Era bello vivere in stazione

Sta giungendo quasi alla fine l’appassionante viaggio attraverso le strade ferrate abbandonate e vecchie stazioni cadute in disuso per incuria, a volte, per precisa scelta politica nella stragrande maggioranza dei casi. Voci dalla Pedemontana Friulana.


Era bello vivere in stazione Credits: Giuliano Guida

Sta giungendo quasi alla fine l’appassionante viaggio attraverso le strade ferrate abbandonate e vecchie stazioni cadute in disuso per incuria, a volte, per precisa scelta politica nella stragrande maggioranza dei casi. Voci dalla Pedemontana Friulana.

di Claudio C.

CON L'ECO DEI TRENI

A piedi sulla strada ferrata

Il sindaco di Vito d’Asio ci raggiunge per colazione e, prima di raccontarci qualcosa, ci consegna un cd con alcune fotografie storiche. Il suo è un piccolo comune di 800 abitanti, composto di 5 frazioni ma con una superficie di ben 53 kmq. Si lamenta dei numerosi tagli imposti agli enti locali come quelli alla sanità e ai trasporti. “Ci sono bimbi che devono fare 20 km per andare a scuola o pensionati che ne fanno 15 per ritirare la pensione”. Poi cominciamo a parlare della ferrovia. “Fu il conte Ceconi, partito da qui analfabeta all’età di 18 anni e tornato ricco impresario, distintosi in diverse costruzioni ferroviarie, a far in modo che il tracciato della Pedemontana passasse proprio per questi territori”. La linea non attraversa il territorio comunale ma la fermata nella zona di Flagogna porta il doppio nome di Forgaria-Bagni Anduins, quest’ultima frazione di Vito d’Asio e luogo termale conosciuto fin dal XV secolo. Dai primi del ‘900, realizzato un vero e proprio stabilimento balneare, un gran numero di persone raggiungeva la zona proprio in treno: era un lungo torpedone di turisti verso queste fonti solforose per le cure termali. “Bisogna prevedere lo sviluppo delle aree ferroviarie come le ex stazioni, ragionare su questo insieme a tutti i paesi attraversati; ad esempio, si potrebbero creare dei punti di accoglienza o tanto altro. Credo che vada investito molto sul trasporto delle merci anche se la volontà delle FS va in senso inverso e le strade sono piene di TIR. Non possiamo puntare solo sul turismo e diventa quindi fondamentale garantire collegamenti tra la ferrovia ed i centri abitati proprio per permettere ed incentivare l’uso del treno”. Si ragiona che oltre i costi economici ci sono pure quelli sociali e, quando si parla di sanità o trasporti, i primi diventano secondari rispetto agli altri. “Era evidente che la linea fosse già depressa ed in sofferenza prima della frana che ne ha sancito la sospensione ma, come i treni circolavano vuoti, così oggi lo sono le corriere, fondamentalmente perché gli orari sono sbagliati”. Un ricordo del passato ci riporta a quando gli uomini che emigravano alla ricerca di un lavoro venivano accompagnati dalle mogli alla stazione mentre queste facevano la maglia o, ancora, quando qualcuno prima di espatriare si fermava a pregare vicino al ponte sull’Arzino.

Ringraziamo e salutiamo il sindaco che ci presenta Francesco, figlio dell’ultimo capostazione di Forgaria-Bagni Anduins. Il fabbricato, composto dall’ufficio movimento e biglietteria, sala d’attesa e due appartamenti in cui vivevano 10 persone, venne seriamente danneggiato dal terremoto del ’76 ed abbattuto subito dopo. Vi erano due binari più un tronchino per i materiali, 14 corse al giorno più i merci e molte tradotte militari almeno fino alla fine degli anni ’50, essendoci nella valle diverse caserme. “Mio padre si doveva occupare anche di fare i biglietti e questa era l’unica abilitata alla vendita di quelli internazionali, perché da qui partivano migliaia di persone alla ricerca di un futuro migliore”. Una terra di emigranti, aspetto da non trascurare pensando all’attualità, e proprio per permetterne il ritorno a casa spesso venivano fatte delle corse supplementari. Si divertiva da bambino ad aiutare il papà, chiudendo ed aprendo i segnali, o facendo piccola manutenzione come oliare ed ingrassare gli ingranaggi. “Era bello vivere in stazione. Mi ricordo da bambino di un militare di Porto Torres, tale Pistidda Antonio”- un brivido di emozione lo attraversa - “eravamo diventati amici, non lo scorderò mai. Questi militari spesso ci regalavano caramelle e cioccolata e io facevo i salti dalla gioia; poi ci mostravano le armi che per noi bimbi erano qualcosa di meravigliosamente affascinante, sai tutti da piccoli abbiamo giocato a fare la guerra”. E’ scettico sul fatto che la linea possa tornare a vivere anche se gli piacerebbe molto; purtroppo oggi tutti usano l’automobile. Torniamo ai ricordi personali: “Essendoci molti emigranti anche la posta arrivava via treno e l’addetto allo smistamento aveva uno specifico triciclo con un cassone per consegnarla. Così io usavo quel triciclo per portare i bagagli di chi ritornava da fuori e loro in cambio mi facevano dei regalini”. Francesco è visibilmente commosso, siamo contenti di averlo conosciuto e prima di abbandonarci ci racconta ancora un paio di aneddoti, quello che questa ferrovia ha rappresentato per tanti uomini e donne che come lui l’hanno vissuta intensamente. “I miei nonni vivevano a Maiano ed io ci andavo spesso in bicicletta lungo lo stradello che costeggia i binari”; e poi, ancora: “Ai tempi della scuola ho studiato a Gemona ed ovviamente la raggiungevo, insieme a tantissimi altri ragazzi, in treno, capitava alcune volte che non riuscivo a prenderlo e così ci voleva molto più tempo perché dovevo usare la corriera”.

Il sole è già alto da tempo e dobbiamo metterci in marcia, anche se la tappa odierna risulta abbastanza breve e poi, ad Osoppo, dovremo prendere una decisione importante. Prima di avviarci, però, salutiamo Toni, il proprietario del nostro alloggio, uomo di grande esperienza e profonda conoscenza che ci riempie di perle di saggezza. “Come si dice da queste parti, io ho fatto la prima comunione tanti anni fa, in queste terre vi era abbondanza di miseria e così me ne sono andato, ho visitato il mondo, fatto mille esperienze e sono soddisfatto della mia vita perché so riconoscere il male ed il bene”. Fra le molte attività che ha svolto vi è quella di edile, così ci mostra una magnifica cantina, costruita tutta a mano da lui stesso, che conserva una ricca ed antica collezione di vini. “Sentite come è fresco? Qua è tutto naturale non servono condizionatori. Ora andate e ricordate, fate oggi e non rinviate a domani”.

Nel frattempo un quarto camminatore si è unito al gruppo ma ci mettiamo in viaggio ed approfondiremo la conoscenza più tardi. In un attimo ci troviamo così sul Tagliamento; dopo averlo costeggiato per chilometri finalmente la ferrovia lo attraversa in un punto particolare. Un primo ponte in travate di ferro, che mostra evidentemente i segni del tempo, collega la sponda occidentale con la grande isola che si trova al centro del corso d’acqua. Per anni l’unico collegamento esistente in questo luogo era esclusivamente la via ferrata, ora a fianco sorge anche una strada. Il panorama magnifico attira tutta la nostra curiosità, le azzurre acque ci invitano ad una nuotata, la vegetazione rigogliosa ad una sosta e le Alpi sembrano a portata di mano. Attraversiamo il secondo ponte, sempre in travate, che è stato però sostituito recentemente, e giungiamo sulla sponda orientale. Questi sono i luoghi della prima guerra mondiale ed il Tagliamento rappresentava uno dei punti di sbarramento: la ritirata dell’esercito italiano doveva essere coperta con la distruzione dei due ponti ferroviari che però avvenne soltanto in parte per difettosa sistemazione delle mine e per scarsità d'esplosivo, e così gli austriaci poterono penetrare nelle linee italiane.

Davide è di Osoppo ed ha 27 anni, anche lui si è mostrato da subito interessato al nostro piccolo pellegrinare e, da grande amante ed appassionato di treni e ferrovia, ha deciso di unirsi a questa camminata. Solare, simpatico e molto allegro, tra una traversa e l’altra ci racconta un po’ di lui. “Ho studiato a Gemona ma non ci sono mai potuto andare in treno in quanto già dalla fine degli anni novanta non vi erano corse infrasettimanali per la parte orientale della pedemontana. Eravamo così costretti a prendere i bus che erano sempre affollati e spesso capitava di non riuscire a salire e dover prendere il successivo”. Le scuole superiori sorgono a circa un chilometro dalla stazione eppure non esistono collegamenti ferroviari che possano portare i numerosi studenti della zona. E’ convinto che il problema non sia quello economico ma la mancanza di fantasia e di idee di chi gestisce; secondo lui bisogna puntare sul turismo e sullo sviluppo del territorio cercando di attirare viaggiatori e ci fa l’esempio del Mi.co.tra che, offrendo il servizio treno+bici con un’intera carrozza dedicata a questo, ha visto affluire grossi flussi turistici dall’Austria e dintorni sulla direttrice Tarvisio-Udine. “Una buona parte di questo flusso potrebbe essere incanalato sulla Gemona-Sacile che offre paesaggi altrettanto affascinanti e piste ciclabili, se solo vi fosse un treno che riportasse indietro i ciclisti. Sapete, invece, questa linea, quando ancora funzionava, in estate veniva chiusa e così anche l’opportunità turistica o di svago svaniva”.

Della ex fermata di Cimano ormai non resta più nulla ed infatti non ci accorgiamo neanche di superarla, lo capiamo solamente quando arriviamo a Maiano, la penultima stazione del viaggio. Il fabbricato viaggiatori è sigillato ed in pessimo stato, con le pareti che perdono pezzi di intonaco. In compenso i tre binari sembrano efficienti ed in parte utilizzati, non presentando lo strato di ruggine depositato sulle rotaie che ci accompagna dall’inizio del viaggio. Il piazzale dello scalo merci è ingombro di materiale ferroviario, traverse rotaie e addirittura le travate di un ponte, non sappiamo se rimaste qui in giacenza per lavori previsti e non più effettuati o semplicemente accantonati come se fosse un magazzino. Tutto lascia pensare, comunque, che ogni tanto qualche convoglio della manutenzione giunga fino a qui.

A Rivoli sorge il consorzio CIPAF, un grosso polo industriale composta da diverse fabbriche ed aziende che da’ lavoro ad oltre duemila operai. Le merci vengono trasportate via ferrovia; vi è infatti un raccordo fra la zona industriale e la stazione. Questo è l’unico tratto ancora in funzione di tutta la Pedemontana del Friuli. L’area industriale sorge proprio nelle immediate vicinanze della strada ferrata ma non esiste nè una fermata nè tanto meno un treno che possa portare i lavoratori nell’impianto.

Il segnale di protezione della stazione di Osoppo è acceso e con luce rossa, un chiaro messaggio anche per noi: la via è impedita, anche perché da questo punto la circolazione, pur se solo per i merci, è ancora attiva. Percorriamo gli ultimi metri con in testa alcune idee e qualche speranza mentre la discussione fra noi è accesa, ormai è il momento di capire come coprire gli ultimi quattro chilometri che ci separano dalla nostra destinazione finale.

23/08/2015 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: Giuliano Guida

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L'Autore

Claudio C.

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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