeliana e l’aggressione turca.

La vittoria del Kurdistan sarà la nostra vittoria come la vittoria bolscevica fu la vittoria del proletariato globale.

Le rivoluzioni non sono terminate ed oggi come allora si dimostra la forza dei popoli in rivolta di fronte alla Storia.

Note:

La situazione in Kurdistan e nei comuni occupati potrà essere ancora in mutamento costante al momento della pubblicazione, per rimanere aggiornati in tempo reale si consiglia l’agenzia di stampa curda Firat News Agency (ANF).



29/11/2024 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: Kurdishstruggle - CC BY 2.0

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L'Autore

Spartaco Rizzo

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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