Analisi della politica austriaca dal punto di vista del Partito Comunista

La coalizione guidata dai socialdemocratici si conferma in testa, mentre FPÖ compie un balzo storico e il KPÖ registra il suo miglior risultato cittadino, confermando una frammentazione sempre più marcata dello scenario politico.


Analisi della politica austriaca dal punto di vista del Partito Comunista

Le elezioni per il Gemeinderat e il Landtag di Vienna, svoltesi lo scorso 27 aprile, hanno rappresentato uno spaccato significativo delle dinamiche politiche austriache. Con un’affluenza del 62,74% degli aventi diritto, in lieve calo rispetto al 65,27 % del 2020, i cittadini hanno manifestato un quadro elettorale caratterizzato da perdite per i partiti di governo tradizionali e guadagni per le forze più radicali. Al centro di questo mutamento si colloca anche il risultato del KPÖ (Kommunistische Partei Österreichs), che, pur rimanendo al di sotto della soglia di sbarramento del 5%, ottiene il suo miglior risultato di sempre nella capitale, raddoppiando i consensi rispetto a cinque anni fa (4,06%).

Il Partito Socialdemocratico d’Austria (Sozialdemokratische Partei Österreichs, SPÖ), guidato dal sindaco e governatore Michael Ludwig, si conferma primo partito con 268.514 voti, pari al 39,38%, perdendo però 2,24 punti percentuali rispetto al 2020 e tre seggi, scendendo da 46 a 43 scranni nel consiglio cittadino. Nonostante le flessioni, la coalizione rosso-verde-liberale può vantare ancora una solida maggioranza, ma i segnali di indebolimento non possono essere ignorati: la diminuzione del consenso testimonia la crescente insoddisfazione di una parte dell’elettorato viennese verso le politiche degli ultimi anni.

La svolta più clamorosa è stata compiuta dalla formazione di estrema destra del Freiheitliche Partei Österreichs (FPÖ), che con il candidato Dominik Nepp ha conquistato 138.761 voti e il 20,35% delle preferenze, quasi triplicando il risultato del 2020 (+13,24%) ed entrando in consiglio con 22 seggi, 14 in più rispetto alla precedente legislatura. Secondo gli analisti, tale exploit indica una crescente polarizzazione dell’elettorato su temi identitari e di sicurezza, in linea con la risalita del partito di estrema destra a livello nazionale.

Guardando agli alleati dei socialdemocratici, i Verdi (Die Grünen – Die Grüne Alternative), guidati da Judith Pühringer, frenano leggermente, ottenendo il 14,52% (-0,28%) e 15 seggi, uno in meno rispetto al 2020, mentre i liberali di NEOS registrano uno +2,53%, salendo al 10,00% e conquistando 10 seggi. La coalizione al governo, quindi, conserva una maggioranza importante, ma con una composizione radicalmente mutata rispetto a cinque anni fa, quando la SPÖ dominava incontrastata il panorama politico cittadino.

Tra le sorprese minori, il tracollo dei popolari dell’ÖVP (Österreichische Volkspartei), che con Karl Mahrer scende al 9,65% (-10,78%) e perde 12 seggi, fermandosi a 10 rappresentanti; la lista Team HC Strache rimane fuori dal consiglio con l’1,10%; SÖZ (Soziales Österreich der Zukunft), il partito della minoranza turca, ottiene lo 0,84%; nuove formazioni emergenti raccolgono percentuali trascurabili.

In questo contesto di cambiamento, il Partito Comunista, guidato a livello federale da Tobias Schweiger e sul territorio viennese da Barbara Urbanic, ha centrato, come accennato in precedenza, il suo miglior risultato di sempre nella capitale, raccogliendo 27.657 voti. Sebbene non sufficiente per superare la soglia di sbarramento, tale performance rappresenta una conferma della strategia di radicamento territoriale, della crescente attenzione ai temi sociali e abitativi e dell’efficace mobilitazione dal basso evidenziata durante la campagna.

Dal punto di vista del KPÖ, questo risultato è frutto di una campagna incentrata sul diritto alla casa come questione di primo piano, portata avanti con iniziative di ascolto porta a porta, assemblee nei quartieri e volantinaggi tematici. La leadership comunista ha sottolineato come, grazie a questo sforzo, anche nella capitale sia emersa con forza la propria agenda politica: per la prima volta, il tema dell’abitare ha assunto un rilievo tale da costringere la giunta cittadina a recepire alcune delle loro proposte, quali l’incremento del patrimonio pubblico di case popolari e l’introduzione di limiti più stringenti agli affitti privati.

Nel comunicato diffuso il giorno successivo alle elezioni, la capolista viennese Barbara Urbanic, insieme al portavoce federale Tobias Schweiger, ha rivendicato la capacità del partito di mobilitare nuove fasce di elettorato, attirando non solo elettori storici di sinistra, ma anche giovani, famiglie e persone in difficoltà abitativa, tipicamente più distanti dalle urne. In particolare, il KPÖ ha evidenziato come il calo dell’affluenza abbia favorito proprio forze come la propria, capaci di garantire un contatto diretto e continuativo con i cittadini.

Nonostante l’ottimismo, i vertici comunisti hanno rimarcato le criticità ancora aperte: l’impossibilità di tradurre i voti in seggi, anche a causa di una soglia di sbarramento che riduce la rappresentatività delle istituzioni, e la sfida di consolidare la presenza organizzativa nei distretti periferici, dove la partecipazione è calata maggiormente e dove l’affermazione del KPÖ è ancora debole.

Venendo alle critiche rivolte al governo federale, il KPÖ ha assunto un tono sempre più aspro. I comunisti austriaci denunciano da tempo la politica di austerità sociale del governo di Vienna, guidato dalla coalizione di destra ÖVP–SPÖ, accusata di aver favorito i grandi investitori immobiliari a discapito delle fasce meno abbienti. Allo stesso modo, il KPÖ contesta l’atteggiamento di complicità dell’esecutivo federale nelle politiche di difesa e sicurezza dell’UE e della NATO, invitando a riconsiderare le spese militari e la collocazione dell’Austria all’interno delle alleanze occidentali.

In particolare, Tobias Schweiger ha più volte criticato la mancata volontà del governo di limitare l’export di armi verso Paesi in conflitto, evidenziando che l’Austria detiene uno dei tassi pro capite più alti di armi private in Europa e che occorrerebbe introdurre misure più stringenti, fino al divieto di possesso per i privati. La proposta del KPÖ prevede incentivi per la restituzione delle armi e norme più severe per i cacciatori e gli sportivi, in linea con una visione pacifista e profondamente antimilitarista del proprio programma.

Sul piano della politica estera, la posizione del KPÖ sul conflitto mediorientale si è fatta particolarmente esplicita. All’indomani dell’attacco israeliano contro l’Iran, Tobias Schweiger ha condannato fermamente l’azione militare, definendola «una grave violazione del diritto internazionale» e sollecitando l’Austria a farsi promotrice di una vera e propria neutralità attiva, capace di sostenere il diritto internazionale in ogni teatro di crisi. I comunisti austriaci esigono dal governo federale un impegno concreto per il cessate il fuoco, il ritiro delle forze d’occupazione dai territori palestinesi e la piena applicazione delle risoluzioni ONU, nonché lo stop alle forniture di armi e l’adozione di sanzioni mirate contro chi viola sistematicamente i diritti umani.

Questa linea si inserisce in un approccio più ampio, già espresso dall’eurodeputato Walter Baier, secondo cui l’Europa deve riconoscere la propria responsabilità storica nel conflitto israelo-palestinese e sostenere il diritto al ritorno dei rifugiati, insieme al riconoscimento immediato dello Stato palestinese. Il KPÖ contesta, inoltre, la dipendenza dell’Austria da narrazioni unilaterali e chiede un’informazione più equilibrata sui media nazionali, accusati di mostrare troppa empatia per le vittime israeliane, mentre le sofferenze dei civili palestinesi vengono spesso trattate come mere statistiche.

Nel complesso, dunque, i risultati viennesi confermano la crescente frammentazione del sistema politico austriaco, con una spinta verso posizioni più radicali sia a destra che a sinistra. Per il KPÖ, l’esito del 27 aprile rappresenta un incoraggiamento a proseguire nella costruzione di un’alternativa sociale radicale, centrata su politica abitativa, diritti dei lavoratori e pacifismo attivo. Allo stesso tempo, le sfide organizzative restano numerose: trasformare il consenso elettorale in presenza istituzionale, estendere la presenza nei distretti a bassa partecipazione e mantenere alta la mobilitazione anche fuori dai periodi elettorali.

Con la prossima tornata elettorale federale ormai alle porte, il Partito Comunista d’Austria punta a superare la barriera del 5 % e a conquistare finalmente seggi nel Parlamento nazionale, sfruttando l’onda lunga dei successi locali. Se riuscirà a consolidare la propria base nella capitale, dove ha dimostrato di poter crescere anche in uno degli scenari urbani più complessi d’Europa, il KPÖ potrà ambire a trasformare la propria presenza in un vero contrappeso alle politiche neoliberiste del governo federale.

20/06/2025 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Giulio Chinappi

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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