Cosa succede in Etiopia? La realtà della Nazione e la falsità dei media (seconda parte)

In Occidente si è solo intuito della novità di quest’uomo, tanto da riconoscergli il premio Nobel. Ma chi osserva conoscendo un poco le dinamiche etiopi, Abiy Ahmed si è dimostrato politicamente eccezionale. Soprattutto per la rapidità e precisione delle mosse che se non fossero state come sono state, semplicemente Abiy sarebbe stato ucciso e ci sarebbe stata una situazione di confusione e conflitto molto peggiore di quella attuale.


Cosa succede in Etiopia? La realtà della Nazione e la falsità dei media (seconda parte)

(segue dal numero precedente)

Media e altri “agenti mascherati”

Eppure vi erano sommovimenti popolari in Etiopia, più volte i governi diretti dal Tplf hanno dovuto porre il coprifuoco per l’incontenibilità delle proteste. In questa fase per chi avesse voluto informarsi era cosa ostica. E qui bisogna soffermarsi, per comprendere la discrasia tra gli eventi reali e le notizie riportate ad arte dai media mondiali. Tralasciamo i giornali e diffusori di notizie varie che fanno un semplice copia e incolla delle notizie riprese da altri, utili ad avere visualizzazioni o per avere notizie dal mondo di cui in realtà non si sa nulla. Di questa tipologia di media (superficiali) ovviamente ne fanno parte una selva di siti e blog a non finire, ma spesso ne fanno parte anche giornali come il “Corriere della Sera” il quale negli ultimi articoli riguardo l’Etiopia, non si cura nemmeno delle evidenti inesattezze, l’importante è veleggiare nell’aria che tira, in linea con la direzione indicata dall’amministrazione statunitense. Ma propongo di focalizzarsi, su un giornale paradigmatico: “Nigrizia”. Avendo seguito in questi anni come questa rivista riportava le notizie in particolare dell’Africa, molte cose si chiariscono. “Nigrizia” è una rivista legata all’ordine cattolico dei comboniani, tra i direttori che l’hanno diretta annovera Alex Zanotelli. Per un lettore interessato di cose africane non può non essere un riferimento, le notizie e gli avvenimenti che accadono in Africa sono realmente a portata di questa rivista: conoscono realmente i “fatti”. Ma in questi anni, non casualmente, mai hanno parlato in modo che si comprendesse, della realtà dell’Etiopia e del ruolo del Tplf; mentre all’opposto, con attitudine ossessiva riportavano notizie adulterate sull’Eritrea, in linea con l’agenda politico mediatica delineata dal Tplf e apparati Usa. “Nigrizia” con la collaborazione di alcuni professori universitari e altra tipologia di soggetti, è parte della nuova “sinistra” imperiale che ha la sua forza di persuasione come l’hanno molte Ong nell’apparire soggetti “eticamente qualificati”, invece, sono un subdolo ma efficace strumento di indottrinamento ideologico, ammantato da uno pseudoumanitarismo con la finalità di coadiuvare le politiche americane nel mondo. Per chi non è stato catturato da questa ideologia melensa criminale, un esempio aiuta a catalogare “Nigrizia”. Il 5 maggio scorso, nelle pagine di questa rivista si assiste a un dibattito surreale tra due persone che collaborano nella rivista medesima; il primo, il noto giornalista Gad Lerner, l’altro, Sergio Paronetto di Pax Christi. Lerner, pur apprezzando molto Papa Bergoglio, gli rimprovera (udite udite) di aver agito per fermare i bombardamenti della Siria da parte degli Usa quando c’era Obama. Uno che sia minimamente “umano” dovrebbe rispondere a tono a una posizione criminale del genere, invece cosa gli risponde il Paronetto? Cincischia, blatera di non essere d’accordo, lasciando il campo libero a Lerner che chiude la discussione affermando che era meglio fare la guerra ad Assad che uccideva i civili con le armi chimiche. Ecco dove vogliono arrivare; quando hanno deciso la linea, utilizzano sempre argomenti simili. Per chi li legge, quello che deve rimanere nonostante sia stato smentito, è che “Assad usa armi chimiche contro i civili”. Questa è la linea Usa (“sinistra”) di “Nigrizia”.

Questa linea (“infezione”) politica ha i suoi addentellati in spazi e luoghi impensabili. Una piccola esperienza vissuta direttamente in un contesto della sinistra estrema. Tenendo conto che l’Etiopia era entrata in una nuova fase da meno di un anno, nella sede “Nidi di Vespe” (a Roma) organizzano il 16 Giugno 2019 un’iniziativa dove il focus del dibattito sarebbe stato incentrato sull’Eritrea (guarda caso) tale sede ospita l’iniziativa e i compagni delle sede, partecipano come uditorio, chi guida il dibattito è un giovane antropologo, “allievo” di un professore che partecipa anch’egli al dibattito, l’antropologo Pino Schirripa. Entrambi con una “postura” di sinistra. Nel dibattito molte erano le gravi imprecisioni. Non potendo essere possibile non parlare anche dell’Etiopia (cosa che avrebbero voluto evitare) l’acme lo tocca questo “professore antropologo” quando negava recisamente che le reali leve del potere nei due decenni precedenti fossero detenute dal Tplf Ovviamente mentiva sapendo di mentire. Quello che stupisce e lo si può ritenere paradigmatico, sapeva di poter fare affermazioni completamente false essendo fiducioso dell'ignoranza” dei compagni che lo ospitavano. Il punto è che questa tipologia di lavoratori nelle università sono molto presenti in vari settori dell’estrema sinistra. Vedasi anche il giornale on line “Faro di Roma”, normalmente con posizioni di una dignitosa visione critica dei vari scenari geopolitici, per quanto riguarda il Corno d’Africa, con la firma di un tale Fulvio Beltrami, viceversa, si pone come barzellettesco megafono di propaganda del Tplf. Questa lunga digressione per dire dell’impossibilità (o quasi) per una persona interessata di avere l’opportunità di essere informata.

Ma cosa accade in Etiopia?

Torniamo agli eventi reali in Etiopia. Dopo le cicliche sommosse popolari durate anni. Il primo ministro Desalegn rassegna le dimissioni (aprile 2018). Desalegn teoricamente non è del Tplf, ma ha seguito pedissequamente la politica impartitegli da quel partito. Non riuscendo con la repressione a calmare la situazione, si ritira dal dirigere il governo. Bisognava trovare una via d’uscita e venire incontro alle spinte dal basso. Così si nomina il giovane di “origine oromo” Abiy Ahmed.

In Occidente si è solo intuito della novità di quest’uomo, tanto da riconoscergli il premio Nobel. Ma chi osserva conoscendo un poco le dinamiche etiopi, Abiy Ahmed si è dimostrato politicamente eccezionale. Soprattutto per la rapidità e precisione delle mosse che se non fossero state come sono state, semplicemente Abiy sarebbe stato ucciso e ci sarebbe stata una situazione di confusione e conflitto molto peggiore di quella attuale.

Il primo ministro ha dei poteri, ma in ogni settore dal campo economico a quello militare la maggioranza dei posti sono in mano a uomini del Tplf quindi teoricamente sarebbe impossibile effettuare politiche non volute da questo partito. Abiy si è mosso facendo comprendere che non sarebbe stato un fantoccio, il popolo lo aveva compreso e le manifestazioni divennero di sostegno per il nuovo corso. In una di queste manifestazioni gioiose, Abiy parla in piazza con tanto di vetro antiproiettili e un grande apparato di sicurezza, nonostante ciò subisce subito un attentato, ci sono morti in piazza ma lui è illeso. Il vecchio potere cerca di bloccarlo fisicamente. Ma quali sono le mosse determinanti? Innanzitutto il dichiarare che ci deve essere una “redistribuzione” dei poteri reale, riconoscendo gli abusi perpetrati negli ultimi anni, liberando i prigionieri politici e permettendo un ritorno di coloro che si opponevano politicamente al governo etiope; inoltre porgendo la mano all’Eritrea, dichiarando che avrebbe accettato “realmente” ciò che l’Etiopia aveva firmato insieme all’Eritrea ad Algeri. Anche il presidente eritreo, ha compreso che non si trattava di un fantoccio ma di un politico con intenzioni di pace sincere, e comprendendo la situazione ha accettato immediatamente la mano di Abiy. Scoppia la pace, la gente di entrambe le nazioni sono esultanti, c’è un’apertura totale al dialogo tra Etiopia ed Eritrea (luglio 2018).

Le persone normali, non potevano che gioire degli avvenimenti, addirittura il Tplf che in realtà, ne rimase scioccato dalla velocità e precisione delle mosse, sottovalutando la capacità di Abiy di arrivare in tempi rapidi al bandolo della matassa, dei molti nodi politici (ben ingarbugliati dal tplf), ebbene anche il Tplf finse di essere d’accordo di questa nuova fase di pace con l’Eritrea. Cosa fa invece “Nigrizia”? Rivista che si dice sia cattolica? Rimane scioccata anch’essa, ma non finge come il Tplf, si dispera, per pura autoreferenzialità, perché la pace che si instaurava, era un’implicita conferma che in tutti gli anni passati L’Eritrea fosse nel giusto (e “Nigrizia”-Tplf nel torto). 

Di fatto dopo pochi mesi l’Onu toglie le sanzioni all’Eritrea, le motivazioni addotte sono (senza specificare) che ormai si è in un nuovo corso politico, facendo comprendere che il piano etiopico (tplf) Usa per il momento non aveva senso proseguirlo. Purtroppo però, in Etiopia, nei due anni successivi le sensibilità “etnicistiche” non si sono mai placate, e Abiy spesso è apparso a molti un poco debole con i suoi discorsi volti alla pacificazione e a considerarsi lui per primo più che facente parte di un’etnia o un'altra, come etiope. Per questo una parte della popolazione oromo estremizzata, non lo vuole considerare della loro parte. In diverse parti del paese si è assistito a tentativi di innescare una guerra civile. Le tracce della responsabilità del Tplf era ovunque. Abiy ha iniziato a togliere dal potere soggetti esplicitamente ostili, ma l’apparato costituito e fedele al Tplf è enorme. La volontà contraria alla pace del Tplf lo si poteva vedere anche quando fomentava la popolazione (nel confine eritreo) a bloccare le truppe etiopi (di cui molti fedeli al Tplf) nel momento che Abiy ordinava di ritirarsi dal confine, dallo spazio riconosciuto dall’Onu all’Eritrea (già nel 2000/2002). Da lì in poi si è potuto osservare che il dialogo che cercava di instaurare Abiy non era accettato da vari raggruppamenti politico etnici esclusivisti, ma tra questi, quello che aveva la possibilità di bloccare il dialogo era sempre il Tplf, che voleva essere considerato sempre in modo privilegiato rispetto ad altre forze esprimenti interessi diversi. Fino ad arrivare che il Tplf, non rispettando le regole nazionali organizza una votazione regionale nel Tigrai non riconosciuta dal governo di Addis Abeba (settembre 2020). Fino a qui molta fibrillazione, ma il 3 Novembre vi è un cambiamento di scenario definitivo, che porterà alla risposta del 4 Novembre.

Il Conflitto

Il 3 novembre il Tplf compie un attacco militare contro l’esercito nazionale etiopico, il 4 novembre il governo di Abiy risponde (sarebbe stato folle non farlo). Si scatena il conflitto in Tigray. Dopo di allora, si è potuto vedere in modo ancor più chiaro, della rete di legami ad alto livello del Tplf: media e politici occidentali, organizzazioni “umanitarie”, tutti ad appoggiare la loro narrativa. Probabilmente, sapere che l’Occidente li avrebbe appoggiati, che l’indirizzo del racconto del conflitto fosse nelle loro mani, ha incoraggiato l’atto rischioso e criminale. Subito i media hanno iniziato a raccontare le vicende come se Abiy, il premio Nobel, si fosse trasformato in guerrafondaio (cosa vera per Obama, non in questo caso). Discutendo con gli etiopi, quello che gli fa rabbia è vedere trasformata la vittima in carnefice e viceversa. L’attacco delle forze del Tplf ha colpito l’esercito etiopico stanziato nel Tigrai, che era la parte di esercito le cui caserme erano le meglio dotate di armi, essendo nella parte della zona più calda del paese; per i venti anni di pace non pace con la confinante Eritrea, le milizie del Tplf, hanno colpito più caserme, erano in combutta con molti militari dentro le caserme fedeli al Tplf, hanno diviso per etnia i soldati e oltre a uccidere molti soldati li hanno umiliati legandoli nudi e filmando il tutto. Si sono dotati di armi pesanti come i missili che avrebbero nei giorni successivi lanciato contro città etiopi ma anche contro la capitale eritrea Asmara, cercando di internazionalizzare il conflitto. Erano convinti di terrorizzare il restante delle truppe etiopi, marciare verso Addis Abeba, e chi sa, di attaccare l’Eritrea forse. Al di là del fumo creato dalla propaganda mondiale filo Tplf, sono proprio le parole di un alto funzionario Tplf, che chiariscono i termini e i soggetti responsabili di questo conflitto. Infatti l’alto rappresentante, e giornalisti a lui vicini ha pubblicamente esaltato l’operazione compiuta giustificandola come “guerra preventiva”, si comprende facilmente da quali sogni e ispirazioni sono mossi tali soggetti che per anni sono stati abituati a farla di tutti i colori, tanto c’erano sempre gli “amici americani” a coprire. Ma il piano Tplf includeva un elemento ancor più infame. Aveva organizzato in ogni angolo dell’Etiopia, oltre a propri uomini, molta manovalanza pagata e organizzata da molto tempo, costoro, avrebbero dovuto innescare una bomba sociale. Uccidere, in modo di iniziare una guerra civile di tutti contro tutti. E anche qui, lo ha affermato un altro alto funzionario Tplf, che ha perduto la vita durante questo conflitto; aveva dichiarato che se gli scenari politici non andavano secondo l’idea Tplf, l’Etiopia l’avrebbero fatta diventare come la Siria. Questa parte del piano è in gran parte fallita. A Addis Abeba operazioni di polizia poco dopo il “4 Novembre” hanno intercettato molti “civili” affiliati Tplf con in casa arsenale militare, per la paura di essere scoperti molte persone di notte, in maniera nascosta, si liberavano di pistole, granate e altre armi per le strade. Eppure anche se è stato sterilizzato il pericolo immediato e grave, anche se molto più difficile, è ancora possibile una guerra civile (di tutti contro tutti) .

Questi sono gli eventi e la cronaca che spiega la crisi nella regione del Tigrai. Il Tplf, ha completamente perso la battaglia sul campo. Aveva sopravvalutato le proprie capacità militari (ugualmente gli esperti occidentali). Però a livello di rete mediatica hanno ancora forza. Per chi è interessato a questo aspetto, indaghi da solo, gli indizi sono stati in parte esplicitati: Media come “Nigrizia”; “Avvenire”; professori universitari, non solo in Italia. È anche divertente quando si uniscono i primi tasselli, scoprire almeno una parte del puzzle, diviene tutto più chiaro e si diviene vaccinati dai canti delle sirene (sinistre) avvelenatrici dei pozzi. Le falsificazioni sono state innumerevoli, senza approfondire, vediamo un “piccolo” aspetto; “gli avvelenatori dei pozzi” cominciavano, subito dopo l’inizio del conflitto, a fingere di preoccuparsi della sorte dei rifugiati eritrei che si trovavano nei campi profughi in Tigrai, a dichiarare immediatamente che i soldati eritrei entravano dentro il Tigrai per prelevare i profughi eritrei e riportarli in Eritrea. Tutto possono dire “le sirene sinistre occidentali” anche tesi astruse, comunque, perché le agenzie umanitarie presenti nella regione del Tigrai, nel momento che è scoppiato il conflitto non hanno fatto in modo che i profughi riparassero in zone tranquille come il Sudan? La verità è orribile ed è una mostruosità organizzata dal Tplf, forse con la compiacente approvazione degli enti “umanitari”, ma non ci soffermiamo, si vedrà con il tempo nel dettaglio quel che a grandi linee possiamo capire, ma meglio tralasciare per ora. Un altro cenno. Nei primi giorni del conflitto, il Tplf, rendendosi conto che stavano perdendo, a a Mai Kadra, in un luogo dove vi erano popolazioni sia tigrine che amariche, del personale legato a loro, compie un eccidio etnico, uccide i civili amara. Questi assassini, fuggendo successivamente verso il Sudan, divengono essi stessi testimoni, come dei semplici rifugiati degli avvenimenti delle zone del conflitto, invertendo le vittime e i carnefici. Ma anche di questo se ne discuterà in futuro, perché le notizie sono ancora frammentarie. Il tempo è galantuomo ed emergerà ciò che è stato, fin nei più piccoli dettagli.



02/07/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Iohannes Ghirmai

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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