I comunisti oltremanica ai tempi della Brexit

Intervista al Partito Britannico dei Lavoratori.


I comunisti oltremanica ai tempi della Brexit Credits: https://www.facebook.com/TUAEU/ - Manifestazione di TUAEU (Sindacalisti Contro l’Unione Europea)

Non è una novità: il movimento comunista internazionale versa in una crisi senza precedenti e abbiamo la necessità di ricostruire relazioni di fratellanza tra comunisti. In quest’ottica, abbiamo chiesto ai compagni del Partito Britannico dei Lavoratori di rispondere a qualche nostra domanda. Per sviluppare la leninista ‘analisi concreta della situazione concreta’, crediamo che quando possibile sia utile allargare il campo di osservazione e seguire con attenzione quello che hanno da dire i comunisti in giro per il mondo, studiandone la loro azione e le loro organizzazioni. Questo, in particolare, può fornire alcune coordinate anche per le nostre lotte qua, soprattutto quando si affrontano nodi necessariamente comuni poiché emersi dalle stesse necessità di prassi. Buona lettura!

FP: Innanzitutto, come nasce il Partito Britannico dei Lavoratori e quali sono le vostre priorità politiche?

PBL: Il Partito Comunista Britannico (Marxista – Leninista) fu fondato da Reg Birch, uno dei membri di spicco dell’importante sindacato dei metalmeccanici AEU (Amalgamated Engineering Union). A Birch si unirono altri meccanici e un certo numero di attivisti di punta provenienti da altri sindacati. Il loro abbandono del Partito Comunista di Gran Bretagna, fondato negli anni Venti, fu dovuto principalmente alla natura socialdemocratica del partito stesso. Infatti il suo leader Harry Pollitt scrisse un pamphlet, “La Via Britannica al Socialismo”, nel quale auspicava l’approdo al socialismo esclusivamente attraverso il parlamentarismo, una posizione naturalmente anti-leninista. Il Partito Britannico dei Lavoratori nacque dallo stesso Partito Comunista Britannico (Marxista – Leninista) più di dieci anni fa come risultato della nostra opposizione al loro comportamento autoritario nei confronti degli stessi compagni nonché alla loro mancanza di chiarezza ideologica, alla loro tendenza all’inattività e al loro disfattismo.

Una delle nostre priorità riguarda la redazione delle linee guida di una Costituzione che getti le basi del dialogo con la classe lavoratrice britannica, che ha attualmente una visione socialdemocratica. In quanto partito rivoluzionario noi auspichiamo l’abbandono di tale ideologia così che la nostra classe accresca il proprio potere dove è forte, cioè nei luoghi di lavoro e all’interno dei sindacati. Se ci mostreremo ideologicamente coerenti, ad esempio nei confronti della Brexit, i lavoratori si fideranno di noi quando li aiuteremo in un futuro a raggiungere il potere.

FP: Abbiamo letto con attenzione che una delle vostre battaglie politiche più importanti è quella per la richiesta di una Costituzione per il vostro paese. Potreste approfondire questo punto?

PBL: Attualmente il nostro è uno dei due paesi del mondo i quali non hanno una costituzione scritta. Una “costituzione non scritta” permette ai governi di negare al nostro popolo diritti fondamentali come quello di sciopero, nonché di proseguire impunemente nelle politiche di deregolamentazione e privatizzazione dell’economia. Essa tende altresì possibile a qualsiasi governo di firmare trattati internazionali senza aver prima consultato il popolo britannico, come nel caso di Maastricht.

Continuiamo quindi a lavorare all’idea di una nuova costituzione le cui sezioni saranno molto probabilmente le seguenti: lotta di classe; strutture rappresentative; lavoro ed economia; sovranità nazionale; diritti collettivi; diritti ed obblighi individuali; sistema legale; relazioni internazionali (per maggiori informazioni il lettore può scaricare il pamphlet del PBL, ndt).

FP: L’esito del voto referendario del 23 giugno 2016 ha assegnato la vittoria al fronte del ‘Leave’. Tutti i paesi europei hanno guardato con estrema attenzione alla campagna referendaria e al processo che ha scatenato questa vittoria. Ciò ha dimostrato che uscire dall’Unione Europea è una strada possibile e questo alimenta le speranze per un futuro progressista nel nostro continente. Come si è posto il Workers’ Party nei confronti del referendum sulla Brexit? Che ruolo ha avuto nella campagna referendaria?

PBL: Noi giochiamo un ruolo di primo piano nel TUAEU (Sindacalisti contro l’Unione Europea) organizzando incontri e discorsi e facendo pubblicità in tutto il paese. Concentriamo i nostri sforzi propagandando le nostre idee all’interno del movimento sindacale. Durante la campagna referendaria sulla Brexit il nostro materiale propagandistico è stato distribuito ad ogni incontro sindacale. La nostra campagna è stata caratterizzata dalla richiesta di maggiore sovranità popolare, di controllo dei salari e dell’immigrazione incontrollata, prendendo le distanze dalle posizioni razziste di altri partiti e enfatizzando il modo in cui i datori di lavoro usano la manodopera straniera per distruggere i salari.

FP: Ancora sulla Brexit. Quali sono gli ultimi sviluppi? Qual è la direzione da seguire se si vuole sviluppare questo processo in senso progressista?

PBL: La Brexit costituisce una lotta in corso per la nostra classe. Il parlamento vorrebbe il suo fallimento o trasformarla in un modo per cui il paese rimarrebbe all’interno dell’Unione Europea de facto. Sono decenni che la Gran Bretagna subisce una generale deindustrializzazione. Dobbiamo combattere i tentativi da parte del capitalismo di continuare la deregolamentazione e le privatizzazioni. La scelta che ha prevalso dal referendum è stata un voto per la liberazione nazionale che deve essere difeso ad ogni costo se vogliamo che nel nostro paese avvengano dei passi in avanti in senso progressista.

FP: Come in qualche altro paese europeo (ad es. con Melenchon), sulla scena politica britannica sembra che una figura potenzialmente progressista si stia mettendo in luce. Potreste dire qualche parola sul ruolo di Corbyn, sulle sue potenzialità e sulle sue ambiguità?

PBL: Corbyn costituisce un esempio atipico di leader laburista. La sua elezione a guida del partito è stata una sorpresa per molti deputati e membri laburisti. Vi sono stati tentativi da parte del sistema politico e dei media di screditarlo. Anni di thatcherismo e di blairismo hanno cambiato la mentalità delle persone. Tuttavia il partito ha visto una massiccia crescita dei suoi iscritti fino a divenire in tali termini il più grande in Europa Occidentale. Allo stesso tempo il Partito Conservatore è risultato molto debole alle ultime elezioni e probabilmente uscirà sconfitto dalle prossime.

Se Corbyn fosse stato eletto, egli stesso aveva giustamente previsto che ci sarebbero stati ingenti movimenti di capitali in uscita dalla Gran Bretagna oltre a un possibile tentativo di colpo di stato. Lui e MacDonnell hanno le idee più chiare sulla Brexit di molti suoi colleghi di partito. Per quanto riguarda tale aspetto non ci si può fidare del Partito Laburista.

FP: Il vostro paese è una delle mete più importanti per i giovani lavoratori italiani migranti. I media italiani stanno strillando che dopo la Brexit tutti saranno in pericolo di essere espulsi. Potreste commentare su questo?

PBL: Attualmente sembra che il governo sia favorevole al fatto che i lavoratori stranieri presenti sul territorio rimangano. Da parte nostra, vorremmo che ciascuno di loro diventasse una presenza stabile all’interno del movimento sindacale. Le posizioni del governo tuttavia non affrontano il nodo centrale della faccenda, cioè che i lavoratori britannici, italiani e di altri paesi dovrebbero poter lavorare in sicurezza e ben pagati nei loro rispettivi paesi, contribuendo in pino al progresso delle proprie comunità.

FP: Sappiamo che la maggioranza degli irlandesi in Gran Bretagna ha votato per rimanere. Il vostro partito come considera il tema irlandese in tempi di Brexit?

PBL: Il popolo irlandese presenta uno status inusuale. La loro storica relazione con il nostro paese riguarda soprattutto la libertà di movimento. L’Irlanda del Nord costituisce un caso a sé poiché una parte di essa ha relazioni molto intense con la Bretagna, mentre l’altra ambisce a riunificarsi con la Repubblica d’Irlanda. Il nostro paese non desidera una frontiera rigida, né lo vuole l’Irlanda, per l’intensità degli scambi commerciali tra i due. Nonostante ciò vi sono settori sia in una che nell’altra nazione che intendono sabotare la Brexit, anche se essa porterebbe vantaggi ad entrambe.

09/12/2017 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: https://www.facebook.com/TUAEU/ - Manifestazione di TUAEU (Sindacalisti Contro l’Unione Europea)

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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