Il nuovo patto di stabilità e gli equilibri scaturenti dalla guerra

La revisione del patto di stabilità vede contrapporsi interessi opposti fra i diversi membri dell'Unione Europea. Esso dovrà comunque tenere conto del nuovo contesto scaturito dalla guerra in Ucraina


Il nuovo patto di stabilità e gli equilibri scaturenti dalla guerra

La Commissione europea ha dato indicazioni precise ai paesi membri in merito alla riduzione e alla sostenibilità del debito. Non è dato sapere il testo finale della revisione del Patto di Stabilità. Sia ben chiaro che non saranno messe in discussione le regole principali sulle quali sono stati costruiti i parametri di Maastricht ma è indubbio che pandemia e guerra abbiano determinato processi di crisi tali da suggerire la revisione, e magari l'accantonamento, di qualche dogma dettato dalle politiche di austerità.

Da quanto sappiamo numerosi paesi chiedono maggiore autonomia nel definire le loro politiche di bilancio e in ogni nazione ci sono settori economici forti che spingono l'economia di mercato in una certa direzione. La strategicità, in funzione Nato e antirussa, di alcuni Stati dell'Est europeo suggerisce la costruzione di regole ad hoc per ogni paese. Lo stesso (per ragioni differenti) può valere per i paesi forti del centro Ue e per quelli economicamente deboli del Sud Mediterraneo. I piani pluriennali di risanamento finanziario convengono alle economie deboli ma non a quelle forti.

La scommessa dell'Unione Europea è quella di prevenire una crisi interna che proprio la Nato e gli Usa potrebbero alimentare con alcuni paesi (Polonia e Ungheria) mal disposti a favorire le esportazioni di grano dall'Ucraina.

Non si comprendono i motivi per i quali l'Ue stia discutendo di costruire nuove regole – pur nel rispetto dei parametri di Maastricht – senza analizzare i nuovi equilibri determinati dalla guerra in Ucraina, che poi investono le stesse economie dominanti come Francia e Germania, paesi dove hanno delocalizzato parte delle produzioni, o comunque parti integranti delle loro filiere, e che rischiano di entrare in una crisi irreversibile.

L'Ue non può permettersi, senza dissolversi, il mantenimento degli attuali parametri del debito, da qui l'ipotesi di piani di riduzione dello stesso costruiti su misura per ogni singolo paese, dando loro quel tempo negato invece anni fa alla Grecia.

Ma acquistare tempo non salverà comunque i paesi economicamente deboli dalla scure dell'austerità temperata. I piani pluriennali di bilancio e di riforme strutturali saranno vagliati dalla Commissione europea che potrebbe suggerire, come avvenuto nel recente passato, controriforme istituzionali, privatizzazioni, chiusura di alcune fabbriche ritenute obsolete, piani di welfare ridotti per contenere le spese.

Il negoziato tra i singoli paesi e la Commissione incaricata di vagliare la validità dei piani nazionali terrà conto degli equilibri interni ed esterni, economici, politici e anche geostrategici. A quel punto molto dipenderà dalle strategie di Francia e Germania che vogliono ridurre il debito pubblico ma al contempo salvaguardare la loro egemonia e per questo non possono accettare che paesi dove hanno delocalizzato produzioni e collegate alle loro filiere entrino in una crisi irreversibile.

L'Ue dovrà presto rivedere i piani pluriennali. La crescita economica è influenzata dagli andamenti della guerra, dalla supremazia del dollaro e dalle continue pressioni di Washington per far pagare agli alleati del vecchio continente parte dell'impresa bellica in Ucraina. Poi molto dipenderà dai tassi d’interesse (in moderata crescita), dai bilanci e dalle politiche monetarie.

Alcune nazioni sanno da tempo di dovere allentare le maglie della spesa pubblica perché la moderata crescita economica, il Covid e la guerra hanno provocato situazioni di crisi ad oggi non superate.

Dentro l'Ue stanno esplodendo contraddizioni tra chi vuole parametri di rigido contenimento del debito e della spesa pubblica e quanti invece vorrebbero avere margini di manovra maggiori, specie se le loro economie sono più deboli e arretrate.

Esistono precedenti accordi con alcuni paesi membri dell'Ue ai quali sono stati accordati piani pluriennali di risanamento delle finanze. Logica vorrebbe che questa strada negoziale possa essere generalizzata. Ma un atteggiamento troppo blando farebbe crollare l'impianto della austerità sulla quale si basa la comunità europea.

Resta l'incognita dei mercati finanziari che potrebbero reagire negativamente verso alcune scelte politiche, magari su spinta speculativa dell'alleato Usa. È innegabile che la ripresa del conflitto sindacale abbia determinato contraddizioni evidenti. Difficilmente paesi come Italia e Spagna potrebbero accordare aumenti contrattuali analoghi a quelli di altre nazioni; le loro economie seguono percorsi di moderazione salariale ma senza ripresa della domanda, alla lunga, la ripresa sarà più difficoltosa.

Non si tratta allora di focalizzare l'attenzione sulle procedure della Commissione Europea ma sugli accordi politici ed economici che andranno a definire le nuove politiche di contenimento del debito. Alcuni paesi potrebbero implodere davanti a piani di risanamento tali da richiedere sacrifici sociali insostenibili. Ecco spiegato il motivo per cui oggi i principali leader dei paesi europei si muovono con i piedi di piombo attenti a salvaguardare equilibri resi assai precari dalla guerra in Ucraina e dalle strategie imperialiste degli Usa.

27/05/2023 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Federico Giusti

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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