Cosa si nasconde dietro alla Riforma del catasto?

Sullo sfondo della revisione del sistema catastale le problematiche dell’abitare e le questioni irrisolte legate alla tassazione.


Cosa si nasconde dietro alla Riforma del catasto?

Del Catasto fino a oggi sapevamo poco o nulla, ma la questione non potrà lasciarci indifferenti e non solo perché su questa partita si giocano equilibri interni alla maggioranza governativa, ma anche perché senza un’idea della città e del territorio non esiste alcuna visione critica della società e del modello di sviluppo.

Per “Il Sole 24 Ore” ogni eventuale ritocco delle regole esistenti sarebbe un errore, anzi “un peccato”. A detta del giornale padronale, si andrebbe a colpire almeno il 25% dei proprietari di casa ai quali viene riconosciuto un valore immobiliare di gran lunga inferiore ai prezzi di mercato.

L’obiettivo del governo, all’interno della legge delega sul fisco, è il riconoscimento di case e terreni non accatastati per rimpinguare le casse statali. Detto in questi termini si tratterebbe di una battaglia legittima atta a combattere una vergognosa forma di evasione. Riequilibrio fiscale per Draghi, odiosa patrimoniale sulla casa per Salvini, sullo sfondo di concezioni assai diverse, e tra loro contraddittorie dello Stato e del sistema di tassazione.

La campagna elettorale inizia ben prima delle elezioni e sul fisco si scontrano queste idee divergenti.

Esiste un’autentica sperequazione tra casa e casa. La media nazionale assegna un valore catastale pari al 34,5% di quello reale. Ora si tratta di comprendere in quale direzione andrà un’eventuale riforma del catasto, ricordando che una minima parte, veramente esigua, di immobili presenta valori reali inferiori o pari a quello catastale, mentre ci sono anche innumerevoli casi di case che per il loro valore effettivo versano al fisco somme irrisorie. Non abbiamo tempo e competenze per addentrarci nella gerarchia catastale ma sufficiente coraggio a sostenere che i conflitti intestini alla maggioranza celano interessi economici ben determinati.

L’ufficio parlamentare di bilancio, pochi mesi fa in parlamento, parlava di “incapacità dell’attuale sistema catastale di restituire un’adeguata valorizzazione degli immobili che si riflette nell’iniquità della distribuzione del prelievo”. Ma al contempo esistono differenze tra territori, tra province e regioni per cui un immobile in Lombardia ha un valore decisamente maggiore di uno nelle regioni meridionali. Altre differenze riguardano la collocazione della casa, se nel centro storico o in periferia ecc. Fatto sta che l’ufficio parlamentare di bilancio si è espresso a favore di una revisione perché la sperequazione esistente favorirebbe i segmenti più ricchi della popolazione, quelli che hanno immobili di pregio o in quantità maggiori. Una riforma del catasto dovrebbe non salvaguardare la rendita ma piuttosto valorizzare anche la riqualificazione degli immobili e, a nostro avviso, incentivarne la locazione. Siamo il paese con più proprietari di casa, molte delle quali sono sfitte nonostante l’emergenza abitativa che a sua volta sarà acuita dal ritorno degli sfratti esecutivi.

Non siamo rassicurati dalle promesse di Draghi che davanti al rincaro delle tariffe promette agli italiani di non aumentare le tasse senza intervenire tuttavia sul potere di acquisto dei salari e delle pensioni.

La querelle sul catasto è figlia di un nodo di fondo sulla riforma del fisco, con partiti che hanno idee a tal riguardo assai diverse, come dimostra la smoderata fiducia di Salvini verso la flat tax. La legge delega prevede anni di lavoro per individuare nuovi indicatori finalizzati a riportare i valori immobiliari alle cifre di mercato e successivamente rivedere la base imponibile dei tributi.

Molti anni fa la tematica dell’abitare era anche legata a una visione urbanistica complessiva che oggi invece fatica, e non poco, ad accreditarsi, conseguenza questa della cultura neoliberista poco incline all’idea di pianificazione, inclusa quella territoriale e assai aperta invece agli interessi della rendita fondiaria, ormai profondamente intrecciati con quelli capitalistici. Ma quello che manca nel paese non è solo una idea di città e di territorio, latita una autentica discussione sul fisco, sulla tassazione, su come e a chi redistribuire le tasse, su quale welfare sia da costruire per i prossimi anni.

Il governo vuole portare a casa il risultato senza entrare nel merito dell’emergenza abitativa e, con il solito sistema delle deroghe e delle leggi parziali, si muove in base alle raccomandazioni dell’Unione Europea. Non a caso il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede anche una delega per alleggerire il peso del fisco sul lavoro e sulle imprese, spostando le tassazioni sugli immobili.

Per anni è stato sostenuto che l’eccessivo peso delle tasse sul lavoro determinava la perdita di competitività delle imprese, ma il Fmi nel suo studio sull’Italia ha dimostrato l’esatto contrario, ossia che la precarietà e i mancati investimenti in formazione sono la causa dei ritardi.

Ora si tratta di capire se saranno colpiti i proprietari della casa ove vivono oppure se la riforma guarderà ai grandi proprietari immobiliari, se prevarrà l’idea di tassare gli immobili per salvaguardare le imprese dimenticando che queste ultime rientrano nel novero dei grandi proprietari del mattone. Discuterne anche nella società reale non sarebbe poi così sbagliato. O no?

 

11/03/2022 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Federico Giusti

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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